Bersani replica a Marsilio che lo aveva relegato tra le ‘vecchie glorie’: “Io sono venuto in Abruzzo a spese mie, lei ha fatto chiamare 12 ministri a spese nostre” (Video)
“Marsilio mi ha chiamato ‘zio Bersani’? Io non mi offendo mica, questo è l’umorismo che hanno loro. È un sarcasmo che vuole essere sempre un po’ offensivo, però vorrei dire una cosa al presidente Marsilio”. Così a Dimartedì (La7) Pier Luigi Bersani esordisce nella sua replica a distanza al presidente della Regione Abruzzo Marco Marsilio, che, fresco di vittoria alle elezioni abruzzesi, ha lanciato attacchi contro il centrosinistra (“Schlein e Conte sono andati a zonzo per l’Abruzzo da due mesi. Ma quale vento sardo, Schlein ha fatto calare in massa tutte le vecchie glorie, da zio Bersani a nonno Vendola, non so chi altri potessero riesumare”).
“Caro presidente Marsilio – continua Bersani – intanto buon lavoro per la sua Regione. Poi vorrei dirle che io vado dove posso dare una mano con le mie idee, sia che si vinca, sia che si perda, non me ne frega niente. E ci vado liberamente perché, veda presidente, perché mi muovo a spese mie e dei miei compagni, non come ha fatto lei chiamando 12 ministri a spese nostre“.
L’ex segretario del Pd ribadisce di non essersi offeso e aggiunge: “Mi vengono rimproverate anche le radici politiche. Abbiamo sentito tutti l’intemerata del ministro Sangiuliano che ha gridato: ‘Sono tutti comunisti‘. Quest’uomo ha dei complessi, secondo me. Allora, innanzitutto se mi danno del comunista, purché specifichino che sono comunista emiliano e italiano, io non mi offendo – spiega – perché a me vengono in mente Berlinguer e Zangheri. A loro, i missini, può venire in mente Almirante o Rauti. Vediamo il contributo che hanno dato all’Italia questi qui. Se mi cercano, mi trovano su questo piano qui. Io sono emiliano e so di parlare con dei missini“.
E conclude: “Quando uno sente un ministro con quei toni lì, identici peraltro a quelli usati dalla stessa Meloni e dagli altri ministri arrivati in Abruzzo, si chiede: ma il profilo di chi governa può essere questo? Ho fatto anche io il ministro. Quando governi, son tutti figli tuoi, non puoi interpretare una sola fazione con questa aggressività. Ma fai un altro mestiere, allora, fai l’agit-prop. Oppure – chiosa – mettiti in libertà come me: io posso fare quello che voglio, perché non sono niente, non ho niente, non sono nessuno. Governassero questi. Io non ho mai fatto comizi così quando ero ministro, sia chiaro”.
Roberto Gressi per roma.corriere.it – Estratti
Che gran voglia, irrefrenabile, di tirare una sventola. Ti viene soprattutto quando hai avuto un po’ paura, e ti è passata grazie alla vittoria, e allora hai un bisogno fisico e incontrollato di liberarti, e ti parte la mano. Eccolo, Marco Marsilio, confermato governatore dell’Abruzzo con un robusto vantaggio, se non a furore di popolo: «Se ne sono andati a zonzo per la regione per due mesi, hanno messo in campo le vecchie glorie, compreso zio Bersani, non so chi altri potessero riesumare…».
Che poi andiamoci piano con gli zii. C’è lo zio Vanja, con Anton Cechov che ci fa riflettere sull’incapacità di essere felici. Lo zio Sam, che ti punta il dito e ti grida «I want you for U.S. Army», che ne ha fatte più di Carlo in Francia, ma ci ha pur liberati dal nazismo. Gli zii di Sicilia di Leonardo Sciascia, con la speranza del riscatto. Zio Paperone che si dispera: «Non posso continuare a perdere un miliardo al minuto! Così fra seicento anni sarò rovinato!». E poi zio Silvio, lo zio Fester Addams, e anche Grazie zia di Salvatore Samperi. E c’è perfino la giornata mondiale degli zii, che pare sia il 26 luglio.
Ma intanto la rasoiata è partita, con Pierluigi confinato da Marsilio sotto la voce «combattenti e reduci». Che ha da dire zio Bersani? «Intanto gli faccio gli auguri di buon lavoro — replica — pensi alla sua regione, soprattutto alla sanità pubblica, così malridotta. Io vado dove si vince e dove si perde, a dare una mano. Sono stato in Sardegna, in Abruzzo, a Foggia, in Alto Adige… E posso farlo liberamente, perché ci vado a spese mie, non come la calata dei ministri che sono andati a far campagna elettorale a spese nostre».
Su e giù per l’Abruzzo Pierluigi Bersani c’è stato, e gli hanno detto che lo portavano in giro come la Madonna pellegrina, e pure come Mosè. A Sulmona ha voluto precisare: «Io sono solo un riservista dell’alternativa, non sto qui a guidare il carro, ma lo spingo. Vengo a dire che i partiti sono gli affluenti, ma il fiume è l’alternativa a questa destra».
Che poi, ancora: «Questa destra ha la coda lunga, piena di revanscismo. Vista la Sardegna? L’appetito vien mangiando. Non sono strabordanti, c’è un risveglio. Io mi sento come il prosciutto nel panino… Che posso aggiungere? La mela è spaccata in due, il punto è essere concepiti come l’alternativa». E dal palco: «Potrei dire che è marzo, è tempo di migrare, cioè di andare alle urne, mica da restare qui a pettinare le bambole».
Sì, va bene, Bersani. Ma intanto in Abruzzo, come si usa dire, avete preso la sveglia. Il campo più che largo stavolta si è infranto contro la corazzata del centrodestra. «La partita è lunga, non sarà un ciclone, ma un bel venticello c’è», non si scoraggia Pierluigi. Ma si sente o no un vecchio zio portato a zonzo? «Che vogliamo farci? Queste battute rispecchiano il loro stile, sono vittimisti e aggressivi, sono slogan da Agit-prop».
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