ALCUNI MOTIVI PER L’ESITAZIONE VACCINALE
La cosa più difficile al mondo è fare accettare una idea propria agli altri. C’è sempre chi la rifiuta per invidia o perché vuole promuovere una sua personale. Gli esperti affermano di possedere il monopolio della verità di fronte ai dilettanti ed autodidatti, ma spesso e volentieri si sbagliano, e finanche i grandi scienziati commettono l’errore di giudicare incompetenti colleghi e subordinati. Fino al punto di burlarsi di ricercatori pur geniali e intuitivi. Abbondano i casi documentati di scienziati che si sono sbagliati agendo dogmaticamente, mentre è lunga la lista di eretici riabilitati alla fine della loro vita, o di quelli che ancora aspettano la revisione delle loro condanne. Le menti più originali e anticonformiste posseggono il vantaggio di pensare quello che gli altri considerano impossibile e l’ardire di nuotare contro la corrente, ma i dipartimenti e le accademie sono spesso chiuse e poco disposte alle novità, e allora disapprovano, non autorizzano, espellono e silenziano i temerari.
Ci sono teorie che non riescono a superare la resistenza delle élite che controlla i finanziamenti e riviste di pubblicazione, ed è valida l’analogia tra l’atteggiamento verso la dissidenza ai dogmi e prassi scientifiche e quella adottata dal clero e i teologi verso i cosiddetti eretici. Gli esclusi ed emarginati dalla scienza sono accusati da tribunali dove regna l’intolleranza scientifica, essa occupa il luogo prima assunto dall’intransigenza religiosa.
Visto che certa scienza insegue la chimera della infallibilità e della certezza assoluta, sotto il camice di laboratorio lo scienziato indossa a volte la sottana del sacerdote quando afferma di possedere la chiave del Universo e rifiuta le opinioni contrarie. In condizioni normali questo dilemma tra ortodossia e eresia scientifica non ha mai avuto soluzioni e entrambi punti di vista sembrano paradossalmente essenziali al progresso scientifico. Coltivare il pensiero originale e divergente e difendere la libertà di indagare in direzioni distinte è la chiave per superare posizioni antiche e superate da nuovi fatti, ma bisogna anche praticare il pensiero convergente come base per esaminare senza pregiudizi idee nuove prima di accettarle o rifiutarle. Dato che questi due modi di procedere sembrano connaturati all’essenza stessa della scienza, essa trae tutti i benefici quando riesce a sopportare questa tensione intrinseca ed ineliminabile.
Le idee che ho appena esposto riassumono i contenuti di una conferenza di divulgazione da me tenuta alla fine degli anni 90 sulla base del libro ”Il Genio incompreso” di Federico di Trocchio. Sono considerazioni che possono avere il sapore di una storia passata e vista col distacco che c’é tra i fatti drammatici riportati e la lettura a tavolino. Pure, è una realtà di cui prendere atto. In qualche modo, è così che avanza la scienza, sembrerebbe la sua fisiologia.
