di Andrea Colli, 07 gennaio 2015
Si sa come va con le mode: vanno, tornano, passano e poi ripassano. Ecco che sta ripassando la parola “estremo”. Serve a definire una sinistra europea che non si sa bene come chiamare. O meglio si sa: la si dovrebbe chiamare sinistra e basta, ma essendo il nome già occupato bisogna adeguarsi, scrive Alessandro Robecchi. Restando al linguaggio dell’informazione la sinistra “estrema” è quella greca, che fa tremare i mercati, spaventa l’Europa, brucia miliardi (sic) nelle Borse, indebolisce l’euro eccetera eccetera. Insomma è cattiva. Anche in Spagna si muove qualcosa, con un movimento che sta in testa nei sondaggi e che ha un programma di politica economica di “estrema” (e dàgli!) sinistra. Ora, con due paesi europei in cui la faccenda non è più così trascurabile e minoritaria, bisognerà forse riconsiderare l’uso della parola “estrema”.
I programmi economici di Syriza e di Podemos non contengono nemmeno un punto che già non si sia visto, o teorizzato, o sostenuto in decine di programmi della sinistra storica. Più stato, meno mercato senza vincoli, rinegoziazione del debito, maggiori controlli su finanza, riduzione della forbice tra classi sociali, pressione fiscale molto progressiva con più tasse sui redditi alti e i grandi patrimoni eccetera eccetera, fino alla pensione a sessant’anni. Cosa ci sia di così estremo non si capisce. Come dicevamo, essendo in Italia la parola “sinistra” già occupata (da Renzi), a quella greca e spagnola bisogna aggiungerci capziosamente l’aggettivo “estremo”. È che la parola “estrema” riferita alla sinistra, qui da noi, indica cose che voi umani non avete mai visto. Piccole vanità, rivalità ridicole, leaderismi, suonatori di bonghi, frequentatori di salotti televisivi e non, velleità bizzarre, improvvise conversioni, pacificazioni, nuove risse e contraddizioni. E questo in un posto dove la sinistra non estrema, invece, quella burbanzosa e sorridente, si affanna malamente e con una certa macchinosità pasticciona intorno a decreti che fanno sconti a chi froda il fisco. Insomma, a non farne soltanto una questione di parole, resta il fatto che ci sono oggi due sinistre assai differenti: una che propone un’accelerazione verso politiche sociali di redistribuzione e l’altra che gestisce in qualche modo la status quo europeo dell’austerità, pur fingendo di borbottare e di dolersi delle stesse politiche che sostiene. Quanto hai ragione @AlRobecchi e quanto ti capisce Pippo Civati!!