Autore originale del testo: Alfonso Gianni
Fonte: facciamo sinistra
Url fonte: http://facciamosinistra.blogspot.it/2016/11/caro-cuperlo-ma-cosa-hai-firmato.html
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di Alfonso Gianni 7 novembre 2016
Continuo a leggere e rileggere il testo sul quale si sarebbe creato dentro il Pd un accordo per la modifica dell’Italicum, per trovare almeno le ragioni che hanno portato gli autori a partorirlo e a firmarlo. Intendo le ragioni interne al testo. Quelle di contesto mi erano chiare fin dall’inizio. A Renzi serviva qualche cosa che senza impegnarlo nell’immediato in modo cogente, dividesse la minoranza interna al suo partito e comunque portasse voti verso il Sì, visto che la congiunzione tra la revisione costituzionale e l’Italicum è indigeribile ai più.
Al presidente del Consiglio poco importa che l’Italicum è stato votato con tre voti di fiducia. Prassi discutibile già in sé. Ma logica vorrebbe che quella fiducia venga meno se il testo della legge su cui è fondata viene modificato. Ma come sappiamo Renzi è uomo assai disinvolto e per perseguire un obiettivo non guarda per il sottile. Tuttavia il lodo firmato anche da Cuperlo per una parte è generico e fumoso, per un’altra inapplicabile se dovesse venire confermata la legge di revisione costituzionale Renzi-Boschi, cosa che mi auguro il referendum smentisca.
Vediamo più da vicino.
All’inizio si parla di una verifica su premio di lista/premio di coalizione; ballottaggio/turno unico; modalità di espressione della volontà degli elettori sugli eletti. Sui primi due punti non si scioglie alcun nodo. Per quanto concerne il premio di maggioranza si tenta un gioco linguistico chiamandolo di “governabilità”, ma non si chiarisce se verrà attribuito ad una lista di partito o a una coalizione. Tantomeno si precisa di quale entità sarà il premio, comunque lo si voglia chiamare; se esisterà una soglia sopra la quale può scattare o meno. Ovvero la sostanza della questione è elusa.
Non solo, ma quando si parla di “superamento del meccanismo di ballottaggio” il mistero si infittisce ancora di più, poiché contemporaneamente si pretende che i cittadini indichino “chi avrà la responsabilità di garantire il governo del paese”. Che significa? Che in ogni caso anche al primo turno, divenuto unico se si elimina il ballottaggio, non c’è alcuna soglia per cui il governo spetterebbe alla minoranza più consistente elevata a maggioranza artificialmente attraverso il premio dalla misteriosa entità?
O peggio ancora, si pensa di fare passi in avanti nella direzione di una sorta di elezione diretta del presidente del Consiglio con la nota formula di “capo della forza politica” prevalente nelle elezioni? Come si fa a firmare un accordo, anzi a definirlo tale, senza entrare in chiaro su simili dirimenti questioni, tanto più che la Corte Costituzionale è già intervenuta sulla materia bocciando il Porcellum per l’eccessivo premio di maggioranza dato alla coalizione che permetteva di raddoppiare e oltre i voti effettivamente conseguiti? Se questo problema non viene risolto è ben difficile pensare che l’Italicum, o l’Italicum rinnovato, possa passare il vaglio della Corte Costituzionale che era già stata convocata – salvo rinvio intervenuto – per un suo esame a seguito delle eccezioni di incostituzionalità già sollevate.
Ma il peggio arriva quando il lodo cerca di sbrogliare il nodo rappresentato dalle cosiddette modalità di scelta da parte dei cittadini sugli eletti. Infatti il testo della legge costituzionale Renzi-Boschi non permette ai cittadini di eleggere direttamente i senatori. La revisione costituzionale – art.2 – modifica radicalmente infatti l’articolo 57 Cost. introducendo un secondo comma che recita : “I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori”.
Così stando le cose, se il referendum dovesse confermare – cosa che ovviamente non mi auguro nel modo più assoluto – il testo della legge Renzi-Boschi, per permettere ai cittadini di eleggere direttamente i senatori bisognerebbe modificarlo di nuovo con una apposita nuova legge costituzionale che dovrebbe seguire l’iter previsto dall’art. 138 Cost, ovvero la doppia lettura da parte delle due camere distanziata da un intervallo non inferiore ai tre mesi, con la maggioranza assoluta richiesta nella seconda votazione. Ma il lodo non fa la minima menzione di tutto ciò.
Quindi in ogni caso, anche per i suoi estensori, il senato resterebbe una camera che continua a esistere, seppure in forma ridotta, con compiti anche rilevantissimi – come intervenire sulle leggi costituzionali e su molto altro, come viene confusamente dettagliato nella modifica dell’articolo 70 Cost. – ma che è sottratta al voto diretto dei cittadini.
Evidentemente gli estensori del medesimo pensano semplicemente che eleggendo i consiglieri regionali e i sindaci i cittadini possano esprimere una preferenza su chi di loro può diventare senatore. Qui entrerebbe in scena la proposta di legge Fornaro-Chiti. Ma non è un caso che uno dei primi a prendere le distanze dal lodo sia stato proprio il senatore Fornaro.
Secondo questa proposta i cittadini riceverebbero due schede in occasione delle elezioni regionali. Con la prima procederebbero al rinnovo dei consigli regionali e del nuovo presidente della Regione, con la seconda indicherebbero chi deve diventare un “doppiolavorista”, ovvero un consigliere – senatore. Ma a questo punto si pongono altri problemi. Se, secondo la Renzi-Boschi nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a due, ma uno di questi deve essere un sindaco, e la ripartizione dei seggi tra le regioni “si effettua in proporzione alla loro popolazione”, va tenuto presente che ben 10 delle regioni eleggono un solo consigliere regionale.
In quel caso come potrà mai essere assicurato il criterio della proporzionalità? Inoltre vi è un altro pasticcio: gli statuti di regioni a statuto speciale prevedono l’incompatibilità tra la carica di consigliere e quello di parlamentare sia italiano che europeo.
E chi decide quali sono i sindaci a essere prescelti nel comporre il nuovo Senato? Qui i cittadini spariscono nuovamente, perché, se facciamo riferimento sempre alla proposta Fornaro-Chiti scopriamo che sarà il Consiglio Regionale a farlo pescando in una terna di nomi fornita dal Consiglio delle Autonomie Locali di ogni regione, un istituto introdotto dalla riforma del Titolo Quinto della Costituzione operata nel 2001.
Insomma il lodo non solo è scritto sulla sabbia, poiché non costituisce alcun atto ufficiale, ma appare come un pasticcio persino contradditorio con la revisione costituzionale voluta da Renzi. Quella che lo stesso Cuperlo si appresta a votare. Un poco di coerenza non guasterebbe.