Fonte: l'Espresso
Url fonte: http://espresso.repubblica.it/visioni/cultura/2016/04/12/news/alla-ricerca-della-pecora-fassina-il-libro-di-staino-sul-nostro-paesaggio-politico-1.258691
Con il romanzo a fumetti “Alla ricerca della pecora Fassina”, Bobo si imbatte nell’ultima grande tragedia della Gauche nostrana, dove Renzi è incollato allo smartphone, Cuperlo è un attore shakespeariano e Cofferati viene alle mani con Veltroni. Dedicato a “un pubblico adulto di sinistra”
Istruzioni per l’uso: la lettura è consigliata a un pubblico adulto di sinistra accompagnato da figli o conoscenti giovani, che possano tenerlo per mano nelle scene più crude in cui l’Autore affonda le mani nella carne viva delle contraddizioni ideologiche”.
L’Autore è uno che di guerre fratricide ed epico-comiche interne al Pci prima, e al Pds, Ds e partito democratico poi, se ne intende benissimo, visto che le disegna e racconta in controluce biografica dal 1979, anno di nascita di Bobo, alter ego suo e di più di una generazione.
Torna in libreria (per Giunti) Sergio Staino, tra i giganti della satira politica non soltanto italiana. Una statura che conferma in questo suo nuovo e ricco romanzo a fumetti, nonostante giusto pochi mesi fa Sergio/Bobo avesse confessato di essere ormai semicieco: si intitola “Alla ricerca della pecora Fassina” e ha per sottotitolo “Manuale per compagni incazzati, stanchi, smarriti ma sempre compagni”.
Con la passione di sempre, engagé ma dissacrante, Staino eleva a memento artistico l’ultima grande cronaca di una tragedia annunciata in seno alla Gauche tricolore: lo strappo di Civati e Fassina e la nascita di ulteriori movimenti alla sinistra del Pd. Un distacco che matura all’ombra del Renzismo (“malattia infantile del Dalemismo”) e di un segretario-premier multitasking, “sempre incollato al suo smartphone dal quale controlla e dirige tutto e tutti, sorvolando su ogni difficoltà e dissenso con il suo ormai proverbiale “Ce ne faremo una ragione” scrive nella prefazione Ellekappa.
Nel libro, Matteo Renzi salta da un impegno (e da una promessa) all’altro, con ogni mezzo di trasporto possibile; e tra lui, superdigitale e post-Agesci e dallo sguardo affilato e l’analogico e vetero-romantico ed ex berlingueriano Bobo è tumulto continuo. Anche in senso fisico. Con un sottofondo tuttavia di sentimenti indefiniti condivisi.
Sono finiti i tempi del centralismo democratico, il web 2.0 dà l’illusione di avere rivoluzionato ogni dialettica tra base e classe dirigente e il meta-internettiano Bobo chiede dal vivo (e a gran voce) al suo segretario, con strattoni e imprecazioni se necessario, di farsi guida magnanima per i suoi più alti quadri e di nonabbandonare a se stessa, quindi, la pecorella smarrita Fassina.
Come nella parabola evangelica del buon pastore, che lasciò novantanove pecore nel deserto per andare alla ricerca dell’unica perduta. Bobo il tesserato e militante esemplare, libero e critico ma rispettoso delle regole e delle sintesi di partito, né con l’ortodossia genuflessa né con la fronda autolesionista, si imbarca in quest’operazione improba: riportare all’ovile la fuggiasca “pecora Fassina, una pecora focosa, ma generosa”.
Sanare l’ennesima ferita inferta al giovane corpo del partito democratico, posseduto da vecchi e purulenti demoni di scissione. E lo fa eleggendo a compagno di viaggio, nel girone infernale delle polemiche, tale marlonbrando, un piccolo Virgilio Rom, pure qui rovesciando i canoni della vulgata che ci attanaglia. Quello che ne vien fuori è un affresco picaresco, corale e pittoresco del nostro paesaggio politico progressista, su cui continua però a soffiare imperterrita la speranza di Staino.
Meglio parlarsi apertamente e prendersi per i fondelli che covare sordi rancori, suscettibili di divorzi brucianti e repentini. E mentre cerca Fassina Bobo si imbatte, in ordine sparso, in Gianni Cuperlo a teatro nei panni di un attore scespiriano; in Romano Prodi ed Eugenio Scalfari che dispensano saggi consigli nel deserto; in Walter Veltroni in balia dei suoi aneliti cinematografici; in Sergio Cofferati con cui viene alle mani; in Fabrizio Barca, Matteo Orfini, Pier Luigi Bersani e un manipolo di seguaci delle teorie complottiste di Giulietto Chiesa.
E poi l’incontro-choc con Denis Verdini, che cerca di irretirlo dichiarandosi anch’egli “comunista”, forte della sua fede massonica di stampo “socialista mazziniano”. E tanto altro che non vi sveliamo. La lettura è sconsolante, ma appassiona, e tra le strisce prendono forma alcuni pensieri fermi nella testa di Bobo/Staino, uomo e artista idealista ma pragmatico. Ha senso scimmiottare i vari Tsipras, Podemos e Corbyn, o si rischiano solo sarabande di fallimenti? Esistono delle alternative credibili e auspicabili a Renzi?
“Siamo stati contro la Cina e a favore dell’Albania. Poi contro Natta e di nuovo a favore di Berlinguer. Poi contro Occhetto e a favore di D’Alema. Poi contro Veltroni e a favore di D’Alema. Poi contro Prodi e a favore di D’Alema. Poi contro D’Alema e a favore di un qualsiasi giovane purché degli ex Ds. Ora sei contro Renzi, ok. Ma a favore di chi? Dimmelo! Che ci vengo anch’io” grida Bobo a un certo punto all’anziano compagno Molotov.
“A favore di chi? Se lo sapessi non sarei qui” gli risponde il gagliardo marxista-leninista. “Ti piace Civati?”. “Quel fighetto milanese? Mai”. “Cofferati?”. “Dopo Bologna basta, non mi fido”. “Fassina?”. “Uno che ha fatto il sottosegretario con Monti? Mai”. “Allora tornare a D’Alema?”. “Ma se sono loro ad averci condotto qui!”.
Per il compagno Molotov, Renzi è un po’ il male assoluto e piuttosto se ne andrebbe con i grillini. Per Bobo e Sergio Staino questo no, questo mai. Chiunque ne sia pro tempore il leader, il partito c’è già ed è quello democratico. E con Molotov sono botte.