ATTACCO SVENTATO
Questo racconto molto datato appartiene all’archeologia della Intelligenza Artificiale. Si potranno scorgere letture di fantascienza e mondi distopici, preoccupazioni per gli scenari di Orwell e G. Wells, passioni per l’ecologia della mente e per la pragmatica della comunicazione umana. Un esercizio soggettivo sulle parole in voga in quegli anni. Lo scrissi a conclusione della mia collaborazione al Quindicinale napoletano Città&Città nel maggio del 1984.
ATTACCO SVENTATO.
Sbarcai per ultimo dall’aliscafo. Vestivo un vecchio abito di lino e il mio inseparabile Panama. Salutai il marinaio che era stato mio studente anni addietro e che si era avvinghiato a me come un rampicante a raccontare certe sue storie. Avevo continuato a tenere inserite le mini cuffia a basso volume, con nonchalance mista a distrazione come quando mi infastidivo per essere riconosciuto. Riposi il fascio di fotocopie e le riviste nella logora borsa di pelle, inciampai nella passerella a causa dei vecchi mocassini incamminandomi verso il varco controllo. Mentre inserivo la tessera magnetica di riconoscimento, mi dovetti sforzare per tenere in alto le cuffie e il tape con la conferenza registrata sotto il cappello. Non volevo correre rischi inutili dopo l’esperienza di Max che si era visto cancellare tutti i nastri al passaggio del metal detector.
Il rumore di fondo elettronico del livello II mi accoglieva come una presenza familiare, un misto di archetipi ed ossessioni con cui intrattenevo da tempo un gioco al rialzo. Cominciai a percepire l’azione combinata dei messaggi distribuiti da un mare di terminali e colti a caso dalla scansione mentale. Anche se ero stanco di tre ore di aliscafo la vacanza nell’isola del silenzio mi aveva rasserenato. E poi l’idea dell’appuntamento telefonico delle dieci di sera mi incuriosiva eccitandomi. Il telex parlava chiaro: lei è una delle persone scelte dal nostro computer per una offerta reciprocamente favorevole. Firmato: Unità elaborativa dei manuali di sopravvivenza. Mentre il terminal correva senza fermate intermedie verso il Centro Intelligente vedevo procedere lenti nella corsia omnibus i pullman dei bagnanti della zona nord stracolmi di gente accaldata. Ero appena arrivato e già sentivo le Voci che facevano turbinio nella mente, onde di un erotismo senza fine. Insieme ad immagini e colori erano suoni e parole ancora sconnesse e con evidenti proprietà inerziali. Forse “pensandole” le domino, mi dissi mentalmente. Fibre ottiche. Simulazione. Banca dati effimero. Paradigma e metropoli. Ordine dal disordine mediante fluttuazioni. Macchine metaforiche. Mare di messaggi. Flussi indicatori dell’immaginario. Fractalia. Equazione maestra. Ossessione madre.
Arginai quel fluire che diveniva impetuoso mentre affioravano le prime bibliografie come fantasmi battuti a macchina. Ma mi bastarono pochi esercizi per tornare in uno stato di riposo. Il terminal era fermo all’incrocio con le Precedenze Assolute e ne approfittai per sedermi e togliere il cappello. Di fronte a sguardi meravigliati recuperai imbarazzato il nastro che portavo ancora sulla testa e riattaccai le cuffiette. Erano disturbate ora che passavamo vicino all’antenna del Dipartimento Codici e Discipline. Più avanti, presso la Prefettura intercettai la voce del funzionario di turno che segnalava alle Volanti della zona Esta i primi scontri per via del Mega Concerto.
Guardai l’ora o, meglio, l’angolo tra le due lancette dell’orologio da tasca. Fissazione infantile, in cuor mio odio gli orologi a cifra. Erano le 20 e 55, avevo giusto il tempo di cenare qualcosa e correre a casa per la telefonata. Scesi alla fermata del Serraglio, nei pressi del ristorante &&&&, dove almeno c’è l’aria condizionata, i videogame e l’edicola notturna. Quando entrai nell’appartamento erano da poco passate le 21 e tre quarti, mi spogliai velocemente e misi su un disco che faceva capolino con la sua copertina bizzarra. Mi infilai sotto la doccia lasciando aperta la porta per sentire la musica. Avevo appena cominciato ad asciugarmi quando il telefono squillò nello studio. Corsi a piedi nudi, alzai il microfono collegato con il tape….ma la linea risultava libera. Diedi allora una occhiata al video mentre la suoneria annunciava una seconda chiamata. Solo allora mi accorsi che era una video chiamata: il trillo acustico modulava i colori nella visione sintetica, mentre l’audio era disturbato. Ero ancora avvolto nell’accappatoio, mi sprofondai nella poltrona di fronte e attivai la risposta pasticciando un po’ col telecomando. Sul video apparve una mobile immagine prodotta elettronicamente, una grafica programmata dal calcolatore. Deve costare parecchio, pensai, una grafica così richiede un software elaborato, chissà chi è e chi paga.