Per fare qualche esempio. I. S. Semmelweis per le sue scoperte e i suoi importanti contributi allo studio delle trasmissioni batteriche da contatto e alla prevenzione della febbre puerperale, fu osteggiato violentemente dalle autorità sanitarie ed escluso dall’ospedale, poi riabilitato da L. Pasteur dopo la sua morte in manicomio. Un altro esempio è quello della biologa Barbara Mc Clintock. Negli anni cinquanta con esperimenti sulle pannocchie di mais scoprì l’esistenza di porzioni di DNA in grado di spostarsi da un cromosoma all’altro; questa scoperta le valse il premio Nobel nel 1983, alla veneranda età di 81 anni. Mentre faceva le sue scoperte, i colleghi dicevano che avesse… o un buco nel filtro della provetta oppure un buco nel cervello. Guglielmo Marconi riuscì nei suoi esperimenti a dimostrare la propagazione a distanza di onde radioelettriche, nonostante la ferma dichiarazione di impossibilità di Henry Poincarè, il più famoso fisico matematico del tempo
Ho motivo di credere che la tensione essenziale nel divenire della scienza sia rimasta uguale nella sua drammaticità. Ma ad essa sembra ora sommarsi un fatto nuovo e preoccupante, una vera e propria patologia nel settore scientifico chiamato in causa per l’evidente impatto sociale e da tempo sotto i riflettori. Mi riferisco alla epidemiologia, la farmacologia, la virologia, la biologia medica, la medicina di assistenza. Ci sono state voci pacate che con fermezza hanno segnalato perplessità e a dir poco incongruenze della gestione della pandemia. Ma chi ha praticato il dubbio come riferimento legittimo e ineliminabile della prassi medica consolidata è stato aggredito, diffidato, censurato. Nella cosiddetta emergenza sanitaria, chi indossa un camice nei reparti o nei laboratori ha dovuto astenersi dall’esprimere semplici opinioni; a ciò si aggiunga che è calato il silenzio e l’isolamento verso chi esercitava con responsabilità le sue funzioni nella Sanità Pubblica, o si era dato a ricercare con diligenza nella letteratura scientifica dati ed esperienze internazionali che arricchissero il quadro generale. È una situazione che simbolicamente ricorda gli scenari di guerra dove l’opinione pubblica non può che essere unita e compatta, senza tentennamenti né voci contrarie. E difatti si è continuato a parlare di guerra al virus e alla malattia, divenuta il focus della attenzione mentre le altre patologie sono passate in secondo piano.
Si badi bene che non si sono espressi dubbi a priori sulle vaccinazioni in generale, riconoscendone l’efficacia nella campagne vaccinali del passato, ma è pur vero che i dubbi sono nati come funghi con una campagna di vaccinazione approvata saltando tutti gli ostacoli e i passaggi della consolidata procedura di sperimentazione. Medici e ricercatori che sentono il dovere di ricercare la verità e di essere fedeli agli ideali scientifici si sono visti costretti a comunicazioni “segrete” fra i loro colleghi per condividere perplessità e informazioni. A me viene in mente l’opera “Vita di Galileo” di Brecht, quando il pisano invia di nascosto in Olanda “Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due Nuove Scienze” per essere pubblicati fuori dell’Italia, eludendo la Santa Inquisizione.
In ogni modo, in questo contesto ha preso rinnovato vigore il termine di esitazione vaccinale come concetto che vuole esprimere, non un rifiuto a priori, ma l’applicazione genuina del principio di precauzione che poi deriva dal comandamento di Ippocrate di non nuocere nelle terapie, fin dove è dato sapere e soprattutto se sono sperimentali. Quando l’esitazione vaccinale si trasferisce dal pubblico, che nutre sue motivazioni culturali per credenze e attitudini, a medici e ricercatori attenti ed informati, la questione cambia di aspetto e riveste carattere di severità.
A questo proposito balza agli occhi a chiunque l’atteggiamento a dir poco imprudente del Ministero della Salute che ha negato le cure domiciliari proposte da medici esperti e prestigiosi rifugiandosi sulla anomala Vigile Attesa, ignorando che in qualunque patologia ciò che fa la differenza è la diagnosi precoce e l’intervento tempestivo. Attendere in Sanità equivale a ridurre le possibilità di cura.
Una seconda incongruenza è stata la ritardata approvazione da parte dell’AIFA dei monoclonali salvavita, mentre si aspetta ancora per gli antivirali usati con successo in Gran Bretagna e USA. Sorprende poi l’approvazione data in poche ore per la vaccinazione alla fascia di età giovanile, mai concessa precedentemente in tempi così brevi. Secondo l’AIFA i dati disponibili dimostrerebbero un elevato livello di efficacia mentre non si evidenziano al momento elementi di insicurezza. Eppure, la stessa PFIZER ammette che sono pochi i dati sul rischio di miocardite e bisogna approfondire.
