La possibilità di comprendere gli argomenti del presente articolo si fonda sulla lettura del precedente: La riproduzione: ineludibile base biologica della storia umana.
Secondo Marie-Louise von Franz, discepola di Carl Gustav Jung: «L’anima è la personificazione di tutte le tendenze psicologiche femminili della psiche dell’uomo, cioè sentimenti e atteggiamenti vaghi e imprecisi, presentimenti, ricettività dell’irrazionale, amore di sé, sentimento della natura, e atteggiamento nei confronti dell’inconscio. Non a caso nell’antichità spettava a sacerdotesse (come la sibilla dei Greci) l’incombenza di penetrare la volontà divina, e di istituire rapporti con gli dèi.»
C.G. Jung ha affermato, inoltre, che ci sono livelli paralleli di sviluppo dell’Animus (il maschile) in una donna: l’animus appare per la prima volta come personificazione del semplice potere fisico – ad esempio come campione di atletica o uomo muscoloso (come l’eroe fittizio della giungla Tarzan). Nella fase successiva, l’animus “possiede l’iniziativa e la capacità di azione pianificata … sia nella versione romantica sia in quella d’azione..omissis”.
Queste citazioni dimostrano, a mio avviso, come l’evoluzione antropologica nel rapporto sessuale (almeno in Occidente) sia andata ben oltre le leggi naturali. Ciò va detto, sebbene la biologia della riproduzione (che non preclude l’omosessualità) nella specie Homo rimane confinata in limitati ma prolifici ambiti geografici. In essi troviamo molto spesso associati anche aspetti sociali e culturali non favorevoli allo stile di vita occidentale.
Rimanendo sull’argomento chiave per la comprensione delle finalità dei due articoli, proseguo scrivendo sul concetto antropologico di mutualità (derivante da quella sessuale), che ha caratterizzato anche le prime civiltà umane. Questo perché, come già evidenziato nell’articolo precedente, anche l’elaborazione culturale contiene la consapevolezza della persistenza della riproduzione della specie fondata sul concorso mutuale dei due sessi basilari: femmina e maschio.
A tale proposito Riane Eisler scrive: «.. omissis. Queste dinamiche storiche possono essere viste entro un quadro evolutivo più ampio. Come abbiamo analizzato nei capitoli precedenti, il primo orientamento culturale della nostra specie, durante gli anni formativi della civiltà umana, si indirizzò verso ciò che potremmo definire: un primo modello di civiltà mutuale (1). Inizialmente anche la nostra evoluzione culturale fu plasmata su questo modello di ovvia parità tra femmine e maschi. Modello comportamentale trasferito all’interno di un contesto sociale più vasto rispetto ai gruppi nomadi, che raggiunse un primo apice in quello molto creativo realizzato a Creta. Seguì poi un periodo di crescente squilibrio e di caos. A causa di ondate successive di invasioni nell’antica Europa (e in Medioriente. ndr), che imposero la loro cultura, fondata sulla spada e sulla successiva giustificazione letteraria. L’ideologia maschilista e patriarcale agì presto come forte attrattore, saldamente radicato in gran parte della civiltà occidentale.»
Le affermazioni di R. Eisler sono supportate da una vasta documentazione archeologica e saggistica, che sarebbe lungo citare. Ciò che sottolineo in questo articolo é che, nel contesto da lei descritto, il sacro (perché ereditato da secoli e millenni precedenti) principio della mutualità in ogni aspetto sociale, subì gravi lesioni e le femmine umane furono gradualmente ma prepotentemente sottomesse ai maschi predatori, riducendo in schiavitù tutti gli altri (uomini inermi, anziani e bambini). Da questa fase storica in avanti la produzione culturale non é più ispirata alla naturale sacralità della riproduzione, bensì a quella della guerra e della conseguente “gloriosa” morte in battaglia.
La guerra tra popolazioni umane, quindi, come strumento di elevazione sociale dei condottieri “conquistatori” e con creazione di istituzioni di dominio, inesistenti presso le prime civiltà.
L’evoluzione antropologica che caratterizza questa fase della specie Homo Sapiens (iniziata circa 5-6.000 anni fa) é stata prima quella della mascolinazione delle religioni e di tutte le pubbliche istituzioni, poi quella della trasformazione delle tradizionali armi belliche in sempre più sofisticate armi tecnologiche: in primis la diffusione e manipolazione dell’informazione. Persino gli aspetti più creativi della specie umana, da 4-5.000 anni sono stati ispirati a situazioni psicologiche di tipo egocentrico, e comunque socialmente non più mutuali. Anche i grandi artisti sono quasi sempre maschi omaggianti se stessi e/o le icone religiose e le istituzioni dominanti.
Il risvolto di tale distorta produzione culturale é stata la rapina delle risorse di tutti gli ambienti tipicamente caratterizzati da rigogliosità e sacro rispetto della riproduzione naturale presso tutte le specie viventi (animali e vegetali). Dobbiamo con sofferenza oggi dire che, l’impetuoso e disordinato aumento mondiale della popolazione umana é avvenuto purtroppo a discapito del saccheggio e della rapina nei confronti di tutte le altre specie viventi sul pianeta.
Il rispetto del sacro principio della mutualità costituiva un implicito omaggio nei confronti delle leggi della natura, che imponevano un equilibrio tra risorse e procreazione. La rottura di tale equilibrio, avviata con la schiavitù di intere popolazioni, non più libere di auto-determinarsi, ha progressivamente favorito l’accumulazione delle risorse presso una sola parte della specie Homo: circostanza questa che ha comportato e comporta la progressiva devastazione della biosfera. Quest’ultima, però, non é composta soltanto da organismi complessi, bensì anche da miliardi di micro-organismi, il cui studio e la cui ricerca non ha mai realmente interessato gli uomini al potere. Le conseguenze sono state vissute da milioni di esseri umani e sono ancora sotto gli occhi di tutti noi sopravvissuti nel III millennio.
Il futuro della nostra specie dipenderà dalla capacità di sopravvivere alle devastazioni delle risorse naturali del pianeta, facendo affidamento su quelle residuali. Tra queste la capacità di riproduzione della specie, affidata alle donne delle culture più prolifiche. Oltre che generare figli, resi consapevoli del cambiamento epocale, esse troveranno nuove forme di adattamento biologico e sociale.
Nel corso di tutta la storia documentata – scrive in proposito Riane Eisler – e particolarmente nei periodi di instabilità il modello mutuale é stato quello più debole. Tuttavia, esso ha continuato ad agire come «costante attrattore periodico». Come una pianta che, pur sempre schiacciata e ostacolata nella sua crescita, si rifiuta di morire. Il modello sociale mutuale ha sempre cercato di riconquistare il «suo posto al sole».
NOTE:
(1) – Naturale conseguenza della perfetta integrazione tra specie Homo e tutte le altre specie viventi, con particolare riferimento alla sessualità a scopo riproduttivo.