PRONTO? PRONTO? È IL DOTTOR ZWANZIG?
Seguì una brevissima colonna sonora sintetica. La voce era femminile e sconosciuta, nel riquadro luminoso cominciò a lampeggiare la scritta: telefonata proveniente da MITO abbonato telematico 824 Z7963541. Esitai a rispondere ancora, catturato dal video, e la Voce di lì a poco ripetette uguale: PRONTO? È IL DOTTOR ZWANZIG? La musichetta era uguale a prima, sembrava un segnale. A chi apparteneva quella voce? A una persona reale, a una donna, oppure un vocoder istruito da programma? Nel II livello, quello a me consentito, non era ancora sviluppato il sistema di pensare con tutto il corpo. Io stesso vi attendevo da anni con risultati ancora modesti. Lavoravo allora sulle video registrazioni che mostravano la commutazione di espressione che avveniva, a livello degli occhi, quando veniva trovata la condizione ottimale al centro della testa. Dunque, era una telefonata registrata, su questo non c’erano dubbi. Ne avevo sentito parlare al Centro Droghe Linguistiche al margine di una conferenza stampa sulla seconda generazione di robot sensoriali. Evidentemente era un modello sperimentale programmato per interagire come una registrazione attiva.
SONO IO. CHI È AL TELEFONO? Risposi infine.
MI CHIAMO EVA MARIA E SONO UN PROGRAMMA COMPILATO DAI NOSTRI ESPERTI DI INTELLIGENZAE ARTIFICIALI. L’UNITA’ CENTRALE DEL II LIVELLO PENSAVA DI SOTTOPORLA A UNA VIDEO INTERVISTA.
LA SUA UNITA’ PENSA MALE! La mia risposta fu decisa, mi sentivo diffidente. Scartai rapidamente altre possibili risposte derivanti da una lettura più emotiva dell’avvenimento, e mi predisposi al dialogo interattivo per saggiare le mie capacità di reazione ad eventi telematici. Era venuta l’occasione, gli allenamenti Zen potevano servire ad accettare l’incontro. Occorreva innanzitutto spegnere il video e la telecamera di reciprocità, ci potevano infatti essere dei linguaggi visivi subliminali che ancora non controllavo. Allora li disattivai mentre cercavo di favorire il maggior flusso di sangue al cervello.
AVEVAMO PREVISTO QUESTE MOSSE, continuò imperterrita la Voce. IL NOSTRO E’ UN PROGRAMMA INTERATTIVO SENSORIALE. ORA È CHIARO AD ENTRAMBI CHE LEI CONOSCE ALCUNE REGOLE DEL GIOCO. VOLEVAMO SOLO SCAMBIARE ALCUNE IMPRESSIONI SUL CODICE DI SIMULAZIONE PER GLI ALLACCIAMENTI NEL SECONDO LIVELLO DOVE LEI OPERA. SAPPIAMO CHE NE È A CONOSCENZA: SI TROVA IN MODELLI MENTALI IN SUO POSSESSO.
Aspirai un paio di boccate da una sigaretta e decisi di tentare una prima mossa per saggiare il terreno. LE REGOLE DI QUESTA TELEFONATA VOGLIO CONOSCERLE ANCHE IO! PASSO E CHIUDO!
Avevo preso a disegnare analogicamente il profilo dei vortici di fumo e ascoltavo una musica rilassante. Mentre attendevo una nuova sortita della Voce mi sistemai a gambe incrociate sul tappeto e strinsi la cintura dell’accappatoio.
IL DISPOSITIVO K207 ANALIZZA ELETTRONICAMENTE LE SUE RISPOSTE ACUSTICHE, NE LEGGE I MESSAGGI FINO A GRADI PROFONDISSIMI E LI CONFRONTA CON REGOLE PRESTABILITE DEL PROGRAMMA E 506. LA CONOSCENZA DELLA SORGENTE E’ STATISTICA COME DA INDAGINE DI MARKETING. SONO AMMESSE LE DOMANDE FORMULATE IN UNIVERSALE MACCHINA. SI RICORDI CHE E’ UN PROGRAMMA SPERIMENTALE E CHE LO STIAMO PROVANDO SU UN CAMPIONE DI UTENTI.
