Autostrade, la colpa è di D’Alema?

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: vari

 

Carlo Cini: Con un neurone di D’Alema ci vengono 10 cervelli completi di Toninelli

 

D’ALEMA: TUTTO INIZIATO CON IL MIO GOVERNO? SOLO PROPAGANDA

Dal “Corriere della Sera”

Così l’ ex premier Massimo D’ Alema risponde al ministro delle Infrastrutture che ha parlato di «grande banchetto» sulle autostrade «iniziato nel ’99 con il governo D’ Alema»:

<< All’epoca del mio governo, l’accusa che ci veniva rivolta non era di aver privatizzato Autostrade, ma di non aver privatizzato anche ENI, ENEL e Finmeccanica. Toninelli ci dà atto di aver fatto una gara corretta per assegnare la concessione, il resto non va chiesto a me. Non fu il mio governo a consentire ai Benetton di salire dal 30% al 60%, nè a garantire la possibilità di aumento automatico delle tariffe. Non pretendo che di tutto questo sia a conoscenza Toninelli, ma la verità non può essere stravolta. La società che noi privatizzammo non era un asset strategico e nemmeno una gallina dalle uova d’oro, basta andare a vedersi i bilanci dell’epoca. Gli extraprofitti sono arrivati grazie agli aumenti dei pedaggi, garantiti dal voto anche di Salvini e della Lega.>>

ecco l’audizione di Toninelli come riportato da Huffingtonpost:

Danilo Toninelli sceglie la linea della prudenza per la prima volta del governo in Parlamento dopo il crollo del ponte a Genova

di Giuseppe Colombo su huffingtonpost.it – 28 agosto 2018

Nessun processo ai politici, se non un riferimento al governo di Massimo D’Alema, che ha operato comunque dentro le regole. L’appello all’unità di tutte le forze politiche “senza distinzione di appartenenza”. Il governo gialloverde si presenta per la prima volta in Parlamento dopo tredici giorni dal crollo del ponte Morandi a Genova e attraverso il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, sceglie la linea della prudenza. Niente fuoco e fiamme. Un atteggiamento cauto che non è piaciuto alle opposizioni, compatte nel protestare contro le mancate risposte sugli impegni e le promesse dell’esecutivo, a partire dalla tanto sbandierata nazionalizzazione della rete autostradale.

Dal Pd a Forza Italia, passando per Fratelli d’Italia, il coro delle proteste è trasversale. “Non sappiamo chi ricostruirà, se si farà la Gronda, se nazionalizzeranno, se salveremo i mutui. A cosa è quindi servita questa audizione? A nulla”, chiosa Emanuele Fiano. Alessia Morani incalza il ministro in quota 5 Stelle con una raffica di domande e denuncia: “Nell’intervento di Toninelli neanche una parola sulla ricostruzione del ponte, sulla realizzazione della Gronda e sul futuro di famiglie e imprese di Genova e della Liguria. Solo propaganda”. Giorgia Meloni: “Sulle concessioni autostradali il governo è in confusione totale. Il ministro Toninelli smentisce Di Maio sulla nazionalizzazione della gestione delle autostrade lasciandosi aperte tutte le strade”.

Quasi tre ore di quesiti nella sala Mappamondo gremita di parlamentari. Quando tocca a Toninelli replicare scoppia il caos: mugugni, brusii, urla. Il presidente di turno, che dirige i lavori della commissione, deve intervenire più volte per richiamare i deputati e i senatori del Pd che protestano. Toninelli riparte dalla narrazione del suo intervento iniziale e quindi dai meriti che il governo si autoassegna in termini di trasparenza e volontà di cambiamento. Quando il ministro termina di parlare la dem Alessia Rotta protesta: “Non ha detto nulla sul futuro di Genova, l’audizione non può finire così, Toninelli deve dare delle risposte”. Il ministro resta in silenzio. Poi il presidente di turno lo toglie dall’imbarazzo alzandosi in piedi e ripetendo al microfono che l’audizione è terminata. Le proteste continuano con i microfoni che però sono spenti. Sipario.

