Autore originale del testo: Goffredo Fofi
Fonte: Internarnazionale
Fonte: Internarnazionale
Cesare Pavese si uccise in un albergo di Torino, a due passi dalla stazione di Porta Nuova, il 27 agosto 1950. Sono passati settant’anni, fra tre mesi scadranno i diritti sulla sua opera e la casa editrice di cui fu uno dei creatori, l’Einaudi, ha pensato bene di riproporre in più volumi l’integrale o quasi. Facendola introdurre a scrittori e scrittrici di oggi, che a dire il vero non reggono il confronto con lui e con la straordinaria generazione di cui fu uno dei nomi di punta e – proprio dalla redazione dell’Einaudi, insieme a Vittorini e al più giovane Calvino – uno dei primi sponsor. Era prevedibile che molti editori si sarebbero preparati all’evento, ma l’Einaudi aveva la possibilità e ha avuto l’astuzia di arrivare per prima.
Il suicidio di Pavese ebbe un’eco oggi impensabile, quasi paragonabile alla tragedia torinese di Superga, l’aereo che il 4 maggio 1949 si schiantò con a bordo l’intera squadra del Grande Torino. Colpì anche i non lettori, nonostante fossimo ancora un paese di analfabeti. E fece di Pavese un mito tra tanti giovani degli anni cinquanta e sessanta per l’inquietudine e la ricerca dai tratti anche adolescenziali, essenziali, che lo scrittore aveva espresso nella sua vicenda umana e culturale.