di Fausto Anderlini – 17 settembre 2017
La stoica solitudine del camelloporco
La “manifestazione del primo Luglio un errore”, “col Pd sempre”, “senza se e senza ma”, “insieme comunque”… così Zedda e compagnia cantante… mentre Pisapia già prenota l’alleanza col Pd per le regionali a venire…
Senza che neppure si sia allestito un tavolo per verificare le posizioni politiche, gli obiettivi, i programmi. Senza essersi dati una configurazione politica, una identità, un progetto. Si dice la Lega, la destra, il populismo… come se per fermarli bastasse la retorica unitarista… Non una politica di alleanze, ma alleanze senza politica… alleanze a prescindere… politicantismo a gogo.
Non ho mai avuto molta stima del personale politico di Sel. Un partito con più assessori che consiglieri. Men che meno per quel modo di essere ‘sinistra’ abile nel massimizzare al margine la rendita coalizionale e spigolare incarichi. Ammantandosi di narrazioni edificanti che tanto piacciono alla gentry intellettuale residente nei centri storici. Quella furba attitudine a bypassare la ruvida ma sana concorrenza che nei partiti più grandi può selezionare fior di farabutti, ma raramente un cretino o un banale cacciatore di cariche remunerate.
E’ del tutto evidente che questo è il piccolo partito agente in buona parte del già minuscolo ‘campo progressista’. Seguire il metodo conosciuto, la Sel-prassi, ma con l’aggravante della rinuncia anche alla più pallida rivendicazione negoziale. Senza neppure quell’astuzia nell’esercitare la pressione proverbiale nei post-democristiani e in primis nel prodismo (che infatti ha spesso traccheggiato ‘a sinistra’ usando il carriolino di Sel per indebolire la ditta degli ex-comunisti).
Qui si rasenta il sinistrismo-zerbinismo, senza scomodare epiteti ancor più impegnativi. L’autoproposizione a stuoini del Pd persino senza che lo stesso ne abbia fatto richiesta. Una forma di irrilevante cretinismo cooperativo di fronte al quale un tipo come Migliore, entrato mani e piedi nel Pd, fa la figura del gigante. Infatti si può essere leccaculi, ma con almeno la dignità deontologica che anche questa vocazione richiede. Mettendosi in fila e sgomitando nella folta schiera dei leccaculi di un capo per emergere. Cosa forse riprovevole ma certo più impegnativa che adagiarsi come stuoini. Infatti se a costoro il Pd piace tanto perchè non vi si iscrivono e si fanno valere ?
Si capisce perchè tutti ce l’hanno con D’Alema, evocato come perenne capro espiatorio d’ogni malefatta. Il suo stile aristocratico e sprezzante, prima ancora che le posizioni di merito, è un pugno nell’occhio del pezzentume politico.
L’ambizione, la sete di dominio (certo temperati nei limiti sistemici della democrazia) sono tratti imprescindibili nell’uomo politico. Ma l’orgoglio, cioè il rispetto di sè e la temerarietà morale, è una virtù ancor più importante. Nel Pci, e a seguire persino nel primo Pd, la lotta per emergere o far valere posizioni ancora si rispecchiava nell’aura stoica del rispetto di sè. Anche se non valeva per tutti, vigenti le tare naturali del burocratismo, c’erano molti per i quali ‘essere battuti – come diceva il compianto Roberto Dionigi – era meglio che essere lasciati vincere”. La lotta era il metro di misura del merito e della capacità. Cioè dell’autorevolezza. E il primo obiettivo della lotta era guadagnare il rispetto della comunità militante. Grande numerosa e strutturata. Non un club di notabili.
Insieme con questi campioni della politica? Si rischia l’infezione. Il camelloporco è giustappunto un animale orgoglioso. Se è venuto fuori dal Pd non è certo per acconciarsi a ricevere qualche strapuntino, cioè qualche assessorato alla regione Lazio, nè, come si dice in giro, per abbandonarsi a un’acrimonia livorosa e incontrollata. Per una classe dirigente sconfitta la preservazione della dignità è tutto. Fare da soli, se si è capaci. Altro che insieme. Men che meno se male accompagnati.