Perché allora non attendere? Perché saltare i passi sempre seguiti per la corretta registrazione di un farmaco? Se si fosse mandato ad una rivista scientifica lo studio sul campione di bambini, sarebbe stato rimandato indietro perché non è validamente documentato. In breve, i ricercatori diffidati hanno richiesto solo richiesto il rispetto alla doverosa cautela e la aderenza ai protocolli stabiliti. È il dubbio come dovere scientifico e deontologico che è in gioco. I bugiardini sono in fondo dei documenti tecnico scientifici che le Case farmaceutiche emettono sui loro prodotti. Per motivi strategici, le Case in questa emergenza hanno chiamati vaccini quelli che vaccini non sono nel senso standard, tanto che l’OMS ha dovuto cambiare la definizione! Sono delle vere e proprie terapie di intervento genico, per cui non c’è il virus attenuato come nei vaccini standard ma vi sono delle nano particelle dette liposomi riempiti di RNA. Danno quindi alle cellule delle istruzioni geniche. In nano tecnologia questa procedura è già nota col nome di cavallo di Troia, nel senso che così facendo si forzano le difese cellulari. Se si fosse dato RNA direttamente le cellule lo avrebbero respinto, ma in questo modo si aggira l’ostacolo ed entra in circolazione del materiale genetico “nuovo” che vagamente assomiglia a quello dei nostri genitori. L’unico dettaglio, per usare un eufemismo, è che interagisce con l’organismo in un modo di cui non sappiamo nulla. Le Case farmaceutiche non informano perchè i dati sono secretati per via dei brevetti. Nessun organismo di controllo sa come sono fatti. Al microscopio elettronico a scansione si possono vedere i nano sensori introdotti. Queste nano tecnologie possono interagire con il DNA e gli effetti a medio e lungo termine non sono noti.
L’argomento decisivo per motivare la esitazione vaccinale sta nelle incongruenze della vigilanza farmacologica relativa alla vaccinazione di massa. Il certificato verde parte dal presupposto che la vaccinazione presenti delle garanzie circa la trasmissione del contagio, nel senso che i vaccinati non ne sarebbero vettori. È un malinteso, e gli esperti internazionali prevedevano giusto il contrario. Il teorema alla base del Green Pass si basa su tre assiomi, la non contagiosità del vaccinato, la avvenuta guarigione e l’esito negativo del tampone. Il primo postulato è falso, il secondo non è documentato, il terzo è vero. Si facilita quindi con la libera circolazione delle persone in possesso del passaporto verde anche la circolazione del virus. Sulla rivista Lancet si leggeva testualmente:
“ It appears to be grossly negligent to ignore the vaccinated population as a possible and relevant source of transmission when deciding about public health control measures”.
Inoltre, ritornano sempre le stesse domande. Sappiamo abbastanza dal punto di vista clinico per potere valutare i vaccini dal punto di vista dei costi e dei benefici? Sono i vaccini dei prodotti assolutamente sperimentali o no? In qualche modo sui benefici ci stiamo chiarendo le idee, non altrettanto sui rischi, perché la farmacovigilanza passiva non dice molto. Chi valuta e come valuta ogni sospetto di reazione avversa? Negli standard di valutazione di questi vaccini non c’è la possibilità di graduare la causalità. Per i farmaci comuni non è così, ci sono gradazioni per cui la farmacovigilanza del medico va accumulando evidenze di reazioni ed effetti. Ma per questi prodotti ci si deve basare su un algoritmo fatto in modo tale che ogni elemento collaterale che possa costituire una concausa diviene ora fattore determinante ed il vaccino viene escluso dal rapporto causale!
Questa è a dir poco una distorsione.
Per riassumere le motivazioni argomentate dell’esitazione vaccinale, va detto in primo luogo che la vaccinazione non impedisce la contagiosità e quindi è un equivoco fondare su di essa un green pass che induce malintesi sensi di sicurezza e consente la circolazione di un enorme numero di persone potenzialmente contagiose. In secondo luogo, i benefici hanno precisi limiti di intensità e durata per fascia di età e fattori di rischio. In terzo luogo, i rischi della vaccinazione sono solo parzialmente noti e tuttavia, malgrado i limiti dei sistemi di rilevazione delle reazioni avverse, sono paragonabili o anche superiori ai benefici per molte categorie.
FILOTEO NICOLINI
Foto: MATERNIDAD, Salvador Dalì