Al netto delle proteste, la relazione di Toninelli, ricca di numeri e considerazioni annesse, ha puntato il dito contro Autostrade per l’Italia, sempre più il nemico numero uno del governo. L’espressione usata, “i signori delle autostrade”, è emblematica del grado di deterioramento dei rapporti tra l’esecutivo e il concessionario. “Nel 2016 – tuona il ministro – i ‘signori delle autostrade’ hanno fatturato quasi 7 miliardi. Di essi, 5,7 miliardi derivano dai pedaggi autostradali. Allo Stato sono tornati appena 841 milioni. Nel frattempo, dati del mio ministero, gli investimenti sono calati del 20% rispetto al 2015 e per la manutenzione si sono spesi appena 646 milioni, il 7% in meno rispetto all’anno prima. Esistono altri modelli in Europa, che a nostro avviso funzionano molto meglio del nostro”. Fuori dai numeri il ragionamento è lo stesso degli scorsi giorni: leggi sbagliate e favori da parte della politica hanno portato i concessionari, come Autostrade per l’Italia, a fare il bello e il cattivo tempo, aumentando le tariffe invece di diminuirle e ottemperando in malo modo ai lavori di manutenzione.

Il j’accuse nei confronti di Autostrade per l’Italia si arricchisce oggi di un nuovo elemento, quello della pubblicazione integrale sul sito del ministero dei Trasporti di tutte le convenzioni, allegati compresi. Decisione che arriva a poche ore da quella messa in campo da Aspi, in una sorta di rincorsa alla trasparenza che rimette di nuovo il governo e il concessionario muro contro muro.

Il riferimento alle responsabilità della politica è invece vago. Secondo Toninelli il virus che ha infettato le autostrade, aprendo la strada “all’immenso business dell’asfalto per i privati”, ha iniziato ad agire in una data precisa: il 1999. In questo modo il governo aggiorna e retrodata la sua catena delle responsabilità. “Con il governo D’Alema – incalza Toninelli – inizia l’immenso business dell’asfalto per i privati. I giornali dell’epoca parlarono di ‘volata in solitaria di Benetton’ per prendersi il 30% di Autostrade dall’Iri. Il grande banchetto – tutto secondo le regole, precisiamolo – poteva avere inizio”. Orologio delle responsabilità indietro all’anno della “grande privatizzazione”. Un altro tassello di una colpa che secondo i 5 Stelle si annida nella politica portata avanti dal centrosinistra e dal centrodestra, ma l’accusa non è diretta né dirompente. Anche il riferimento a D’Alema, infatti, è condito da precisazioni e cautele, e comunque viene rimarcato dallo stesso Toninelli che le decisioni assunte dal governo nel ’99 si inserivano in quadro rispettoso delle regole.

La prudenza di Toninelli è anche negli impegni che il governo metterà in campo. La nazionalizzazione resta un tema con un grande punto interrogativo, intriso anche della contrarietà dell’alleato al governo, cioè la Lega. L’unico upgrade è quello sulla ricostruzione del ponte e l’aggiornamento arriva solo dopo le domande dei parlamentari. Sarà Fincantieri, con Cdp, a occuparsi della ricostruzione del viadotto crollato lungo l’A10 Genova-Savona, assicura Toninelli, omologandosi così all’indicazione arrivata da Luigi Di Maio. “A rifare il ponte – ha detto il vicepremier – dovrà essere per me un’azienda di Stato. Il fatto che sia Fincantieri, con Cassa Depositi e Prestiti, a occuparsi della ricostruzione permetterà allo Stato di avere un controllo molto forte su tutto il processo”. Ma nel territorio ligure, dove governa il forzista Giovanni Toti, la valutazione è molto differente. “Il ministro Luigi Di Maio sa bene che al di là delle chiacchiere quel ponte è ancora oggi nella concessione di Autostrade. Quindi è Autostrade che deve pagare la ricostruzione e presentare un piano lavori”, afferma il presidente della Regione Liguria.

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