Assiri e cretesi (II) Creta. Un percorso di civiltà non proseguito

per tonigaeta

di Antonio Gaeta, 27 novembre 2018

Platon era stato per molti anni sovrintendente alle antichità di Creta e quando decise di divulgare i risultati delle ricerche archeologiche, scrisse: «Fin da principio furono fatte scoperte sorprendenti ! Nel corso dei lavori furono portati alla luce grandi palazzi a più piani , ville, poderi colonici, aree urbane popolose e ben organizzate, installazioni portuali, reti di strade che attraversavano l’isola, luoghi di culto organizzati e cimiteri pianificati.

Nel corso degli scavi furono scoperti 4 tipi di scrittura (geroglifico, proto-lineare, lineare A e lineare B), che collocavano Creta come civiltà molto progredita. Apprendemmo sulla struttura sociale e sui valori sia della iniziale fase “minoica” sia di quella successiva “minoico-micenea”. Tuttavia, di più sorprendente con il progredire degli scavi, é stato il numeroso ritrovamento di affreschi, sculture, incisioni e opere d’arte, che ci facevano capire come ci trovassimo di fronte ai resti di una tradizione artistica unica negli annali della civiltà !» (1)

La storia della civiltà cretese inizia intorno al 6.000 a.C. L’epilogo inizia, invece, all’incirca nel 2.000 a.C. In quest’epoca (Età del Bronzo avanzata) in tutto il mondo allora civilizzato la Dea, che dal paleolitico fino a circa il 3.000 a.C. Aveva caratterizzato le società matrilineari pre-indoeuropee, era ovunque sostituita da bellicose divinità maschili. Era ancora venerata come Hathor e Iside in Egitto, Astarte o Ishtar a Babilonia o come Dea del Sole (Arinna) in Anatolia.

Tuttavia, era diventata una divinità secondaria, considerata madre e consorte di divinità maschili più potenti. Valga per tutti l’esempio più conosciuto: quello di Zeus (nascosto a Creta dalla madre Rea, per non essere ucciso dal padre Crono) e della trasformazione in Re degli dei, grazie alla Dea Hera, che egli fece sua sposa, costantemente tradita.

Dopo il XX secolo a.C. Il prestigio sociale delle divinità femminili (e quindi delle donne) in tutto il mondo allora conosciuto subì una precipitosa, quanto violenta decadenza. La causa furono senza dubbio le guerre, che sempre più numerose e truculente, stabilirono i canoni dei nuovi rapporti tra i popoli, generati dai clan di Foemina e Homo Sapiens (2).

Come ho scritto nella prima parte di questo romanzo antropologico, dopo l’emigrazione dall’Africa e la penetrazione in Eurasia e dopo la Grande Glaciazione, i clan si erano divisi. Ci furono quelli che preferirono il nomadismo della caccia, della raccolta o della transumanza, come fonti di approvvigionamento alimentare ed economico prevalente e coloro che preferirono le valli e le promettenti pianure generate dai fiumi. Lungo i quali fecero nascere le prime forme di economia agricola, necessariamente stanziale e creativa nella trasformazione dell’ambiente di vita circostante.

A Creta intorno al 6.000 a.C. giunse una piccola colonia di immigranti, probabilmente provenienti dall’Anatolia. Essi portavano con sé il culto della Dea e una tecnologia agricola, che poi si diffuse durante tutto il Neolitico.

Nei successivi 4.000 anni, infatti, questa comunità alimentò un lento ma costante progresso tecnologico, che si manifestò nella produzione di vasellame, nella tessitura, nella metallurgia, nell’incisione, nell’architettura e nelle arti figurative (in questo facendo emergere il gioioso stile, tipico delle raffigurazioni dell’antica Creta). Tutto ciò oltre all’espansione del commercio, che ben presto rafforzò il prestigio della Civiltà Minoica in tutti gli arcipelaghi dell’Egeo e anche sulla terra ferma.

Tutti gli archeologi finalmente concordano sul determinante e differente aspetto di Creta, caratterizzato dall’assenza assoluta di guerre. Persino con riferimento al XV secolo a.C., quando l’isola finì sotto il dominio degli Achei, gli archeologi non definiscono la civiltà Minoica decaduta. Essi propendono per la nascita di una forma di cultura mista, definita Minoico-Micenea (3), durante la quale lo stile di pensiero e di vita fu ancora quello, saldamente radicato nell’isola, di adorazione della Dea e di grande ammirazione e rispetto per le donne.

Questo perché i reperti archeologici parlano chiaramente di adattamento da parte dei primi indoeuropei (Achei) nei confronti della forte influenza minoica preesistente: adattamento che si manifestò nell’adozione di gran parte degli usi e costumi, della religione e relativa ritualità.

Come fa notare la storica della cultura Jacquetta Hawkes: «Se ciò é riscontrabile ancora nel XV secolo, in epoca anteriore la sua predominanza (della Dea) dovette essere pressoché certa». (4)

Questa fusione costituì la grande forza di Creta. Come scrivono gli archeologi Hans-Gunther Buchholttz e Vassos Karageorghis: «Ci troviamo di fronte a una civiltà tecnologicamente ricca e culturalmente avanzata, in cui tutti i mezzi artistici erano profondamente radicati in una religione pervadente e in forte contrasto con le altre grandi civiltà di quel tempo». Questa religione, infatti, rafforzava gli animi e lo spirito di un ordinamento sociale in cui, per dirla con Platon, «la paura della morte era quasi cancellata dall’onnipresente gioia di vivere» (5)

Certamente, oltre al credere nella rinascita (da non confondere con trasmigrazione delle anime), su questa gioia incideva la fiorente ricchezza economica. Fin dai primi insediamenti, infatti, fu il forte sviluppo dell’agricoltura a portare benessere ben distribuito tra i ceti sociali. Con il passare del tempo l’allevamento del bestiame, l’industria e soprattutto il commercio (grazie a una flotta mercantile che estendeva l’influenza di Creta in tutto il Mediterraneo) assunsero importanza crescente.

Tuttavia, sebbene in principio alla base dell’organizzazione sociale ci fosse il genos (o clan) matrilineare, intorno al 2000 a.C. la società cretese si rese più centralizzata. Fu questo il periodo della nascita dei grandi palazzi, che nella loro maestosa architettonica intelligenza costituirono motivo di ammirazione, attrazione e grande rispetto da parte dei rozzi Micenei.

L’articolo proseguirà con la descrizione dei palazzi e degli affreschi in essi ritrovati, per poi tornare alle considerazioni sulle diversità con gli Assiro-Babilonesi: diversità che furono più profonde con i popoli della 3′ più devastante ondata d’invasione indoeuropea (Ittiti, Ioni, Eoli, Dori), che procurò il cosiddetto “Medioevo Ellenico” !

NOTE:

(1) – Nicolas Platon, “Crete”, Nagel Publishers, Ginevra, 1966

(2) – Vedi: https://www.nuovatlantide.org/romanzo-di-foemina-e-homo-sapiens-i/https://www.nuovatlantide.org/cambiare-il-presente-significa-conoscere-bene-tutto-il-passato/https://www.nuovatlantide.org/romanzo-di-foemina-e-homo-sapiens-iii/

(3) – Jacquetta Hawkes, Down of the Gods: Minoan and Mycenean Origins of Greece, Random House, New York, 1968

(4) Ibid

(5) Platon, Ibid

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