Cesare Pavese è stato l’uomo più friendzonato del novecento

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Benedetta Piola Caselli

di Benedetta Piola Caselli – 20 aprile 2019

A pensarci bene, Cesare Pavese e’ stato l’uomo piu’ friendzonato del novecento.

Voglio dire: non era proprio tipo Leopardi, che se vedeva una caruccia partiva de capoccia, ma comunque non concludeva niente.
E ovunque trovava un guaio.

Prima la ballerina che perduto nella pioggia/aspettava da sei ore, che quasi lo mando’ all’altro mondo con una pleurite.

Poi la compagna Tina, che gli costo’ tre anni di confino, a lui ancora iscritto al fascio, perche’ gli aveva chiesto: “Ah Ce’, non e’ che la posta clandestina la posso fare recapitare a casa tua, che a casa mia papa’ non vuole?”
E lui, di fronte agli occhi belli, si vide arrivare in rapida successione: una lettera di Altiero Spinelli, una perquisizione, la galera, e un mare di pizzichi a Brancaleone calabro.

La Fernanda Pivano lo tiro’ scemo per dieci anni: lei gli regalava i portachiavi con scritto SBFE (super best friend for ever) e lui si annotava sui libri le date in cui l’aveva chiesta in moglie.

Poi fu la volta dell’aspirante scrittrice Bianca Garufi, con cui Cesare provo’ la piu’ antica delle strategie intellettual-marpioniche: scriviamo un libro a quattro mani?
Venne fuori, il libro, (una porcheria, secondo il suo giudizio),
ma nulla di concreto ne segui’.

Ci fu, ovviamente, la starlette americana – che neanche capi’ d’essere amata – how nice, how dear!; e mentre lui le dedicava capolavori, lei flirtava con il bellone holliwoodiano.

La maturita’ porto’ coscienza politica e successo letterario;
ma il genio non si arrese al fato semplice: ormai quarantaduenne e in piena depressione, scriveva ad una diciottenne lettere contorte in cui la chiamava amore per dirle che non poteva amarla (tanto bene pero’) e che, siccome non era stato amato in passato, l’amore di lei (ammesso che ce lo avesse), non bastava a farlo desistere dal suo triste proponimento.

Che si compi’ all’Hotel Roma, a due passi da casa mia.
La stanza e’ ancora cosi’ com’era, a Torino ci piace conservare le tradizioni.
“Perdono tutti e chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi.”
L’ultimo messaggio almeno fu molto lineare.

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