CATARSI E POESIA: LETTURA PERSONALE DI ALFONSINA STORNI

per Filoteo Nicolini
Autore originale del testo: FILOTEO NICOLINI

               CATARSI E POESIA: LETTURA PERSONALE DI ALFONSINA STORNI

Parlavo della disinvoltura morale con cui l’intelletto sorvola su quegli aspetti troppo vistosi ed eccessivamente palpabili che altrimenti metterebbero in discussione l’assetto sociale dalle fondamenta. L’organizzazione della nostra società “culturalmente” mette ai margini le donne ed accetta questo status quo. Nella lenta attesa di cambiamenti culturali, non è giusto parlarne di forma distaccata e neutrale.

Vorrei invece parlare di me. Nel passato sono stato destinatario singolare di composizioni poetiche. L’essere che componeva quelle poesie ha lasciato da tempo questo piano terrestre dopo essere stata mia compagna. In questi anni che mi separano da allora ho scoperto strati e strati di quell’egoismo sottile e pervasivo che fondava la mia esistenza, le sue facce e risvolti. E’ tempo di restituire in qualche forma quello che ho ricevuto.

Quelle poesie rilette e meditate col passare degli anni sono state la mia spina nel fianco, il pungolo del cuore, lo scandaglio dell’anima. C’è stato bisogno di una nuova disposizione dell’anima per accogliere il sentire poetico femminile in ciò che ha di profondo, misterioso, dolente. Per momenti ho provato come se fosse un’alta marea che ti solleva e ti porta con sé, per poi depositarti di nuovo sulla riva. La parola poetica diviene allora viva e presente, invoca attenzione. La rilettura di quelle poesie è un esercizio divenuto abituale, e si è arricchita di composizioni di altre autrici in una sinergia illuminante.

  Il mondo che la poesia indaga è attinente ai nostri stati d’animo, conforme alla nostra esistenza e all’enigma della vita, ma solo più illuminato e in risalto. Affronta temi difficili con l’innocenza della sincerità. La poesia è come un dito che ti tocca l’anima se sei disposto a spogliarti di quelle corazze che avevi indossato nel tempo. La poesia di cui voglio parlare ha la voce femminile di Alfonsina Storni*, non ha pudori né censure, può risvegliarci dal sonno profondo, denuda la realtà togliendo i veli che ne impediscono la visione.

  Storni si espone alla derisione perchè riafferma la sua individualità allontanandosi dalla norma che la vorrebbe docile nel gregge. Sfida a seguirla e promette battaglia. È vista come pecora smarrita ma difende la sua scelta perchè fatta senza calcoli e con distacco dalle trappole della esistenza materiale.

  Storni ci parla delle lacrime sparse per l’egoismo di chi non corrisponde le sue parole e il suo amore, ma ci consola dicendo che esse diverranno perle di una collana nuova e allora il sole spazzerà via l’ombra. Ci ricorda l’impermanenza delle cose della vita e la continua metamorfosi tra vita e morte; promette comportarsi come farfalla e come leonessa, essere rosa e spina, nettare e fiele. In questa polarità traccia il suo cammino femminile. Ammette la necessità di lottare, ma solo come un supremo atto d’amore per l’altro che vuole ridurla allo schema abituale.

L’essere femminile nutre desiderio proprio e singolare, aspetta l’amante e ne è amareggiata quando egli si ritrae impreparato. Eppure è combattuta tra il desiderio e la delusione, e discorre della agitazione interna che la sconvolge fino al momento della momentanea pacificazione.

E allora parole già usate ritornano alle labbra e diffondono nuova luce nell’anima.

Allude al ridimensionamento dell’ego maschile come condizione necessaria per riaprire dialogo e scambio, e riconosce che è un cammino impervio e doloroso di edificazione. E qui si intravede una difficoltà: non ci si può avvicinare all’animo femminile con bilance e strumenti di misura, ovvero schemi e preconcetti già pronti, occorre invece possedere ricca vita interiore fatta di assimilazioni e sforzi dell’anima. E aggiunge l’appello straziante alla comprensione del malessere femminile.

Hombre, yo quiero que mi mal comprendas,

  hombre, yo quiero que me des dulzura,

  hombre, yo marcho por tus mismas sendas;

 hijo de madre: entiende mi locura…”**

L’essere maschile vive la sofferenza intima nel sub cosciente di chi non sa come abbandonarsi, dato che il vero convivio richiede della corrispondenza reciproca. La voce femminile darà comunque inizio al rito quando si affida al desiderio, senza arrossire né sentirsi in colpa, cosciente della sua fragilità. E poi di fronte alla gabbia che rapidamente si erge intorno a lei ritrova la forza per liberarsi.

