Bulli, pupe e palle da biliardo

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Gian Franco Ferraris Piergiovanni Alleva
Fonte: Il Manifesto

Con questo articolo Piergiovanni Alleva spiega in modo lineare che la legge delega approvata al senato é incostituzionale (art. 76), resta difficile comprendere l’accanimento, di una crudeltá inaudita, verso chi lavora. In una societá in cui ci si commuove per animali, cibo, sesso, diritti di qualsiasi genere, non c’è nessun rispetto per chi tiene in piedi l’economia tra mille difficoltá. La banda di Renzi – che peraltro non ha mai lavorato, tratta i lavoratori come rottami di un mondo passato e li ha usati per dimostrare al mondo intero di avere “asfaltato” la sinistra in Italia. Questa é l’unica spiegazione per aver posto la fiducia su un documento politico che ha ben poco da vedere con una legge in materia di lavoro. Ancora più singolare il comportamento delle sinistre PD che sono corse con il mal di pancia a votare un documento – per disciplina di partito? – che aveva lo scopo di umiliarle utilizzando in modo spietato il lavoro, uno dei simboli fondanti la sinistra di tutto il mondo.
A me questa triste vicenda ricorda la mia adolescenza, trascorsa nei bar del dopoguerra a giocare a biliardo. Con qualche altro stupido ragazzino venivamo pelati regolarmente da alcuni furbetti che ci prendevano in giro dicendoci che per imparare dovevamo riempire di denari i buchi del biliardo. Un giorno arriva un bullo spietato e ignorante che pela tutti, anche i furbetti che restano incapaci di reagire a tanta spavalda cattiveria; alcuni di loro (i più fessi) gioirono del nuova arrivato, non perchè sperassero di riscattare la loro dabbenaggine, ma semplicemente perché si ritenevano vendicati dai precedenti saprofiti. Il bullo era evidentemente arrogante e incapace di affrontare la vita, ma come ogni bullo che si rispetti era circondato di pupe che mi ricordano vagamente le esponenti di primo piano del PD (Boschi, Moretti, ecc.).

Ci si ricorda dell’adolescenza con nostalgia ma se rivivo quei giorni devo riconoscere quanto erano inutili e stupidi: come una palla da biliardo sballottato da ogni stecca (le furie del mondo intero), per fortuna poi la vita ti obbliga ad uscire dall’infantilismo e questo accadrá prima o dopo anche alla politica ed alla societá italiana – seppur a volte per la stupiditá si pagano costi drammatici. Dimenticavo, Silvio Berlusconi ricorda il proprietario della sala da biliardo che in ogni caso ci guadagnava senza alcuna fatica, ma anche Carlo De Benedetti e Marchionne ricordano i proprietari dei bar vicini e allo stesso modo si arricchivano sui poveracci.

gian franco f.

Piper-Laurie-e-Paul-Newman

Piergiovanni Alleva,  9 ottobre su IL Manifesto

ART.18, LA DELEGA IN BIANCO E’ INCOSTITUZIONALE

Il governo pone all’approvazione del Senato, ricat­tato dal voto di fidu­cia, un dise­gno di legge delega in mate­ria di lavoro ulte­rior­mente peg­gio­rato rispetto alla pro­po­sta ori­gi­na­ria. È un testo squi­li­brato, ipo­crita e inco­sti­tu­zio­nale per­ché con­tiene una disci­plina inu­til­mente det­ta­gliata di argo­menti minori, come per­messi paren­tali e fun­zio­na­mento dei Cen­tri per l’impiego, ma lascia totale mano libera all’esecutivo sui temi essen­ziali del pre­ca­riato, delle garan­zie nel rap­porto di lavoro e degli ammor­tiz­za­tori sociali.

Infatti nes­sun con­tratto pre­ca­rio viene abo­lito e sul tema fon­da­men­tale dell’articolo 18 per il momento si tace, ma poi ci si riserva di inter­ve­nire diret­ta­mente, ovvia­mente in senso puni­tivo, nei decreti dele­gati, ossia al di fuori di qual­siasi con­trollo e voto del par­la­mento. Allo stesso modo il governo si riserva di rego­lare a suo arbi­trio, nei decreti dele­gati, l’indennità di disoc­cu­pa­zione e ciò che resta della cassa integrazione.

Que­sto modo di pro­ce­dere è inco­sti­tu­zio­nale per­ché l’articolo 76 della Costi­tu­zione sta­bi­li­sce invece, a garan­zia della cen­tra­lità del par­la­mento, che la legge delega debba fis­sare essa stessa, con riguardo all’emanazione dei suc­ces­sivi decreti dele­gati, i cri­teri diret­tivi, che non pos­sono in nes­sun modo essere sur­ro­gati da ordini del giorno o da prese di posi­zione in sede poli­tica. Ove il capo dello Stato pro­mul­gasse quindi que­sta legge delega voluta dal governo, vio­le­rebbe lui stesso la Costituzione.

