Il ‘bonus TV’ di Renzi. Aridanga (cit.)

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 5 gennaio 2018

Renzi non ha Piani B, conosce solo il Piano A dei bonus, degli sgravi, delle regalie settoriali. In sintesi paga il suo consenso invocando Pantalone. L’ultima genialata riguarda la TV: aboliremo questa odiosa tassa, dice. Poco importa che quei soldi siano necessari all’azienda pubblica, tant’è che almeno in una fase iniziale, non si sa quanto lunga, serviranno 2 miliardi di euro circa, di cui si addebiterà lo Stato, per surrogare il mancato introito. Un altro bonus, in sostanza: paghiamo con denaro di tutti il vuoto creato dalla cancellazione del canone televisivo. Sempre soldi nostri insomma, ma tolti dal bilancio pubblico. Ovviamente nuovi tagli alle spese dovranno garantire la presenza nei conti dei 2 miliardi di cui sopra, così che si tratterà di un gioco a rimpiattino che avrà, come fine recondito, quello di trasferire sul bilancio dello Stato la spesa dell’ex canone, lasciando nelle tasche dei cittadini (tutti, senza distinzioni di reddito) i loro soldi. L’ennesimo deflusso di risorse dal pubblico al privato.

La seconda genialata renziana è nell’idea di abbattere il tetto pubblicitario della RAI per ‘renderla più competitiva con Mediaset’. Ciò consentirebbe, un giorno, di riprendersi i 2 miliardi pubblici versati a babbo morto all’azienda a causa del mancato introito del canone. Questa ‘maggiore competitività della RAI’ comporterà di fatto una crescita dell’infarcitura di pubblicità che già adesso pervade il servizio pubblico. Con una conseguente diminuzione della qualità del prodotto. E così, quello che una volta era uno spauracchio (la RAI ridotta ad un’azienda tra le altre, schiacciata sul mercato, senza più finalità pubbliche effettive) oggi diventa realtà, per di più mascherata da una serie di pseudo scelte liberatorie e riformiste: niente più canone! innalzamento della competitività! più concorrenza con Berlusconi!. La solita mancetta agli italiani, insomma, lascia la Rai a se stessa, la mette sul mercato alla pari di altre imprese, la obbliga a scelte da azienda privata pur essendo di natura pubblica, la indebolisce invece di rafforzarla, producendo uno tsunami di pubblicità nei suoi programmi. Un’azienda già in crisi riceve, quindi, un’altra mazzata.

E tutto questo perché? Perché le battaglie renziane si fanno sempre coi bonus, in coalizione con Pantalone che paga (altro che la Bonino). Entro l’orizzonte ristretto del presente-presente, mai in prospettiva futura. Pure a costo di mollare il bilancio dello Stato, di abbandonare al loro destino le aziende pubbliche, di tagliare altre spese, di accrescere le regalìe. Mi chiedo: ma davvero Berlusconi sarebbe indispettito da questa scelta di tagliare il canone? Davvero sarebbe preoccupato dal fatto che la Rai non goda più di un’entrata fissa annua, che le consenta di tenere ancora il tetto pubblicitario più basso e dunque ridurre il flusso di spot nei programmi, tutto a vantaggio della qualità del prodotto? Anche lo spin renziano è sempre il medesimo: far apparire come gesti innovativi e coraggiosi quelli che sono solo, in realtà, delle teste chine. Si regalano soldi e risorse pubbliche, ma si presentano come una riscossa dei cittadini. Tutto qui, papale papale. Dico: volete ottenere consenso con i bonus? Fatelo. Ma senza tutta questa enfasi. Senza queste acrobazie dialettiche. Senza dirci che si tratta di un salmone quando è un pescetto rosso. Salviamo la dignità, almeno. Visto che il resto finisce sui banchi del mercatino elettorale.

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