Aspetti Storici, Multi-etnicità, Eco-museo, Globalizzazione

per tonigaeta

di Antonio Gaeta – 18 gennaio 2017

Sono convinto che un’associazione culturale ricca di significative e qualificanti esperienze, come Metropoli’s, possa e debba contribuire nel suggerire alle amministrazioni dei Comuni, in cui essa opera, programmi e progetti, in grado di valorizzare gli aspetti storici ed etnici, che concorrono nel definire nel presente l’intera comunità amministrata. Ciò soprattutto al fine di prevenire sconsigliabili divaricazioni etniche e storico-culturali.

Da una parte la riscoperta del valore linguistico dialettale viene incontro alla necessità di qualificare ciò che potremo definire le “vestigia” di un ricco passato, in grado di “identificare” la cosiddetta “popolazione autoctona”. A tale identificazione concorrono architetture sopravvissute nel tempo, reperti storico-archeologici in generale, nonché segni, simboli e loro significati, incisi, disegnati o affrescati su ciò che persino geologicamente (il tipo di pietra calcarea) unisce gli “autoctoni”.

Dall’altra il pericolo in cui sempre la comunità locale rischia di cadere, costituito dall’esaltazione del “municipalismo” e della componente “autoctona” (o presunta tale): quella che più lo sostiene. Si tratta di un deplorevole rischio di divaricazione rispetto ai cosiddetti “immigrati” (sia italiani sia stranieri), che aumenta e complica la difficoltà dell’autogoverno locale, in gran parte (ma non totale e/o esclusiva) affidato ai cittadini eletti in qualità di amministratori della stessa comunità.

Finché le minoranze “non autoctone” subiranno i condizionamenti imposti dalla maggioranza degli presunti “autoctoni”, le divaricazioni culturali seminano e semineranno solo i germi delle possibili future rivalse.

Tuttavia, come ogni buon storico sa, gli apprendimenti del passato hanno un grande valore per il futuro (più che per il presente). A tale scopo l’esperienza dell’Eco-museo può costituire un ottimo strumento di valorizzazione storico-artistico-culturale, capace di favorire l’incontro tra apporti ed aspetti passati (storici) e presenti, derivanti sia da remote sia da più recenti minoranze etniche, contribuendo così anche a raccordarle tra loro (ma soprattutto con la presunta “maggioranza etnica”! *)

Il presupposto di fondo della ricercata identificazione della componente che ama definirsi “autoctona” é basato sulla ricostruzione di fili spezzati dal tempo, dall’incuria umana e dal vandalismo degli aggressori occasionali. Questa pur lodevole ricerca, tuttavia, é soggetta al rischio di cedere ai tentativi di disconoscimento (o di voluto e perseguito oblio **) dell’importanza del significato culturale e antropologico delle mescolanze etniche vissute in passato: quelle che sono diventate componenti essenziali di identificazione della innegabile “multi-etnicità” del presente.

Gli abitanti dei centri storici collinari della Valle dell’Amaseno, infatti, non sono più figli dei Volsci, né dei Romani, né degli esuli dall’antica Privernum ! Da quei tempi antichi é fluita molta acqua nell’Ufente e nello stesso Amaseno ! Le testimonianze storiche e archeologiche ci parlano di influenze bizantine, arabe, turche, germaniche (prima Svevi, in seguito “Lanzichenecchi”). Per non parlare delle più recenti immigrazioni delle popolazioni padane (bonifica paludi), campane (Sud-Pontino compreso) e “ciociare” ! (***)

Si tratta, dunque di numerose circostanze che, antropologicamente parlando, hanno visto l’incontro nei nostri territori di molte “culture”, anche non cristiane e non cattoliche !

Il concetto alla base dell’Eco-museo, si fonda sulla catalogazione, illustrazione e decodificazione di tutti i reperti, i segni e i simboli esistenti nel territorio, non limitandosi a quelli riconducibili al tentativo di ricucitura etno-storica più considerata dalle popolazioni che amano definirsi “autoctone”.

Operare insieme, per realizzare un Eco-museo della Valle dell’Amaseno, costituisce esperienza forse unica, che potrebbe arrecare grandi vantaggi, in termini di benessere locale, perseguibili solo se si assume una mentalità ‘multietnica’, quindi ‘multi-linguistica’ e ispirata dai modelli di convivenza civile e culturale tipici della globalizzazione (Agire localmente, pensando globalmente. (****)

Antonio Gaeta

(*) Mi sembra importante sottolineare che specialmente in Italia il concetto di “maggioranza etnica” non ha solide fondamenta, giacché noi Italiani siamo il risultato della fusione nei millenni passati e nei secoli più recenti di tanti popoli euro-asiatici. La stessa grande varietà nei tratti somatici lo dimostra, senza verifiche del DNA. D’altra parte le leggi biologiche dicono che la vera ricchezza deriva dalla bio-diversità ! (Vedi “La ricchezza culturale é anche economica !”)

(**) Il voluto e perseguito oblio delle civiltà distrutte e relative culture (annesse o cancellate) costituisce la costante principale pratica, che caratterizza tutti i popoli vincitori, fin dai tempi dell’affossamento delle “civiltà matrilineari” (Vedi https://www.nuovatlantide.org/una-storia-nella-preistoria-europea-le-ipotesi-kurgan-e-atlantide/ e https://www.nuovatlantide.org/lantica-centralita-sociale-della-donna/)

(***) Dopo aver definito come “autoctona” la discendenza risalente a oltre 100 anni sullo stesso territorio, da una superficiale lettura dei dati anagrafici in possesso del Comune di Priverno, risulta che soltanto il 35% della popolazione residente e soggiornante può vantare una discendenza “autoctona”. Circa il 40% vanta una discendenza italiana ma non autoctona. Mentre il 25% vanta una recente discendenza straniera.

(****) Oggetto del prossimo articolo

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