Fonte: Il Fatto quotidiano
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di Davide Vecchi – 2 febbraio 2017
Caro Matteo, salvati. È purtroppo evidente che o cambi strategia o ti rassegni a sparire definitivamente. E non è detto che sia sufficiente nascondersi a Rignano e ritirarsi dalla politica. Può darsi che a decretare la tua fine sia la magistratura che, con i suoi tempi, ha iniziato a controllare quello che hai fatto negli ultimi anni. A verificare il tuo operato e quello dei tuoi fedeli petali del Giglio magico, che pare sia diventata una Dionea: la pianta carnivora che mangia sé stessa. Non è un caso che Luca Lotti, indagato dalla procura di Napoli, abbia preferito affidarsi all’avvocato Franco Coppi piuttosto che a qualcuno dei tanti legali che ti ruotano attorno: certo Coppi è l’indiscusso numero uno, un fuoriclasse assoluto, ma Lotti si è presentato alla sua porta su suggerimento di Denis Verdini, certo non tuo o del fu emiciclo gigliato.
Ma fa niente, in Italia abbiamo una classe politica talmente misera che si passa sopra tutto. Ma, certo, devi sopravvivere. Guardando i fatti. E i fatti al momento sono fin troppo chiari. Guarda la reazione a questa tua scomposta corsa al voto il prima possibile. Capisco il tuo tentativo di usare la riforma della legge elettorale come avevi fatto per far cadere il governo di Enrico Letta: con la scusa del ruolo di segretario del Pd incontravi i leader degli altri partiti, fino a stringere il patto del Nazareno con Silvio Berlusconi e un’alleanza sufficiente a far cadere Letta e sostituirti a lui. Ma ricorderai benissimo che anche quando dicevi cose ridicole alla stregua del “domani piove per colpa di Enrico” tutti i tuoi lanzichenecchi del Pd facevano la corsa a rilanciare e rafforzare le tue dichiarazioni. Dalla giovane Anna Ascani che si lanciava in “già vedo le nubi” al solito Orfini: “In effetti anche alla Play station le partite sono solo sotto l’acqua”. E la minoranza potevi liquidarla con un “Fassina chi?”, scatenando sorrisini compiaciuti e pochi mesti rimbrotti.
Oggi è tutto diverso. Non te ne accorgi? Appena due giorni fa hai mandato un sms a Giovanni Floris durante diMartedì simile a quello della pioggia. Hai scritto: “Per me votare nel 2017 o nel 2018 è lo stesso, l’unica cosa è evitare che scattino i vitalizi perché sarebbe molto ingiusto verso i cittadini. Sarebbe assurdo”. Mezzo del tuo stesso Pd ti si è rivoltato contro. Ti ha dato del populista. Ti ha ricordato che hai scritto una cazzata, quella sui vitalizi; graziandoti sull’altra, fin troppo palese: che non vuoi votare il prima possibile. La minoranza lo vede. Si allarga. Non è più controllabile. Lascia stare Massimo D’Alema che favoleggia di un partito al 10%, lui conosce bene la politica, ne ha visti tanti come te. Arrivare, spavaldeggiare, adeguarsi, sparire. Guarda quanti escono dal silenzio e prendono coraggio solo oggi per scagliarsi contro di te.
Hai detto in ogni modo che vuoi andare a votare il prima possibile e sono tanti ad averti risposto picche. Che sarebbe un errore. E lo dicono dal Pd, quello che dovrebbe essere il tuo partito. Non lo controlli più, a quanto pare. Dirai che poi obbediranno, come sempre hanno fatto, quando proporrai loro la strada, la soluzione. E la soluzione, secondo te, è andare subito al voto e riuscirci attraverso l’accordo con la Lega Nord e il Movimento 5 Stelle che, nelle tue intenzioni, dovrebbero far passare nell’immediato le eventuali correzioni alla legge elettorale uscita dalla Consulta e far cadere l’esecutivo Gentiloni. Lega e M5S. Ma fai sul serio? Il Movimento ti ha già chiaramente (e giustamente) detto che con i capilista puoi scordarti qualsiasi discussione, mentre Matteo Salvini pretende un ritorno al Mattarellum altrimenti ti tira fino al 2018. Capisci dove sei arrivato? A quale punto? Ricattato dal ruspista felpato. A Roma ti direbbero aripijate. Io mi limito a invitarti a fermarti e riflettere.
Non è più la stagione dello scontro diretto voluto, cercato e creato. Nel 2014 eri la novità, il rottamatore, l’uomo che poteva dare finalmente lustro al centrosinistra rappresentato dal Partito Democratico, una sorta di icona. Ora quella maschera lì è venuta giù, fattene una ragione. Dopo due anni al governo hai mostrato ciò che sei. Per dirla brutalmente: non sei più credibile. Di te i tuoi uomini conoscono i limiti, i tuoi nemici le debolezze. Tutti le menzogne. Dovrai adeguarti alle liturgie della politica. È finito il tempo del galletto a petto in fuori. Anche perché non eri tu. E si è visto. Ti piace comandare ma hai dimostrato di non saperlo fare. Sei ancora giovane, puoi rifarti. Ma salvati da te stesso. A braccio di ferro, è evidente, sta volta perdi. E pure male. Fai attenzione.