Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Bersani e il PD
Alcuni amici di FB propongono di richiamare Bersani e rimetterlo al centro del progetto politico del centrosinistra e del PD. Di rimetterci nelle sue mani, insomma. Mi chiedo: stiamo parlando dello stesso Bersani che fu cacciato via dal PD al grido di “fuori fuori”? Del Bersani che è stato tradito da 101 militanti del suo partito in una circostanza istituzionale tra le più alte, l’elezione di un Presidente della Repubblica? E stiamo parlando del PD, di un partito che, alla prima occasione utile, rilancerebbe il grido di battaglia “fuori fuori” ancora contro lo stesso Bersani? Del PD che di lì a poco si sarebbe affidato alla “risorsa” Renzi, oggi indicato nei sondaggi come uno dei possibili eredi di Berlusconi? Un partito che non ha rinunciato e non intende rinunciare al proprio DNA (primarie, vocazione maggioritaria, leaderismo interno, “il vincitore la sera stessa del voto”, magari il “Sindaco d’Italia”)? Un partito la cui componente interna “riformista”, “liberale” è fortissima, si è già riorganizzata (alla faccia delle correnti), darà battaglia e già oggi sta tentando di logorare la Schlein? Un partito, infine, che per molti è sempre pronto ad avventure centriste con Renzi, Calenda, magari la nuova FI, e vede come fumo negli occhi Conte e 5stelle? Beh, se stiamo parlando di quel Bersani e di questo partito, io credo che l’ipotesi di riaffidarsi a lui (come poi?) sia davvero un’utopia, una boutade, uno scherzo legato all’afa. Capisco il carattere di provocazione contenuto nella suggestione, e il giusto e doveroso riconoscimento verso l’ex segretario del PD di Italia Bene Comune, contenuto nella proposta. Ma più di qui non andiamo. Questo PD non ha nulla a che fare con Bersani. Diciamolo.