  La poesia di Storni mi colpisce particolarmente per la lucidità e la disinvoltura nel trattare temi così trasgressivi. Stabilisce un dialogo incalzante tu a tu con chi legge, quando esplica i temi che formano parte del suo universo: il mare, il sentimento di separazione e l’anelito di riunione, la creazione poetica che dà voce al malessere. Commuove e spiega, ironizza e accarezza, si solleva in atmosfere sottili e ripiomba nel dolore, che poco a poco diviene esperienza anche di chi legge per una osmosi dell’anima.

  Di fronte al mare Storni avverte la sua fragilità e ne invoca la forza per sopportare la volgarità dell’offesa. E con dolce sguardo si dichiara sorella di chi la insulta, ne stringe la mano in un reciproco atto di perdono. Altrove, in una visione di straordinaria bellezza, la miracolosa danza delle acque invaderà le tombe del Cimitero adiacente all’Oceano e darà libertà ai defunti stanchi della immobile attesa. Col mare intesse dialoghi e confida pene e desideri.

  La riunione avviene singolarmente e nei modi più sottili, quando la mano si stacca dal corpo e vola nella notte fino a divenire una farfalla che svolazza vicina all’essere amato. Oppure, ne conserva lo splendore dello sguardo fino a farlo divenire sostanza eterea, e allora la notte si accarezza gli occhi che ebbero tale privilegio. In un’altra poesia, nasce dalle dita una carezza che è trasportata dal vento e vaga senza destino; chi la riconoscerà nel gemere di un ramo, nella sensazione di essere sfiorato da una mano o di un bacio furtivo sugli occhi? E che dire del desiderio dei baci teneri sulle mani e le tenere carezze sugli occhi dell’essere amato, anche se immaginario? Lo sguardo e il desiderio erotico diviene femminile. Ama l’anima dell’essere amato, la vede brillare nell’oscurità, si sente avvolta, saturata, stregata. Fa come l’insetto, prende il colore di colui che ama e vive sulla sua pelle, invisibile, immobile, timorosa di essere riconosciuta. Allora scrive per sentire che esiste.

Di malessere profondo è comunque è intessuta la sua opera:”Yo soy la mujer triste a quien Caronte ya mostrò su remo”. Denunzia la doppia morale che la società patriarcale le impone, si lamenta per la perdita dell’amore, rabbrividisce alla vista della città disumana e minacciosa nella solitudine spirituale. Ama passeggiare sulla riva del mare e immagina lasciarsi portare via, senza sospirare né svegliarsi, senza più desideri, per smarrire lo sguardo nell’oblio perenne del mare.

                                                                               * * * * * * * *

  La poesia mi ha dato sempre timore nel passato, era la carne viva dei sentimenti e collocava allo scoperto aspetti intimi che volevo mantenere segreti. Questo che faccio ora è esercizio di catarsi, necessaria catarsi. Ho meditato a lungo su questo intreccio di destini. E’ una bella catena quella che si è data tra di noi, una cordata. Mi resta la tristezza di non essere riuscito a dirlo allora, ma non ero capace ancora di farlo. Ora sì. Ora mi ritrovo con una sorpresa, maturati i tempi: un pensare che sente e un sentire che pensa. La poesia e la letteratura femminile, penso ora a Ortese e a Clarice Lispector, mi ha rafforzato il senso della compassione e dell’accoglienza. Pensare e sentire sono in apparenza cammini paralleli ma tocca a ciascuno e ciascuna unirli. È come uno specchio dove si riflette la vita reale, e recupera saggiamente quegli attimi della vita dell’anima che smarriamo per abitudini e pregiudizi.

FILOTEO NICOLINI

* Alfonsina Storni, (1892-1938) è stata una poetessa, drammaturga e giornalista argentina nata in Svizzera. Morta suicida in mare a Mar de Plata. Cfr. Poesìa, Valparaìso Ediciones, 2019.

** “ Uomo, io voglio che comprenda il mio male,

        Uomo, io voglio che mi dia dolcezza,

        Uomo, io cammino per i tuoi stessi sentieri;

       Figlio di madre: capisci la mia pazzia”

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