Fonte: Il Simplicissimus
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di Anna Lombroso per il Simplicissimus – 6 dicembre 2015
Ma no, non è mica vero che abbiano gettato una colata di asfalto sulla Via dei Fori Imperiali pedonalizzata per rendere meno impervia la marcia trionfale di carri armati, cannoni, tank, panzer, droni su agevoli carrelli, come si addice a tempi di belligeranza moderna, dinamica, globale, ma al tempo stesso nostalgica, o invidiosa, di altre parate, di altri condottieri, da Carlo V a Hitler.
No, si tratta di altro conflitto, quello dove vincono sempre il profitto, la speculazione, lo sfruttamento di uomini trattati come merci, di ambiente trattato come prodotto che è possibile deteriorare, di risorse trattate come plastica, quella che non muore mai, che si può sprecare e dissipare. E quell’asfalto serve per far passare e sostare altre macchine micidiali, impastatrici, perforatrici, che servono a una di quelle megalomanie perlopiù inutili, sempre dannose per pressione, costi, potere di catalizzare malaffare, corruzione, stravolgimento di regole e governo del territorio.
Della Metro C ho già parlato qui https://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2015/12/04/se-proprio-vuoi-spari-va-in-metro-c/, citandola come sperimentazione esemplare della Legge Obiettivo, pensata e adottata appunto per rendere “legali” sprechi e corruzione, per tacitare le istanze sociali grazie all’ineluttabile regime delle emergenze, consolidando l’egemonia dei soggetti privati rappresentati dal contraente generale. Ma sono costretta ad aggiornare le mie lagnanze: chiotti chiotti, svelti svelti i patron dell’interminabile Matro C hanno steso un bel manto di asfalto sulla Via dell’Impero e malgrado le interrogazioni rivolte al ministro Franceschini, tuttora non si sa se i “serci”, gli storici e tradizionali sampietrini, siano stati ricoperti come il Mottarello o divelti. Si sa solo per sentito dire che, nel segno della continuità con l’istinto educativo e pedagogico del regime, l’intervento è stato fatto per il “loro” bene, per proteggerli o conservarli mentre alacremente prosegue la realizzazione della tratta di metropolitana, della quale, come è stato annunciato nei giorni scorsi, sono stati interrotti i lavori, tanto per aggiungere una nota di umorismo demenziale a una faccenda che registra elevati livelli di follia devastatrice.
Subito tutti a dire che è colpa di Tronca, della smania di trasferire a Roma i metodi disinvolti e sbrigativi dell’Expo, di una sensibilità per il patrimonio artistico resa flebile dal pragmatismo di rito ambrosiano. Magari fosse così, sarebbe una rivincita sia pure irrisoria, sulla capitale morale. Invece proprio il Campidoglio fa sapere che si tratta di una scelta meditata, che risale al 2013, quando venne approvato il progetto, che, vale la pena di ricordarlo, prevede “l’ampliamento delle aree di cantiere, con conseguenti spostamenti dei marciapiedi al fine di mantenere la larghezza della carreggiata, utile al transito dei mezzi nell’area”. Insomma sarebbero “le puntuali prescrizioni progettuali” a disporre che l’asfalto venga steso provvisoriamente “al fine di proteggere i sampietrini e poi immediatamente rimosso alla fine dei lavori”, immediatamente, anche questo termine rientra nel repertorio cabarettistico dei promotori delle grandi opere incompiute, e chi ci dice che sia una disgrazia.
Certo è che tutto questo ci riporta alla fretta – che nei lavori della Metro C rivendicati come un successo personale, trova una spiegazione – alla faciloneria, all’improvvisazione propagandistica che ha connotato l’operazione di pedonalizzazione dei Fori, scattata repentinamente senza che, come ammise l’assessore di allora, fossero stati compiuti studi, simulazioni, analisi dei flussi di traffico. Qualcuno ricordò allora Einaudi che sosteneva “conoscere per decidere”, Marino dixit “decidere per conoscere”: e infatti l’operazione venne presentata come una sperimentazione, da sottoporre a pratica empirica, con vincoli da estendere via via per limitare il passaggio di mezzi privati e poi dei taxi, lasciando però licenza di inquinare e pesare a bus e macchinari edilizi. E soprattutto rinviando le decisioni davvero qualificanti, quelle necessarie a fare della zona la più grande area archeologica del mondo, inserita in un contesto metropolitano, comprendendo il Palatino, il Circo Massimo, ora retrocessi al lato B dei dischi di vinile, come mi è capitato di scrivere qui https://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2013/08/08/strafori-imperiali/assediati dalle auto dirottate incoscientemente là, dove sono bene accetti gruppi musicali, feste della Magica, fiere di strapaese. E dove, è notizia di questa estate, purtroppo ricicciata, come si dice qui, in occasione del velocissimo stanziamento di fondi ad hoc, ci si appresta a realizzare la più prestigiosa area di ristoro del mondo. Eh si, perché con una audacia spericolata il Soprintendente speciale per il Museo di Roma, il Colosseo e l’Area archeologica di Roma Francesco Prosperetti, non sogna altro che di spostare la biblioteca a Palazzo Altemps per “utilizzare quel piano con una bellissima terrazza per offrire servizi ai visitatori del Palatino, che è un luogo bellissimo ma non offre nessun confort a chi lo visita».
Il Prosperetti insomma vuole sostituire i camion bar, nefandi si, ma almeno mobili, con una bella struttura fissa, perché trova incredibile, sono le sue parole, “che si possa pensare di far camminare per ore il turista sotto il sole tra Palatino e Fori senza dargli la possibilità di un punto dove ristorarsi, riposarsi ed avere informazioni, bisogna pensarci e fare qualcosa di concreto al più presto», utilizzando il secondo piano e la terrazza dell’Antiquarium nel luogo più panoramico della città e nel luogo più bello del mondo, per farne “il ristorante più indimenticabile e suggestivo del pianeta”.
Questa si che è organizzazione strategica, viene da dire. Basta con quelle iniziative occasionali: dare in prestito Ponte Vecchio, Santa Maria dei Miracoli per cene e convention, Castel Sant’Angelo per la Mille Miglia, il Museo di Orsanmichele, quello che costa meno, per presentare un prodotto editoriale, la Galleria Palatina per un convegno, la Gipsoteca per far sfilare push up. E basta anche con le Hosterie, er buiaccaro, i luoghi topici della carbonata, della coda, alla vaccinara, dalla pajata, siamo o non siamo nel suk globale? Al ministro, a Prosperetti, ai loro “mecenati” di riferimento si addice ben altro, qualcosa come “Ancient Aperitif in Rome”, sic, per “viaggiare nel tempo con l’unico aperitivo antico in un sito archeologico originale”, che nella fattispecie è Piazza Navona, con la vicina chiesetta di Santi Apostoli, dove vengono allestiti simpatici stuzzichini, e con i dintorni per happy hour archeologici, rinascimentali, barocchi. Qualcosa che impari la lezione dell’Expo, da affidare a Farinetti e ai masterchef di governo.
Tremo pensando all’allestimento del roof garden sul Palatino, al suo nome, che sarà sicuramente Very bello, all’idea che si è fatta del nostro Bel Paese il nostro ceto dirigente, che lo scambia per l’omonimo formaggio su cui avventarsi come topi famelici.