di Alfredo Morganti – 20 marzo 2016
Renzi, al congresso dei giovani democratici, ha spiegato che governa con Verdini, Alfano e compagnia cantante perché, dice, abbiamo perso le elezioni. Se le avessimo vinte, adesso governerebbe, lui dice, ‘da solo’. Be’, non c’è modo peggiore per motivare delle alleanze di governo. Non ci si allea perché, pur sconfitti, si intende comunque governare da perdenti. No. Ci si allea sulla base di un programma minimo, un tempo ragionevole, degli obiettivi precisi. Soprattutto se gli attuali alleati sono stati (lui dice) avversari elettorali. Poi ci si saluta e si va a nuove elezioni. E invece il governo Renzi, per ammissione del premier, è un governo di legislatura, che vuole arrivare sino al 2018. Non solo. L’attuale premier ha già scalzato senza alcuno scrupolo da Palazzo Chigi un presidente del Consiglio del suo stesso partito, e dunque non era affatto necessario che lui si facesse garante della legislatura quando già altri lo stavano facendo, peraltro con alleanze più chiare e obiettivi più trasparenti delle suoi.
Il vecchio Berlinguer (che non mi stancherò mai di citare) non motivò la non-sfiducia e poi il voto favorevole del Pci al governo dicendo: abbiamo perso, ma volevamo governare comunque. No. Le motivazioni furono più serie, circostanziate, collegate al contesto storico, politico, economico, all’emergenza terrorismo. Si possono condividere o meno, ma sono del tutto esterne rispetto alla psicologia di chi le pronunciava. Con Renzi siamo invece all’introspezione mentale, alla fase dello specchio, al narcisismo, e tutte le cagioni della sua presenza a Palazzo Chigi sono semplici, racchiuse in questa banale motivazione (praticamente una confessione): volevo stare qui, a capo del governo, e se non prendevo voti e favori da Alfano e Verdini mi toccava rimanere a fare danni a Firenze. Quando vincerò, farò tutto da me, vedrete. E sembra una minaccia, visto la quota enorme di potere che gestisce già oggi, da ‘perdente’. Prefigura una specie di repubblica sudamericana. Dio ce ne scampi.
Detto ciò, è chiaro a tutti quanto Renzi sia più affine a Verdini di quanto non lo sia a Bersani, per dire. Ciò inficia tutto il ragionamento del premier, e mostra come l’attuale maggioranza di governo sia ben più omogenea di quanto non sembri, e di come quelli che oggi lo appoggiano (Verdini e Ala) non siano stati davvero i suoi ‘avversari’ di governo, ma una bella combriccola di potere, che oggi continua a fare bisboccia politica. Il PD forse aveva non-vinto. Ma Renzi, visto l’attuale andazzo, aveva in realtà trionfato, perché il suo spettro di alleanze (politiche, sociali, personali, e soprattutto personali) era ben altro da quello del PD di allora, e di ‘Italia bene comune’. E oggi il suo governo quelle alleanze politiche e personali le rispecchia appieno. Non deve giustificarsi affatto, quindi. Lui aveva vinto. E dunque #stiasereno.