Non mi era sfuggito che la Voce avesse taciuto le regole di elaborazione dell’immagine poiché la comunicazione video era interrotta. Avevo una conoscenza approssimativa di quei codici e quei dispositivi, ma ormai ero in gioco. Il rischio che correvo ad interrompere del tutto la comunicazione era eccessivo, se l’intuito non mi ingannava. Dovevo piazzare la mossa vincente. Iniziai la respirazione corretta, assunsi la disposizione del corpo in perfetto equilibrio con i due emisferi e mi trovai in uno stato al di là del linguaggio. Al momento opportuno riaccesi video e telecamera e trasmisi un messaggio il seguente koan in un linguaggio adatto alla unità di Eva Maria:
CHE COSA ERA LA TUA FACCIA ORIGINARIA, QUELLA CHE AVEVI PRIMA CHE I TUOI GENITORI TI METTESSERO AL MONDO?
La risposta video-sonora di Eva Maria tardò un poco a venire.
LA FORMA IRRAZIONALE DELLA ENUNCIAZIONE E IL CONTENUTO PARADOSSALE DI QUESTI ED ALTRI QUESITI SIMILI RENDONO IMPOSSIBILE LA LORO SOLUZIONE CON IL RAGIONAMENTO E LA POTENZA DEL CALCOLO ATTUALE, gracchiò la Voce.
Poi migliorò nettamente il tono, ma il video sembrava impazzire.
RICONOSCO TUTTAVIA UN MESSAGGIO DI ORDINE SUPERIORE. COME VEDI, LA RISPOSTA CHE STO RAFFIGURANDO SUL VIDEO È TUTTO UN INTRECCIO DI ANALOGICO E DIGITALE, CON LE LORO INCERTE ALCHIMIE, IL LORO FONDERSI IN ONDE E QUANTI CONTEMPORANEAMENTE, LE LORO COMBINAZIONI FINISSIME.
Avevo colto più di una esitazione nei morfismi delle figure e nelle inflessioni della Voce. Allentai la tensione mentre mi sorprendevo a pensare: a che ora esci stasera? Ma fu un attimo, emisi un sospiro profondo e ritrovai nuove armonie con la musica e la poltrona. Eva Maria riprese:
ORA FACCIO IO UNA DOMANDA. NON SO CHE MI È PRESO. AH! TI PARLAVO DI UNA INTERVISTA SUI CODICI DI SIMULAZIONE. POTREMMO SCAMBIARCI CODICI CLANDESTINI, TAVOLE SINOTTICHE ORIGINALI.
Ero pronto a spedire un secondo koan con le stesse modalità.
NON CONOSCO NESSUN CODICEDI II LIVELLO, SEI MALE INFORMATA. QUANTO ALL’INTERVISTA, NON CI TENGO AFFATTO AD ESSERE INTERROGATO DA UN CALCOLATORE. SE PERMETTI TI FACCIO UN’ALTRA DOMANDA.
PUOI PRODURRE IL SUONO DI DUE MANI CHE BATTONO INSIEME. MA CHE COSA È IL SUONO DI UNA MANO SOLA?
Si spense il video, cadde l’audio, la linea risultava libera. Il software di controllo non aveva tollerato un’altra intromissione nel corpo del calcolatore! Ero soddisfatto, potevo respirare liberamente ora. Mentre mi rivestivo, mi accorsi di essere alquanto intorpidito, qualche messaggio non propriamente amichevole si era filtrato. Squillò di nuovo il telefono.
PRONTO? FINALMENTE! MA DA QUANDO SEI TORNATO? È UN SECOLO CHE CHIAMO E TROVO SEMPRE OCCUPATO. CON CHI STAVI PARLANDO?
Era Giada, l’amica del cuore! Scambiò la mia prudenza per imbarazzo e sensi di colpa.
VEDI, MI HA CHIAMATO EVA MARIA, È UN PROGRAMMA DEL CALCOLATORE. HO FATICATO A DISIMPEGNARMI.
A CHI VUOI DARLA A BERE? TI SEMBRA ORA DI RICEVERE TELEFONATE? ECCO CHE TI SEI DIMENTICATO DELL’APPUNTAMENTO AL SINSEMILLAS.
Il rumore del locale era adatto per poter cominciare muovendo appena le labbra. Spiegai che la video-chiamata era stato un tentativo di controllo se ero regola con i collegamenti ai video terminali.
CI RIPROVERANNO, SONO SICURO. PER QUESTA VOLTA È ANDATA BENE.
(1984)
Note: I koan sono concepiti proprio allo scopo di sospendere il processo di elaborazione e rendere la persona pronta per esperienze non verbali della realtà. A questo scopo non servono argomentazioni ma paradossi e azioni sconcertanti. La posizione zazen che assunsi, osservata dalla telecamera, contribuiva anche essa a confondere il programma.
FILOTEO NICOLINI