Sono candidato alla Camera per LeU, per tutti noi stanchi ma non rassegnati

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Claudio Riccio

di Claudio Riccio – 30 gennaio 2018

“Basta fatti, vogliamo promesse” così scrissero su un muro, credo di Genova, qualche anno fa. Sembra paradossale, ma è la più concreta delle richieste. Da troppo tempo la politica e la sinistra in particolare hanno smesso di fare (e di mantenere) promesse, di delineare un’idea di società alternativa, ci si è adattati all’esistente, limitandosi a dire “proveremo a migliorare qualcosina”, nei limiti del possibile. In un mondo sull’orlo del baratro accontentarsi non basta.

Jacques Rancière” scrive che “la politica senza promessa è l’arte di condurre la nave e adattarsi alle onde.” Io alle onde non ho intenzione di adattarmi. Tantomeno penso si possa abbandonare la navigazione quando il mare è in tempesta. Non viviamo in tempi in cui possiamo semplicemente assecondare il vento terribile che soffia dalle nostre parti o restare ormeggiati in attesa di condizioni migliori. Le condizioni migliori vanno costruite. Io insieme a tanti altri ho deciso di provarci così, non è l’unico modo per provarci, ma è quello che ho scelto. Serve conquistare spazi di rappresentanza, serve organizzazione, solidità, insediamento sociale, serve riconquistare credibilità, serve crederci. Sapendo che la strada è tutta in salita, ma non m’interessa quanto possa essere dura la battaglia. A chi mi dice “che ci fai lì?” rispondo “quello che ho sempre fatto in ogni contesto, provo a cambiare le cose”. A chi ti dice “chi te lo fa fare?” rispondo che mi va, che ho voglia di provare a dare il mio contributo, ancora di più, ancora più forte. A chi mi dice “non ci credo più” rispondo che ce la metterò tutta ad ascoltare le ragioni, confrontarmi nel merito, conquistare, o riconquistare fiducia ed entusiasmo.

Il quadro politico è quanto di più lontano da quel che servirebbe: il PD sempre più partito personale e liberista, la destra che diventa sempre più fascista, Berlusconi che parla di onestà e serietà, Di Maio che vuole “realizzare davvero la rivoluzione liberale che Forza Italia ha tradito”. Nel frattempo le diseguaglianze crescono a dismisura e la crisi avanza.

So bene che tanti sono rassegnati, incazzati, disgustati dalla politica. Hanno molte ragioni. Troppe volte – anche dalle nostre parti – quello cui assistiamo è un brutto spettacolo, una commedia tragica nell’interesse dei soliti pochi, che ci costringe a scegliere tra cambiare canale o annuire battendo le mani.
Io ci provo, mi candido non per unirmi allo spettacolo, ma per interromperne la monotonia, non per gridare più forte, ma per amplificare tante voci.

Ho sempre sentito una distanza abissale tra quella che viene chiamata “politica politicata” e la “politica praticata” quella che faccio da quando ho 14 anni. Che fosse nelle piazze o nella rappresentanza, a Bari o altrove mi sono sempre sentito in qualche modo “diverso”, differente. È forse l’unica cosa in cui ho davvero una forma – credo sana – di presunzione. Ma oltre a essere differente, vorrei anche riuscire a fare la differenza. A cambiare davvero le cose.

Ho passato gli ultimi anni, coniugando lavoro e impegno politico, nel tentativo di inventare forme diverse dell’azione politica e partitica, ho fatto per la prima volta la tessera a un partito, ho girato in lungo e in largo l’Italia, vivendo sui treni, dando una mano alla costruzione di esperienze civiche o circoli di partito, esperienze sociali e di movimento, sostenendo vertenze e battaglie, incontrando tantissimi compagni e compagne e imparando che siamo molti di più di quel che pensiamo nei momenti di scoramento, vivendo momenti di grande entusiasmo e ovviamente numerose difficoltà. Libero, uguale, ma anche un po’ differente.

Ma il problema non è soltanto la politica o la disillusione che ha generato in questi anni. Anzi. Il problema principale sono gli effetti che le politiche di questi anni hanno avuto sulle nostre vite. Ci hanno fatto la guerra e al momento la stanno vincendo alla grande. Potremmo a lungo parlare delle diseguaglianze globali, della speculazione finanziaria, della crisi ecologica, di come l’automazione trasformerà il lavoro… Ma preferisco partire da noi, da noi che a 32 anni siamo ancora considerati dei ragazzi, noi cui la sinistra ha smesso di parlare. Partiamo da noi, delle nostre ansie, dalla nostra insoddisfazione, dai nostri stipendi da fame, dai nostri amici emigrati all’estero, dal nostro non essere ancora indipendenti, dalla frustrazione di non potersi permettere una casa, dall’inquietudine dell’odiata gestione separata inps, dalla consapevolezza che non avremo una pensione. Partiamo dal fatto che se non cambia tutto non potremo vivere dignitosamente il presente, costruirci un futuro, fare piani, continuare a sognare.
Ci siamo stancati di questa situazione. Parafrasando una scena del bellissimo “c’eravamo tanto amati” potremmo dire che “se semo stufati d’esse boni e rassegnati”. È il momento di rialzare la testa, di strappare spazi, di spiazzare tutti, di cambiare i rapporti di forza e riconquistare la politica come uno strumento utile a migliorare la vita di ciascuno di noi.

In tanti occupano le istituzioni per gli interessi di pochi, noi dobbiamo usarle per i bisogni di molti. Dobbiamo usare le istituzioni come luogo di conflitto e battaglia, battaglia per il lavoro degno, per la gratuità dell’istruzione, per la redistribuzione delle ricchezze, per il taglio drastico delle spese militari, per la riconversione ecologica e lo stop al consumo di suolo, per il diritto all’abitare, per l’accoglienza degna, per riconquistare spazi di democrazia. Per usare risorse per il sostegno al mutualismo e all’azione sociale. Per difendere chi ne ha bisogno da sgomberi e repressione. Per contribuire ad organizzare fuori dal palazzo la sinistra che ancora non c’è.

Avremo 34 giorni per parlare delle cosiddette promesse elettorali, chi mi conosce sa che su lavoro precario, istruzione, ecologia, diritti, non dirò nulla di diverso da quel che dico da anni, sentendomi spesso dire “hai ragione”, ma riuscendo troppo poco a trasformare concretamente la “ragione” in “cambiamento”. Faccio qui una sola promessa: farò di tutto per essere all’altezza, con coerenza e determinazione, senza arretrare di un millimetro, adeguato alla sfida, ma senza adeguarmi mai.

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