Fonte: la Repubblica
Url fonte: http://clericetti.blogautore.repubblica.it/2016/05/14/calenda-non-rischiamo-che-decidano-i-parlamenti/
di Carlo Clericetti 14 maggio 2016
Due interventi resi noti ieri meritano un post scriptum al precedente articolo sul Ttip. Il primo è del fresco ministro per lo Sviluppo economico Carlo Calenda, riportato in questo articolo di un portale molto attento ai problemi europei.
Gli accordi di libero scambio dell’Europa con Usa e Canada, il Ttip e il Ceta, “sono fondamentali”, e non si può rischiare di farli saltare per il voto negativo di uno dei Parlamenti dei paesi membri, ha detto Calenda. Al Consiglio, ha spiegato, è in atto “un grande confronto sul fatto se questi accordi devono essere ratificati da tutti i Parlamenti nazionali, che in tutto sono 38 visto che alcuni paesi ne hanno più di uno, oltre che da quello europeo e dal Consiglio stesso all’unanimità”. “Ma cosa succede se un paese non ratifica? Questo crea una grandissima incertezza che rende per la Commissione veramente molto difficile andare avanti nelle negoziazioni”. (…) Cosa diversa è “dire che il Parlamento europeo deve avere un ruolo fondamentale e che il trattato deve passare al suo vaglio”.
Con l’ultima frase Calenda si salva in corner dal giudizio di essere un “post democratico”, come sono stati definiti dal politologo Colin Crouch coloro che puntano a un governo oligarchico della società. Non completamente, però: perché si sa che quello europeo e un Parlamento per modo di dire, visto che i suoi poteri sono estremamente limitati. Il potere vero in Europa ce l’hanno il Consiglio (dove siedono i capi di Stato o di governo) e la Commissione, organi che non sono eletti direttamente dai cittadini. Finché l’Ue non sarà una federazione, è giusto che i Parlamenti nazionali conservino quanto meno il potere di dire “no”. Questo rende più complicata una trattativa internazionale? E’ vero, ma non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca, anche perché il Ttip, una volta approvato, stringerebbe gli Stati in una camicia di forza, impedendo loro qualsiasi scelta che deroghi alle norme del Trattato. Quindi, o si fa in modo di rendere l’Unione europea una federazione democratica, cosa che oggi non è, oppure bisogna accettare che gli organismi decisionali attuali, che hanno poteri delegati, siano sottoposti alla volontà dei deleganti, cioè gli Stati nazionali. La federazione non è alle viste, e forse non si farà mai? Bisogna prenderne atto e non pretendere di comportarsi come se ci fosse.
Il secondo intervento è giusto del sunnominato Colin Crouch, che è politologo e sociologo, ma non è affatto digiuno di economia (ha tra l’altro insegnato alla London School of Economics e poi Governance e Management Pubblico alla Warwick Business School). Il suo saggio più noto è appunto “Postdemocrazia“, ma è da leggere anche “Il potere dei giganti“, dove fa le pulci al neoliberismo mostrandone aspetti poco noti che dimostrano come si tratti di un’ideologia costruita su misura per le esigenze delle multinazionali.
L’intervista che Crouch ha concesso a Repubblica ha un titolo significativo: “Il Ttip trasferisce il potere alle multinazionali e svuota le democrazie“. Parlando dei “tribunali privati” Isds Crouch osserva:
“Basti pensare alla svedese Vattenfall che ha chiesto miliardi di danni alla Germania dopo la decisione – in seguito alla tragedia di Fukushima – di chiudere le centrali nucleari. Il Ttip in questo senso sarebbe un disastro, il mercato entrerebbe direttamente nelle politiche sociali dei governi che non potrebbe più tornare indietro”.
In questo modo il potere sarebbe trasferito alla multinazionali?
“Sì, sarebbe il punto finale della post democrazia. Un mondo nel quale le istituzioni tradizionali continuano a esistere, ma si svuotano di significato e la politica non è più in grado di incidere. Per fortuna non siamo ancora a questo punto, ma la strada che abbiamo imboccato è proprio quella. E il Ttip darebbe un’accelerata in questa direzione”.
Un’altra voce autorevole che si aggiunge a tante altre, come ad esempio quella del premio Nobel Joseph Stiglitz, che nel settembre 2014 ha spiegato chiaramente al Parlamento italiano perché il Ttip è da rifiutare. Non potremo dire che non eravamo stati avvertiti.