di Fausto Anderlini – 1 gennaio 2018
Mi sovviene mestamente, mentre nella noia pomeridiana mi passano sotto gli occhi queste insulse gol-parade che sembrano costruite alla play station, che sono almeno quattro anni che ho appeso le scarpe al chiodo. Su campi infami, quasi sempre a porte chiuse sebbene in aperta campagna, indossando mute di risulta e scarpini sempre inadeguati, nel secolo scorso, e persino in questo, segnai reti bellissime, talune impossibili, e feci assist quali vengono solo ai geni. Che però nessuna telecamera ha mai ripreso.
Fui mancino ma tendenzialmente ambidestro, quasi come Verdi, ma anche come D’Alema. La mia vita calcistica fu rigorosamente live e irriproducibile. Solo io, nel mio intimo, ne conservo l’aura benjaminiana, in una perenne mnemotelecronaca. Unica, povera, bellissima. Cioè evanescente, chimerica e non documentabile..