Una pre­ci­sa­zione, poi, è oppor­tuna e neces­sa­ria: non è suf­fi­ciente in una legge delega evo­care dei titoli e dei temi come potreb­bero essere la disci­plina della cassa inte­gra­zione o dei licen­zia­menti o dei tra­sfe­ri­menti, senza indi­care anche in quale dire­zione devono andare le future modi­fi­che nor­ma­tive. Affer­mare ad esem­pio come dice la delega che il governo è auto­riz­zato a fare un decreto sull’ambito di appli­ca­zione della cassa inte­gra­zione signi­fica pur sem­pre dare una delega in bianco per­ché non si com­prende se quell’ambito di appli­ca­zione debba essere allar­gato o al con­tra­rio ristretto rispetto alla situa­zione attuale.

Così non baste­rebbe dire che il governo è auto­riz­zato a sta­bi­lire una nuova disci­plina delle san­zioni per i licen­zia­menti ille­git­timi se non si dice per quale tipo di licen­zia­mento e con quale tipo di san­zione, se mone­ta­ria, di rein­te­gra o ambe­due. Que­sta quindi è la pro­fonda ipo­cri­sia nel maxie­men­da­mento alla legge delega, quella cioè di met­tere l’uno vicino all’altro cri­teri diret­tivi effet­tivi per gli argo­menti di minore impor­tanza e invece dei meri titoli per quelli dav­vero deci­sivi onde con­sen­tire poi al governo di legi­fi­care a suo avviso.

Que­sto modo di pro­ce­dere è già stato stig­ma­tiz­zato dalla Corte costi­tu­zio­nale e porta a pre­ve­dere un’impugnazione siste­ma­tica dei decreti ema­nati non già sulla base di cri­teri diret­tivi ma con rife­ri­mento a un sem­plice «titolo». Que­sta cri­tica di fondo non toglie che comun­que il maxie­men­da­mento pre­veda anche alcune dispo­si­zioni più pre­cise e spo­ra­di­che, comun­que pes­sime, e ci rife­riamo in par­ti­co­lare a una cosid­detta nuova disci­plina delle man­sioni che fini­rebbe col ren­dere lecito il deman­sio­na­mento e dun­que il mob­bing, con l’alibi ricat­ta­to­rio della sua neces­sità per ragioni orga­niz­za­tive che in defi­ni­tiva lo stesso impren­di­tore definirebbe.

Viene altresì legit­ti­mata, sotto un’apparenza tec­ni­ci­stica, l’attività di con­trollo ossia di spio­nag­gio a carico del lavo­ra­tore. Con riguardo agli ammor­tiz­za­tori sociali la nuova inden­nità di disoc­cu­pa­zione di cui non è spe­ci­fi­cata né la durata né gli importi rispon­de­rebbe comun­que a un cri­te­rio asso­lu­ta­mente errato e cioè a quello della pro­por­zio­na­lità della durata dell’integrità all’anzianità di lavoro pre­ce­den­te­mente matu­rata. Que­sto signi­fica che l’annunciata appli­ca­zione dell’indennità di disoc­cu­pa­zione anche ai rap­porti pre­cari si ridur­rebbe a una sorta di bur­letta per­ché a una breve durata del con­tratto cor­ri­spon­de­rebbe una ancora più breve durata dell’indennità di disoccupazione.

Infine c’è l’ambiguità più grave e peri­co­losa che riguarda i con­tratti a tutela pro­gres­siva di futura intro­du­zione e il dilemma è que­sto: tutto quello che si dice e si pole­mizza circa l’abolizione o quasi abo­li­zione della rein­te­gra nel posto di lavoro in caso di licen­zia­mento ille­git­timo riguar­de­rebbe solo que­sti nuovi futuri con­tratti o tutti i rap­porti già in essere come è acca­duto con la legge Fornero?

Non c’è dav­vero da fidarsi per­ché la legge delega con­tiene una super­norma in bianco che è quella della reda­zione di un testo orga­nico «sem­pli­fi­cato» di disci­plina dei vari tipi di con­tratto e al suo interno potrebbe esservi dav­vero di tutto, a comin­ciare dall’eliminazione della rein­te­gra anche per i milioni di lavo­ra­tori che attual­mente godono di tale garanzia.

La vigi­lanza non è dav­vero mai troppa quando si ha a che fare con per­sone abi­tuate a dire e disdire, pro­met­tere e non man­te­nere, come il pre­si­dente Renzi. Con lui non si può mai essere «sereni».

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4 commenti

Elisa Zunino 12 Ottobre 2014 - 0:11

metafora azzeccata della situazione italia, gli italiani che lavorano vengono maltrattati come palle di biliardo. In ombra restano i vecchi furbetti. Direi che sono gli apparati della “vecchia” sinistra.

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Maria Voglino 13 Ottobre 2014 - 19:51

Il lavoro é il problema principale degli italiani, sia della persone di 50 anni che non hanno alcuna possibilitá di trovare un nuovo lavoro, sia dei giovani che hanno le stesse speranze che avevano i loro coetanei al tempo del medio evo. Renzi dice che é cambiato il verso ed ha ragione si torna indietro a prima della rivoluzione francese. É tra l’altro un governo di incapaci, ma furbi nel avere preso il potere.

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Valeria 30 Ottobre 2014 - 17:35

modernotà le stecche da biliardo vengono sostituite dai manganelli

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Eugenia 2 Dicembre 2014 - 16:11

nella società attuale tutti hanno diritti – soprattutto per consumare prodotti inutili, tranne chi lavora e la disoccupazione è la peggiore dall’unità d’Italia.

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