Capataz

per Gabriella
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Fonte: facebook

di Alfredo Morganti – 2 settembre 2014

Roberto Giovannini della Stampa ci spiega il modello tedesco sul lavoro. Alta flessibilità, servizi all’impiego e regole per le quali si deve accettare qualsiasi lavoro per ottenere almeno un sussidio. Le cifre sono importanti: tasso di disoccupazione dimezzato, aumento della popolazione occupata. Ma c’è, ovviamente, anche un lato oscuro (quello di cui pochi parlano), ed è questo. Una fortissima segmentazione del mercato del lavoro: 5 milioni di persone (persone, non cose) vivono svolgendo uno o più mini-jobs, ossia lavori instabili pagati al massimo 450 euro al mese, su cui le aziende nemmeno pagano tasse e contributi (e te pareva). Il welfare diventa workfare: per poter prendere i 300 euro al mese di indennità di disoccupazione, i disoccupati debbono accettare anche lavori a retribuzione ZERO. Com’è puntualmente accaduto. Tanto che la SPD ha chiesto che il limite minimo di paga salariale sia almeno di 8,5 euro lordi all’ora.

Fin qui il giornalista della Stampa (la Stampa non il manifesto!). Il quale spiega, come fa anche Maurizio Ferrera sul Corsera, che il sistema tedesco non è solo costituito, tuttavia, da mini-jobs e maxi flessibilità, e che questi da soli non basterebbero a creare lavoro. In realtà, ci troviamo di fronte a un pachiderma economico industriale che è basato sulle esportazioni, con un fortissimo sistema formativo, e una contrattazione decentrata che ha consentito l’applicazione della ‘moderazione salariale’ nelle aziende in crisi, anche grazie a un sistema di relazioni industriali fortissimo, al contrario del nostro Paese, dove la Camusso viene trattata come una della Casta, a partire per primo dal premier.

Vi sembra una cosa seria, allora, parlare dei mille giorni (che poi sarebbero tre anni, ma detta così potrebbe allarmare l’opinione pubblica) e accennare al modello tedesco, ma poi limitarsi a presentare un sito web e subito dopo affrettarsi alle trattative col povero Padoan per scovare risorse da dare in pasto alle mille, queste sì, promesse quotidiane del governo? No, non è serio. Perché in Italia si trovano sempre risorse per gli 80 euro (ossia per le prebende elettorali), ma qualcuno dovrà pur trovarle anche per alimentare, nel caso di job acts, i servizi dell’impiego, quelli formativi, i sussidi di disoccupazione. Nella speranza, ovvio, che tutto non si riduca alla ‘nuove regole’ e alla ‘riforma’ (chissà quando), ma si prevedano dei veri piani industriali, dei piani per il lavoro, ri-orientando i capitali dalla rendita, dalla evasione, dalla elusione, dal risparmio agli investimenti.

Nel frattempo genereremo un esercito di ‘sopravviventi’, nella migliore tradizione del capitalismo occidentale. Un folla enorme, giovane, di mano d’opera e forza lavoro a basso costo, pronta a tutto, obbligata a tutto, sottopagata, dequalificata, senza più una carriera lavorativa, nell’unico intento di garantire le sorti del profitto industriale (che non coincidono mai in toto con quelle dell’intera nazione). E nella fioca speranza che questo significhi anche, in ultimo, migliorare le condizioni di vita delle popolazioni che vivono i maggiori disagi personali e sociali. Senza dimenticare, peraltro, che la Commissione presieduta da Peter Hartz, che si occupò di riformare il lavoro in Germania, fu voluta da Schroeder, un cancelliere socialdemocratico, ma aprì subito la strada alla destra. Dimenticavo, Hartz era un membro del consiglio di amministrazione della Volkswagen. Una specie di Marchionne tedesco, o giù di lì.

PS Del lavoro si parla solo in termini statistici, di entità numeriche, mai di qualità. Molti mini jobs a 450 euro al mese equivarrebbero, secondo questa logica, alla buona notizia di tanti posti di lavoro contro la crisi. Punto. Poco importa che lo Stato debba comunque integrare quelle miserie di stipendio per sostenere con denaro pubblico le famiglie mini-jobbate nell’affitto di casa. Se le statistiche tornano, tutto torna. I numeri prima, e dopo le persone. Tanto il concetto di ‘persona’ è un concetto ottocentesco, al massimo novecentesco, ma che c’azzecca con la nostra “bella modernità” (De Gregori)? Nulla, capataz, proprio nulla.

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