Fonte: facebook
SULLE ELEZIONI LOCALI, SU SEL E SU DI NOI
Ho pensato molto a questa storia delle elezioni locali e delle possibili alleanze. Una storia su cui si sta spaccando quell’embrione di sinistra unitaria in cui tanto avevamo sperato.
Ci ho pensato molto perché il destino delle città mi è stato sempre molto a cuore. Perché ho sempre salutato con entusiasmo ogni, anche timida, “primavera dei sindaci”, da quelle lontane degli anni 90 a quella, bellissima, del 2011, quando abbiamo creduto che dal ventennio berlusconiano si stesse uscendo a sinistra.
Dire basta a queste speranze e a questi progetti, non mi è facile. E capisco come possa essere tanto più difficile per chi in essi si è impegnato in prima persona. Non credo che si tratti di essere “attaccati alla poltrona”; credo che sia, piuttosto, l’ostinata volontà di portare avanti un lavoro, di voler vedere i frutti di un cambiamento.
Ma con le speranze deluse e i progetti finiti bisogna, purtroppo, fare i conti. E mi sono convinta che, no, con il PD non sono possibili alleanze locali, che quello schieramento “progressista” (già la parola non mi piace) di cui parla Vendola nella sua intervista di qualche giorno fa al Manifesto, con il PD non possa proprio essere costruito.
Ci sono eccezioni? Può darsi. Forse a Cagliari, dove si tratta di riconfermare un sindaco non del PD.
Certamente non a Roma, qualsiasi sia il candidato che il PD deciderà di mettere in campo, fosse anche quel Fabrizio Barca che sembra aver deciso di legare i propri destini politici a quelli del PD e del suo “commissario “ Orfini. La storia di Roma è amarissima. La città ha pagato e pagherà il prezzo della crisi profonda della sinistra: non siamo stati capaci nel 2013 di presentare una candidatura veramente autonoma e forte e la sinistra ha finito per legare oggettivamente i propri destini a quelli di un sindaco debole e palesemente non all’altezza del compito. Ne paghiamo e ne pagheremo un prezzo pesante ma purtroppo non ci sono scorciatoie possibili.
E certamente nemmeno a Milano, per quanto possa essere doloroso interrompere un’esperienza in cui in tanti avevamo sperato. Non si tratta di mettere i voti a Pisapia: non conosco abbastanza la situazione milanese per valutarne l’opera, ma il progetto a cui ora una parte della sinistra milanese, con l’aperto sostegno di Pisapia, sembra puntare è politicamente insostenibile: provare a costruire un’alleanza con “la parte buona del PD” (la candidatura Majorino) e farne il modello per un accordo a livello nazionale che “condizioni” Renzi. Un progetto politicamente debolissimo: credere ancora che si possa “condizionare” Renzi significa a mio parere non aver capito niente della natura del renzismo. E anche un progetto rischioso: che ne sarà di SEL e della sinistra milanese se Majorino, come è certamente possibile, non vincerà le primarie?
Una scelta di rottura porterà alla vittoria in alcune città della destra o – più probabile – del M5S? Ammesso che così fosse, perché è tutt’altro che certo che un’alleanza di SEL con il PD sposti un numero di voti significativo, anche con questo risultato possibile dobbiamo fare i conti. Personalmente considero ormai insopportabile essere gravata di responsabilità non mie. Se dovesse vincere la destra o Grillo, la responsabilità sarà tutta e sola del PD, che ha allontanato i suoi elettori, gettandoli nelle braccia del M5S o nel mare dell’astensionismo.
Io, per quel che vale la semplice dichiarazione di una elettrice, dichiaro sin da ora che non voterò nessun candidato sindaco del Partito democratico. Se, al primo turno, potrò esprimere il mio voto per qualcuno che non faccia solo una sterile testimonianza ma una seria opposizione, dipenderà molto da quel che la sinistra saprà fare in questi mesi. Se così non sarà diventerò anch’io parte del partito dell’astensione.
3 commenti
A sinistra ci siamo sempre spaccati sul problema delle alleanze. La cosa strana è che si tratta di un problema ovvio e prevedibile in qualunque forza politica. Secondo me non è un problema su cui spaccarsi: nessuno è in grado di decidere un’unica linea valida da Milano a Roccaverde di sotto. Come pure non credo che si tratti di problemi più o meno metafisici come “la natura del PD”. Se il PD si è spostato a destra, il motivo principale non sta nel tradimento dei suoi dirigenti (per quanto possiamo odiare Renzi) ma in una maggiore capacità di egemonia culturale e credibilità politica del pensiero della destra (o centro o sinistra moderata come vi pare. La reazione non può essere separarsi da uno spostamento che è di massa e non solo di vertice, ma ricostruire con pazienza e modestia, senza ricercare la purezza e l’esclusione, ma la diversità e l’inclusione.
Cara Celeste, hai perfettamente ragione: col Pd non è più possibile farci alleanze. Quindi serve un serio impegno per costruire una situazione autonoma dal Pd, dato che il Pd è di Renzi sia a Roma che nelle periferie. E qualcuno che stintigna dovrà capire che quel tempo è finito. Avanti con le coalizioni civiche o con coalizioni che tengano fuori questo indegno Pd, da Milano a Torino, a Bologna e Roma passando per Napoli e Cagliari.
Il Pd è un mostro politico, Renzi ha l’appoggio di tutti i poteri e può vincere ma alla fine con Renzi o con la destra è probabile che si vada verso un potere autoritario con il popolo ridotto a plebe, la sinistra è incapace di uscire dal minoritarismo e dal settarismo e di certo non può essere competitiva con le sigle attuali. Sel poi è diventata la ruota di scorta del PD all’occorrenza.