Fonte: Il Fatto Quotidiano
Andrey Soldatov: “Ora Putin fa paura ai suoi e ascolta solo il superfalco Shoygu”
“Lo dico onestamente: da questi negoziati non mi aspetto niente” dice l’esperto di Servizi segreti russi, Andrey Soldatov.
Questa è la guerra del presidente russo e del suo apparato?
Questa è una guerra di Putin e del suo ministero della Difesa.
Il ministro degli Esteri Lavrov avrebbe preferito aspettare i negoziati.
Non solo gli uomini del ministero di Lavrov, ma anche quelli degli spezsluzhby, i servizi segreti, che non si approcciano alla guerra con lo stesso entusiasmo del ministero della Difesa. Negli ultimi tempi, in Russia l’influenza della Difesa è cresciuta in maniera esponenziale: per Putin l’esercito ha ottenuto più successi nel risolvere questioni politiche degli altri ministeri. È successo con la Crimea, la Siria: ora vuole risolvere la questione Ucraina e Nato con metodi bellici.
C’è raskol, una scissione all’interno del Cremlino?
No, ogni scissione è preceduta da una divisione in fazioni. I cinovniki , funzionari di Putin, hanno paura di parlare. Lavrov ha dato segnali nell’ultimo anno: voleva rimanere al tavolo dei negoziati, ma non ha avuto la possibilità di comunicarlo in maniera diretta.
Chi è adesso l’uomo fidato di Putin?
Ascolta solo Sergej Shoygu, il capo del ministero della Difesa, l’apparato convinto di “poter mettere in ginocchio Kiev in 24 ore”. Non si aspettavano la resistenza, un errore militare. Putin ha commesso un errore politico: credeva che il governo Zelensky crollasse subito. La guerra lampo è fallita.
In quale stato si trovano adesso le truppe russe sul terreno?
Sembra che abbiano un grosso problema di logistica: mancano scorte e rifornimenti. Un’altra cosa strana che hanno scelto di fare, che non si spiega nessun esperto militare, è quella del dispiegamento di colonne di carri lungo le strade di tutto il Paese: non è un tipo di tattica che adotti se affronti un terreno che ti resiste, eppure continuano a farlo al quinto giorno.
La Russia è rimasta isolata.
Non è vero: c’è la Cina, che non fornisce solo sostegno politico, ma anche tecnico. Parte delle sanzioni mirano all’isolamento tecnologico della Russia e Mosca spera in Pechino, ma i cinesi non cederanno tutto. Temo per la Banca centrale russa che ora regge, ma cederà: è questione di giorni.
Quanto durerà invece la resistenza ucraina?
A questo punto credo a lungo. Le forze russe circondano le maggiori città ucraine, ma la difficoltà del conquistarle è l’estensione delle città stesse. Anche al tempo delle campagne cecene, dove si sono visti bombardamenti molto più crudeli, Grozny è stata assediata. Ora parliamo di città molto più grandi, come Kiev o Kharkiv. Sarà lunga.
C’è un generale ucraino che può cambiare l’esito della guerra?
Non siamo nelle guerre mondiali delle grandi battaglie. La guerra che abbiamo visto in questi giorni rimarrà tale: sarà fatta di assedi, sparatorie, vittime dei bombardamenti. Non ci sarà lo sturm, l’assalto alle città.
C’è la minaccia nucleare.
Putin ama le escalation, ma ci sono altri livelli di attacco se vuole mostrare alla Nato che non deve spedire armi. Razionalmente sa che quello è lo stadio finale.
Molti pensano che razionale non lo sia più.
Questa impressione la dà perché continua a rimanere isolato. Dall’ultimo incontro del Valdai club è evidente che si comporta in maniera più aggressiva. Non direi che è impazzito, ma è convinto di essere nel giusto. Attaccando l’Ucraina ha commesso un terribile errore. Negli ultimi anni la sua repressione è stata durissima: ha epurato la Russia di giornalisti, attivisti, dissidenti. In patria nessuno poteva minare il suo potere. Questa crisi che ha creato invece danneggia imprese, aziende, il rublo e sì, questo, può essere pericoloso per lui.