Il Calice e la Spada
di Riane Eisler
riassunto di Claudia Daurù su Creta
Creta è l’unica grande civiltà in cui il culto della Dea sia giunto fino ad epoca storica. Ed è incredibile come oggi continui ad essere visitata da migliaia di turisti ignari di ciò che vedono. Questo accade perché le grandi scoperte fatte su Creta e la loro nuova interpretazione stentano a diffondersi per il permanere di pregiudizi duri ad essere sradicati. La storia della civiltà cretese comincia intorno al 6.000 a.C. quando arrivano sulle spiagge dell’isola un gruppo di immigrati probabilmente provenienti dalla Anatolia. Portano con sé il culto della Dea e una tecnologia che li colloca nel Neolitico. Nei successivi 4.000 anni Creta vive un lento ma costante progresso tecnologico in molti ambiti (agricoltura, tessitura, metallurgia, incisione, architettura, etc..), una evoluzione sociale pacifica, una grande espansione del commercio e lo sviluppo di uno stile artistico molto particolare. Poi verso il 2.000 a.C., Creta entra nel cosiddetto Minoico Medio (o periodo dei Palazzi): in questo periodo nel resto del mondo “civilizzato” del tempo la Dea era stata già rimpiazzata da divinità maschili e bellicose o ridotta a divinità femminile subalterna. A Creta invece la cultura della Dea è ancora viva e presente; non vi sono tracce di guerre, l’economia è prospera e l’arte è vivace e gioiosa. Anche quando nel XV sec a.C. (intorno al 1500 a.C.) l’isola finisce sotto il dominio acheo (a questo punto gli archeologi parlano non più di cultura minoica ma di cultura minoica-micenea) sembra che i nuovi dominatori si siano inseriti adottando almeno inizialmente la cultura e la religione dell’isola. L’arte e la cultura cretese, un inno alla vita, alla gioia, alla natura: secondo la quasi totalità degli archeologi e degli storici dell’arte antica, la cultura e l’arte cretese si differenziano molto da quelle delle altre civiltà del tempo (per es. in Egitto, in Babilonia) per i loro caratteri unici di inno alla gioia e alla vita, all’armonia con la natura e tra uomini e donne. L’archeologo Platon scrive che l’arte cretese è “delizia per la bellezza, la grazia e il movimento, …. godimento della vita e del rapporto con la natura”. Altri esperti hanno usato espressioni come “il più completo riconoscimento della grazia della vita che il mondo abbia conosciuto” e ancora “la perfetta espressione dell’idea di “homo ludens””. Il culto della Dea: nella cultura minoica il culto della Dea permeava ogni aspetto della vita quotidiana. La Dea era madre dell’universo, del cielo e della terra, di animali, piante e di ogni forma di vita. Il Culto della Dea significava fecondità della natura, della terra, potenza creatrice dispensatrice di vita e anche di morte come forma naturale di rigenerazione; la paura della morte praticamente non esisteva perché la morte era concepita come un momento del percorso rigenerativo della vita: la morte era un tornare nel grembo materno, alla madre terra che è madre della vita. La Dea era rappresentata da una amplissima gamma di forme di vita, tra le tante si sottolineano il serpente e la farfalla: il loro cambiare forma e pelle era simbolo della capacità di trasformazione e rinascita della vita e della natura. La Dea era anche spesso rappresentata con una “doppia ascia”, che serviva a dissodare il terreno prima della semina e che aveva la forma stilizzata della farfalla: non era un’arma come erroneamente è stata considerata, bensì un simbolo di fecondità e di fertilità della natura. Scrive Platon: “tutta la vita era permeata da una fede.. nella Dea Natura, 8 sorgente di tutto il creato e dell’armonia. Ciò spingeva all’amore per la pace, all’orrore per la tirannia, al rispetto per la legge…”. Una società sostanzialmente pacifica, non-violenta, non dominatrice: per lunghissimo tempo e certamente nel lungo periodo più antico (periodo minoico) le città-stato sul mare non hanno avuto fortificazioni, né vi sono tracce che abbiamo combattuto tra loro o che abbiano intrapreso guerre di conquista; anche le ville sul mare erano completamente sguarnite di forme di difesa. Le molteplici forma d’arte non raffigurano scene di battaglie, di caccia o di condottieri vittoriosi, né uomini che rappresentano il potere della vittoria e della conquista. L’idea di un re guerriero che trionfa umiliando e uccidendo è completamente assente. Per queste ragioni quasi tutti gli esperti sostengono che quella minoica sia stata sostanzialmente una società pacifica, dove per oltre 1500 anni è regnata la pace, interna all’isola ed esterna, in un’epoca di guerre incessanti. L’assenza di immagini di uomini maschi che incarnano il potere della forza, della conquista è strettamente legato al fatto che l’immagine della divinità non è quella di una divinità dominante, violenta e minacciosa, ma quella di una figura femminile che dispensa vita, fertilità e protezione materna; e la totale assenza di una concezione del potere basato sulla violenze e sul dominio è una delle fondamentali ragioni della lunga pace che i cretesi hanno potuto vivere. Ma nella società minoica non solo mancano le immagini di uomini maschi che incarnano il potere della forza e della vittoria, mancano anche del tutto immagini di uomini regnanti seduti sul trono, così frequenti in altre società del tempo (basti pensare ai faraoni!). Esclusi gli affreschi della Dea Madre seguita da fanciulli e fanciulle, non vi sono immagini di regnanti: vi è forse un’unica eccezione, quella del cosiddetto “giovane principe”, un’eccezione peraltro controversa visto che l’immagine raffigura un giovane dai lunghi capelli, disarmato, nudo fino alla cintola incoronato con piume di pavone e circondato da fiori e farfalle, che – ammesso sia stato davvero un principe – non ha nulla dell’idea del dominio. Tutto questo ha spinto alcune studiose come la Hawkes a pensare che sui troni minoici regnassero delle regine che si ispiravano, nella conduzione del potere, al criterio della “responsabilità materna”. Resta comunque il fatto, condiviso da tutti gli esperti, che nella società cretese l’esercizio del potere e del governo delle città-stato non sia stato associato ai concetti di dominio, di minaccia, di violenza. E le differenze con l’Egitto, l’impero Assiro-Babilonese e altre civiltà antiche sono particolarmente evidenti.
