di Alfredo Morganti – 1 marzo 2016
L’ipotesi sbandierata dal governo è alzare il rapporto tra deficit e PIL al 2,9%. A un solo decimale dal tetto del 3% e ben 1,8 punti in più rispetto alla previsione del governo, che era fissata per il 2017 ad appena l’1,1%. Fatti i conti, si tratterebbe di 29 miliardi di euro in più in mano al governo, di cui 15 andrebbero a impedire l’aumento dell’IVA, 5 a tagliare l’Ires, e 10 miliardi sarebbero a disposizione della creatività renziana. Una specie di budget elettorale da spendere alla grande con tagli delle tasse, bonus, regalie, ecc. Sarà come distribuire 56 milioni di scarpe destre agli italiani, e solo dopo il voto le corrispondenti sinistre, alla maniera del vecchio comandante Lauro. Sarà come comprare fuochi di artificio, creare ombre cinesi, drogare l’opinione pubblica e l’intero sistema dei media, in forme e modalità che in Italia conosciamo già bene. I cartelloni e i manifesti del PD (pagati dai gruppi parlamentari) che vedete in questi giorni affissi nella vostre città, sono nulla a confronto, appena l’inizio del prossimo boom boom elettorale. Già immagino tagli delle tasse e maxi bonus a fronte di nuovo deficit pubblico che, male che vada, si lascerebbe in eredità ai disgraziati che verranno dopo.
Peraltro, oggi Saccomanni dice su Repubblica che è venuto il momento di effettuare grandi investimenti pubblici e privati, indispensabili a battere la deflazione. Al contrario tagliare tasse e diffondere bonus è tutto l’opposto dei grandi investimenti pubblici, perché è chiaro che la riduzione delle entrate fiscali produrrebbe la necessità di tagli, che, vista la necessità politica di creare consenso, andrebbero a impattare soprattutto sugli investimenti, i cui effetti sono a lungo termini e dunque poco spendibili elettoralmente. Ovvio che è doveroso, a questo punto, anche ricordare alcune cifre significative dei due anni renziani, per capire quanta propaganda e ideologia infarcisce questo suo premierato (a onta e salvaguardia dagli annunci futuri). Eccole. Gli investimenti pubblici lordi sono calati da 38 a 36 miliardi di euro. Quelli dell’intera economia sono passati da 329 milioni a 255. Il debito pubblico è cresciuto di 4 punti. La pressione fiscale (a legislazione vigente) è salita dal 43,4% al 44,1%, mentre quella procapite locale è aumentata da 515 a 618 euro. Solo per dire come stanno davvero le cose, al di là della propaganda spicciola e dei miliardi già sacrificati sull’altare delle ambizioni. Nonché dei costosissimi fuochi d’artificio futuri.