di Gian Franco Ferraris – 18 marzo 2017
Incontro con Pierluigi Bersani ad Alessandria
A sentire Bersani erano presenti oltre 400 persone, in una sala molto più affollata del previsto. Per farsi un’idea precisa è meglio ascoltare direttamente i video, ma prima vorrei condividere le mie impressioni.
Bersani in passato ha detto più volte che bisogna ricostrure l’Ulivo e non ho mai capito bene cosa intendeva dire; ieri sera ha detto che quando il papa dice che bisogna ripartire dalle periferie significa che in gran parte del mondo cattolico c’è la consapevolezza che l’attuale sistema sta spingendo ai margini intere categorie sociali, secondo Bersani la missione della nuova formazione politica è di tenere sempre ben presente questo mondo che sta soffrendo e per far questo non bisogna costituire “la cosa rossa” della sinistra identitaria ma una sintesi tra la tradizione di sinistra e la parte del mondo cattolico che lavora nelle associazioni e nel volontariato a difesa dei più deboli; e su questo punto è stato molto convincente, cioè il rispetto delle tradizioni della sinistra coniugato con l’esigenza di costruire una forza politica nuova capace di affrontare i seri problemi dalla società di oggi, a partire dagli aculei di una globalizzazione non governata.
Parimenti è stato convincente sulla nuova forza politica: ha detto “ci mettono già nei sondaggi, però il bambino non è ancora stato battezzato”. Bersani sa che il suo ruolo adesso è di far nascere il bambino, ma per farlo crescere robusto è necessario un “cantiere” aperto a tutte le persone di buona volontà. E qui c’è un nodo da sciogliere: il bambino è appena nato e non è ancora pronto ad affrontare una competizione con le altre forze politiche. Qui Bersani è stato esplicito, non ci presentiamo alle amministrative e appoggiamo lealmente il governo Gentiloni, che almeno ha dei modi garbati. D’altra parte, se si ripetono episodi come quelli recenti di Lotti e Minzolini, c’è il rischio che tutto il ceto politico venga spazzato via dal popolo, anche noi che cerchiamo di ricomporre la frattura tra politica e cittadini.
Bersani ha ricordato che non è uscito dal PD perchè lo affendevano continuamente, ma piuttosto per l’atteggiamento di ostentato ottimismo sulla situazione economica dell’Italia, che è una vera offesa al popolo italiano martoriato dalla crisi. Tant’è vero che in questi tre anni di governo Renzi, nonostante le condizioni generali favorevoli (bassi tassi, basso prezzo del petrolio, ecc.) siamo riusciti a far aumentare il debito pubblico e non fare investimenti; un vero risultato!
Non a caso il nuovo movimento degli “scissionisti” si chiama articolo 1, per rimarcare l’importanza di rimettere al centro il lavoro. Per Bersani uno dei nodi cruciali da affrontare è la sanità, dove nonostante i progressi in campo medico, i medicinali salvavita sono in mano a poche industrie farmaceutiche che detengono i brevetti e, dati i costi elevatissimi di questi farmaci, si rischia di mettere in discussione il diritto alle cure per tutti.
Sulla globalizzazione, Bersani ha detto che all’inizio degli anni ’90 la destra reganiana invocava il farwest e la sinistra cercava di mettere qualche regola; ora che siamo in una crisi epocale, se non riusciamo a mettere in campo un’opzione di sinistra il rischio di un regresso generale dell’umanità diventa ben concreto, come il passaggio dalla belle èpoque al dramma della prima guerra mondiale. Per l’Italia la crisi è ancora più acuta, avendo perso dall’inizio della crisi il 25% della produzione industriale e il 10% di Pil.
Alla fine della serata il numeroso pubblico era soddisfatto e ha ricoperto di applausi Bersani e il senatore Federico Fornaro che lo ha intervistato, perchè tutti riconoscono a Bersani quel buon riformismo emiliano che non si illude di cambiare il mondo ma che cerca di far vivere le persone un pò meglio, attendo alle istituzioni democratiche.
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Guarda i video (in 5 parti) dell’intero intervento qui:
Parte I
Parte II
Parte III
Parte IV
Parte V
1 commento
La parola politica viene invocata con tanti aggettivi che vogliono ammantare il ruolo di chi la esercita nascondendo le vere ragioni delle loro azioni. La politica e definita alta, nobile, appassionata, alimentata da un sogno, da un obiettivo, da una utopia. Ne corso della mia vita ho sempre assistito alla politica fatta da schieramenti in battaglia per fare emergere le ragioni delle loro ideologie. Un paese fondamentalmente cattolico è stato assalito dall’ideologia comunista che ha soppiantato la vera politica sociale del socialismo. Ricordo gli anni dopo la seconda guerra mondiale, i comunisti venivano a fare i comizi nei cortili. Gli oratori al lume di una lampadina appesa inneggiavano al comunismo con il megafono. Togliatti viveva a Mosca. I cittadini alessandrini si stringevano attorno al loro sindaco Basile. L’amministrazione comunale all’ora pensava a fare stare bene i cittadini creando scuole favorendo il lavoro in ogni settore. Borsalino faceva Cappelli per tutto il mondo e durante le crisi adoperava i suoi operai per fare opere pubbliche. Ognuno si stringeva l’uno all’altro per ricostruire la nostra città. Il sindaco faceva da collante con tutte le categorie. Poi sono arrivati i comunisti che hanno incendiato le menti con il comunismo. Il lavoro per tutti deve essere un diritto. Non una necessità. Così hanno rotto il giocattolo che funzionava, con l’illusione di costruirne un altro. Non riuscendoci ci hanno trascinato ad uno scontro continuo inconcludente. Bene, ancora oggi siamo qui a combatterci con chi vuole realizzare un sogno antico e chi lo vuole impedire. Quando con “mani pulite”, sembrava aver dato al PCI via libera, è nato FI che si è opposto fieramente e con grande vigore rompendo quel poco che faceva funzionare la nostra società. Ora siamo ancora qui con chi ci vuole portarci a sognare una società migliore contro coloro che non se la sentono di sognare, perché hanno gravi problemi di sopravvivenza senza avere una rappresentanza politica che li aiuti a venire fuori dalla palude in cui sono stati cacciati da politiche capitalistiche grette e miope. Esse hanno inciso solo sul mondo del lavoro. Abbiamo un capitalismo, che come una mignatta si è attaccato alla politica per sopravvivere penalizzando il mondo del lavoro e non facendo nessun investimento per invertire la situazione di precarietà in cui ci troviamo. L’unica risorsa che ci fa andare avanti è il debito pubblico. Ma vi pare che sia ancora il caso di discutere sulla Costituzione, oppure se non è il caso di individuare chi sia in grado di prendere coscienza delle reali risorse disponibili e che possa attivare azioni, con l’aiuto di tutti per riorganizzare una società civile democratica fondata sul lavoro di tutti, in modo di poter guardare il futuro con maggiore consapevolezza dei problemi che si ammassano ai nostri confini?