di Alfredo Morganti – 27 aprile 2017
Mi è capitato di risentire Matteo Renzi nella performance di presentazione del nuovo marchio Alitalia, a giugno del 2015. Dinanzi a un parterre de rois, con “Luca, Silvano, James” a cui augura “buona strada, buon volo, buon lavoro” (sic!), a un certo punto chiede a tutti, retoricamente: “Quante volte vi siete sentiti dire: adesso riparte il futuro di Alitalia?”. Attorno tanti ‘ehhhh!’, come dire ‘avoja’, ‘ce arivanzano’. Lui però ribatte che no, stavolta si fa sul serio. C’è strategia, c’è ottimismo, c’è futuro. Perché ci sono due Italie, spiega tronfio l’ex premier, una del pianto, del lamento, del rimpianto, e un’altra, che invece “scrive la pagina del futuro”, come sarebbe stato nel caso, appunto della nostra compagnia di bandiera. Da una parte i soliti gufi piagnoni e disfattisti, insomma, dall’altra quelli che, animati da una solida base strategica e da una propensione alla fiducia, guardano invece avanti e cambiano le cose. In meglio o in peggio non si sa, diciamo, ma le cambiano.
Sapete, invece, come è andata a finire la storia. Con un prestito-ponte, con la compagnia che verrà commissariata, con la vendita dell’azienda. Il giocattolo si è rotto tra le mani di quelli che avrebbero dovuto dimostrare, come asserì Renzi, solide capacità strategiche e invece è sembrato proprio che non le possedessero affatto. A me in questo momento non interessa tanto il caso Alitalia in sé, per quanto si tratti di una delle pagine peggiori dell’Italia contemporanea, ma quella performance renziana. Nella sua classica teatralità, l’ex premier raccontò l’ennesima fola, esibendo lo stesso schema narrativo: i gufi da una parte, quelli che si rimboccano le maniche dall’altra – e quindi il sogno da realizzare, la sfida, il futuro, gli altri politici che hanno fatto sinora schifo e, infine, ecco qui l’uomo nuovo che, più bravo di tutti, ci salva e salva il nostro Paese. La sfrontataggine con cui questo schema è esposto e rivitalizzato ogni volta è davvero suggestiva e persino strabiliante. Nel caso di Alitalia, poi, è talmente sfacciata che mette amarezza ancor prima di fare arrabbiare.
Ma non è stato così solo per Alitalia. Si è trattato in realtà di uno stile di governo perpetuato meccanicamente su ogni questione. Una ‘narrazione’ così scombiccherata, così poco efficace, così scopertamente artificiosa, che mi chiedo chi l’abbia ideata e con quali fini precisi. Questa storia dei gufi, degli sfigati, dei piagnoni, e poi dell’eroe toscano che arriva e solleva l’Italia con un solo gesto di fiducia e speranza, è davvero vomitevole. Sembra finta. Sembra una case history alla rovescia. Il distacco tra realtà e narrazione giunge nella fattispecie a un vertice ineguagliato, credo. Lo scollamento tra realtà dei fatti e sottotitoli renziani è così fuori sincronia che mette paura, quasi angoscia. Il plot è così distante dall’effettiva regia, che se fossi il produttore metterei alla porta lo sceneggiatore.
E allora ditemi: quanto ancora volete dare fiducia all’autore di queste performance? Lo dico a chi ancora ci crede, e sembrano molti. Lo dico anche a quella attrice che dice di sostenere Renzi perché avrebbe sconfitto la sinistra ‘vintage’! Capite? La sinistra ‘vintage’! No, cara amica, Renzi ha sconfitto TUTTA la sinistra per intero, l’ha gettata in un baratro. Certo, non da solo, anzi in buonissima compagnia, da solo non ci sarebbe mai riuscito. Ma questo ha fatto. E perciò dico agli amici renziani: guardatevi bene questo filmato, non è finto, non è un’astuta mossa di D’Alema, è un fatto, una testimonianza inquietante di quel che siamo, di quel vorrebbero che fossimo, di quello che ci aspetta se non si cambia strada.
Se la sinistra non torna sinistra, se i partiti non riprendono il posto che loro spetta, se le istituzioni restano teatrini, se chi ci comanda è soltanto un ottimo teatrante, il destino è segnato. Nel migliore dei casi Grillo, nel peggiore la destra hard, quella intollerante, che caccia via, che arma la gente, che urla e fa strame delle istituzioni. Ancora non vi è chiaro?