Abbiamo ancora bisogno di eroi

per Luca Billi
Autore originale del testo: Luca Billi
Fonte: i pensieri di Protagora...
Url fonte: http://ipensieridiprotagora.blogspot.it/2016/04/verba-volant-268-eroe.html

di Luca Billi  25 aprile 2016

Gli etimologisti collegano la parola greca ἥρως alla radice che nel sanscrito antico ritroviamo nel termine vīrá e in latino in vir, parole che indicano l’uomo di valore. L’eroe per gli antichi greci è su un gradino più in alto rispetto agli altri uomini, è qualcuno che si avvicina a un dio, ma rimane un uomo, con i suoi limiti, con le sue passioni, con le sue debolezze. Gli antichi sapevano bene che gli eroi erano uomini, ma migliori di loro, da tenere come modelli; e per questo agli eroi dedicavano statue, per loro componevano versi, in nome loro organizzavano feste. Gli eroi di Omero, i guerrieri che combattono sotto le mura di Troia, sono certamente uomini dalle eccezionali qualità, ma non sono perfetti, commettono errori, si macchiano di colpe, a volte di delitti. Sono mortali, perché nei loro corpi scorre il sangue, e non l’icore come in quelli degli dei.

Non si consideravano certo eroi le donne e gli uomini che sono morti più di settant’anni fa. Quando scrivono a casa le loro ultime lettere si scusano del dolore che stanno provocando alle loro famiglie e di non aver portato a termine il compito che si erano prefissati, insieme ai loro compagni. Quelle donne e quegli uomini che non si consideravano eroi erano mortali, nei loro corpi scorreva il sangue, e non furono esenti da colpe, perché avevano i loro limiti, le loro passioni, le loro debolezze. Ne erano consapevoli prima di tutto loro.

A noi, per fortuna, non è richiesto essere eroi. Non dobbiamo neppure avere la tempra che ebbero le donne e gli uomini della Resistenza. A noi è richiesto far esercizio di memoria e magari usare bene le parole; a volte ci capita di usare la parola eroe con eccessiva leggerezza e chiamiamo così un calciatore o un attore del cinema. Riserviamo ad altri questo onore. A noi è richiesto di studiare, di provare a capire come va il mondo, è richiesto di far bene il nostro lavoro, è richiesto di essere cittadini attivi e responsabili, ad esempio andando a votare. A noi è richiesto di essere solidali, almeno di provare a capire perché quell’uomo soffre, anche se non possiamo fare nulla per sollevarlo dal suo dolore. In sostanza a noi – che non siamo eroi né lo saremo – è richiesto almeno di non essere pigri. Come vedete non c’è nulla di eroico in questi compiti, eppure a volte anche questi ci sembrano così gravosi, tante volte non li rispettiamo, tradendo in questo modo quelli che davvero furono eroi, anche se non avrebbero voluto esserlo. Proprio come molti dei guerrieri giunti per mare davanti alle porte Scee.

Platone nel Cratilo offre due spiegazione etimologiche, entrambe ugualmente bizzarre, della parola eroe. Sono certamente sbagliate e credo ne fosse perfettamente consapevole. Il filosofo ateniese, fa dire a Socrate, rispondendo a Ermogene:

“Tutti certamente sono nati o da un dio innamorato di una mortale, o da un mortale innamorato di una dea. Se, dunque, esamini, anche questo secondo l’antica lingua attica, capirai meglio: ti risulterà chiaro infatti, che, rispetto al nome di eroi è stata piccola l’alterazione per ottenere il nome. E, così, questo è il significato di eroi, oppure vuol significare che erano saggi e retori, sia abili, sia dialettici, essendo capaci di interrogare.”

Nella parola greca ci sarebbe quindi o la stessa radice di amore, ossia eros, o quella di retorica. E qui Platone sembra voglia dirci che gli eroi sono proprio uomini, che amano e che discutono con i loro simili, anzi i veri eroi, i veri uomini, sono quelli che amano e quelli che sanno interrogare e interrogarsi sulle cose del mondo e della vita. Anche noi allora possiamo aspirare a essere un poco eroi. Basta essere donne e uomini; liberi.

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