La ripartizione equa della ricchezza e opere pubbliche destinate a tutti: un’altra caratteristica significativa della società cretese, che la distingue nettamente dalle altre civiltà antiche, è la ripartizione abbastanza equa della ricchezza, molto più equa di quanto si sia verificato altrove, basti pensare al divario immenso che c’era tra i potenti e i poveri in Egitto o a Babilonia, e che invece a Creta non esisteva. Platon scrive “…il tenore di vita medio, persino dei contadini, sembra fosse abbastanza alto … nessuna delle case finora scoperte suggerisce l’idea di condizioni di vita estremamente misere”. Certamente Creta non aveva una ricchezza paragonabile a quella delle altre civiltà antiche che erano certamente più ricche, ma aveva un sistema di ripartizione della ricchezza più equo e moderno. Intorno al 2.000 a.C. nel periodo chiamato Minoico Medio (o periodo dei palazzi), il periodo in cui sorsero i grandi palazzi, si sviluppò un’amministrazione governativa centralizzata, ma questo non portò la società cretese ad adottare un governo autocratico, e non comportò nemmeno l’uso delle tecnologie più avanzate ad esclusivo vantaggio di pochi. Al contrario le entrate governative (provenienti dalla crescente ricchezza dell’isola) furono destinate alla realizzazione di opere che oggi giudicheremmo “moderne”, 9 sistemi di approvvigionamento dell’acqua, di condutture idriche, di latrine domestiche in quasi tutte le abitazioni e poi strade, ricoveri e opere pubbliche i cui vantaggi erano percepibili da tutti. Le differenze con l’Egitto e l’Impero Babilonese sono molto marcate. Il ruolo centrale delle donne e il rapporto tra i sessi: nella cultura minoica le donne avevano un ruolo molto importante in ogni ambito della sfera pubblica e religiosa. Sono raffigurate spesso in posizione centrale sia negli affreschi dei palazzi che in molte rappresentazioni artistiche, accanto alle immagini della Dea come sacerdotesse. Vi era probabilmente una forma di discendenza matrilineare. Anche quando Creta arrivò allo sviluppo tecnologico dell’Età del Bronzo, ad una certa urbanizzazione e più complessa stratificazione sociale la condizione delle donne non peggiorò. Le donne avevano una posizione centrale nella vita pubblica e vi era una discendenza matrilineare ma non si sviluppò alcuna forma di matriarcato (il dominio delle donne sugli uomini, come il patriarcato è il dominio degli uomini sulle donne); sostanzialmente nella società cretese non era ideologizzato il criterio del dominio dell’uno sull’altro, vi era piuttosto un modello mutuale, di reciproco riconoscimento, sostegno e collaborazione. Il ruolo centrale del piacere per la vita e la sessualità: nella cultura minoica ogni aspetto della vita che può dare piacere e gioia era molto apprezzato. Le raffigurazioni artistiche di uomini e donne nudi o in abiti succinti, con i genitali ben visibili e con gesti che mostrano il bello del corpo, della sensualità, della sessualità e del piacere che ne può derivare, dimostrano un atteggiamento libero, positivo verso il piacere e la sessualità. Gli psicologi moderni mostrano come questo modo di vivere la sessualità abbia potuto ridurre i livelli di aggressività e accrescere il senso di riconoscimento reciproco tra uomini e donne. Il fatto che la divinità fosse una figura femminile spesso raffigurata come una donna incinta o in procinto di partorire è strettamente correlata a questa visione gioiosa e positiva del corpo e della sessualità. L’esercizio fisico, lo spettacolo, la religione, l’amore per la vita: l’esercizio fisico era praticato da uomini e donne alla pari ed era sempre improntato al gioco e al divertimento. Lo spirito religioso spesso si intrecciava con le attività del tempo libero rendendo spettacoli, giochi e danze, ricchi di significato. Scrive Platon “ Musica, canto e danza andavano ad aggiungersi ai piaceri della vita” e poi “C’erano frequenti cerimonie pubbliche, soprattutto religiose, accompagnate da processioni, banchetti, e dimostrazioni acrobatiche.” Lo studioso Higgins riassume così l’intreccio tra religione, gioco e svago: “La religione per i Cretesi era una faccenda lieta, veniva celebrata in palazzi-tempio o in santuari all’aperto e in caverne sacre … La religione era strettamente collegata allo svago. Le “taurocapzie” erano spettacoli a carattere ludico e religioso, erano giochi in cui giovani di entrambi i sessi si esibivano facendo acrobazie, afferrando i tori per le corna e volteggiando sulla loro schiena. In queste imprese c’era l’eccitazione per l’abilità dei giovani, il salvarsi non aveva un carattere individuale ma collettivo.