Fonte: huffingtonpost
Url fonte: http://www.huffingtonpost.it/antonio-caputo-/al-voto-con-una-legge-democratica-la-parola-alla-corte_b_13772106.html?utm_hp_ref=italy
Antonio Caputo 22 dicembre 2016
Italicum, un pasticciaccio brutto. La “migliore legge del mondo” secondo i suoi autori, che ora tutti, anche Renzi, nella riunione di domenica della Direzione del suo partito dopo la batosta referendaria, dichiarano di voler cambiare. Col mistero di ciò che era contenuto nel famoso foglietto consegnato a Cuperlo, non mettendosi d’accordo sul come.
Mentre incombe l’udienza della Corte costituzionale, chiamata a decidere sulla sua legittimità costituzionale da cinque Tribunali italiani, a seguito di iniziative processuali proposte nell’ultimo anno dal gruppo degli avvocati c.d. anti-italikum, nell’ambito del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale che ha promosso anche il comitato referendario per il No, con esclusione di ogni interferenza di partiti, gruppi o movimenti politici.
La decisione della Corte Costituzionale di fissare l’udienza nel termine più vicino e rispettoso dei termini minimi a difesa ha scongiurato l’avventura di elezione di un Parlamento eletto con una legge elettorale incostituzionale, il quarto dopo i tre eletti con il porcellum: un colpo mortale alle nostre istituzioni democratiche e repubblicane.
Fatti e cause di una impasse o sospensione della democrazia parlamentare? Che sempre deve prevedere una legge elettorale immediatamente operativa, non essendo ammessi vuoti normativi, intrinsecamente pericolosi per il sistema democratico.
6 maggio 2015, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, firma senza manifestare alcun dubbio e perplessità, la nuova legge elettorale. approvata definitivamente lunedì 4 maggio con 334 voti a favore e 61 contrari e dopo alcune mozioni di fiducia imposte dal Governo.
Il 1 luglio 2016 l’italicum, mai sinora applicato, è divenuto operativo. Valido solo per la Camera, giacché per il Senato della Repubblica eletto a suffragio universale diretto, art.58 Costituzione, nel 2015 era ancora in discussione la legge di riforma costituzionale che pretendeva di celebrarne il funerale, prima che defungesse.
Solo un anno dopo, 12 aprile 2016, la Camera ha dato il via libera al ddl Boschi/Renzi di riforma costituzionale, passato con 361 voti favorevoli e 7 contrari. Pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 15 aprile 2016.
Il 4 dicembre i cittadini italiani a grandissima maggioranza celebrarono il funerale non già del Senato eletto dai cittadini, ma della riforma costituzionale che negava loro il voto, con una valanga di No.
Venuto, nuovamente, al pettine il nodo della totale disomogeneità tra sistema elettorale della Camera, Italicum ipermaggioritario e iperpremiale con sostanziale mutamento della forma di governo parlamentare sostituita da un modello di premierato assoluto in capo al vincitore della lotteria di un ballottaggio senza soglia, e il c.d. consultellum al Senato di impianto proporzionalistico, sia pure con soglia di sbarramento (quale risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n.1/2014 che dichiarò l’illegittimità del porcellum).
Il resipiscente presidente Matterella, re melius perpensa, fu tenuto a sollecitare “e comunque sollecito” la necessità di armonizzare i due sistemi prima di andare al voto. Impasse al cubo, mentre frullano diverse ipotesi, più che proposte, dei diversi gruppi politici e il partito di maggioranza al governo riesuma un mattarellum problematicamente corretto dalla rediviva neo ministra per i rapporti col parlamento, Anna Finocchiaro, che a suo tempo fu in prima linea con italicum e riforma costituzionale.
Un Mattarellum in cui alla quota proporzionale del 25% non solo si toglie lo scorporo ma – addirittura – si applica un premio di maggioranza a chi raggiunge il 40% (inedito e costituzionalmente più che discutibile uninominale accoppiato a maggioritario). È di queste ore la notizia, peraltro da verificare alla prova dei fatti, di aspettare, da parte del Pd, la decisione della Corte.
Decisione forse anche dettata dalla difficoltà di capire che fare e da divisioni interne e nella coalizione e con altri partiti. Dopo che un ineffabile Tonini, naturalmente solo dopo la vittoria del No, si era lamentato, dimenticando di esserne anche egli tra i responsabili, che “fino al 24 gennaio siamo senza legge elettorale”. Chi è causa del suo mal..
Fu Renzi a imporre l’italicum con la fiducia eliminando il senato eletto dai cittadini senza fare i conti con l’oste.
Come volevasi dimostrare il No ora obbliga a eliminare l’italicum. È certo un cul di sacco che può togliere ulteriormente prestigio all’Istituzione parlamentare e alle Istituzioni in genere e diminuire la fiducia dei cittadini.
O forse, meglio, segno di relativa impotenza di un Parlamento sostanzialmente illegittimo nella composizione numerica alterata dall’incostituzionale premio di maggioranza del porcellum, che quantomeno sconsiglierebbe nuove avventure normative.
“La Consulta non può riscrivere l’Italicum”, dice il 9 dicembre in un’intervista a Il Giornale il presidente emerito della Corte Costituzionale, Ugo De Siervo. “La Consulta potrebbe e dovrebbe dichiararsi incompetente”. È questo il primo scenario che rilancerebbe problematicamente la palla sul parlamento.
Il secondo scenario, in linea con la sentenza 1/2014 della Corte sul porcellum, appare molto più probabile, ragionevole e auspicabile per la salus rei publicae. Quando si ha lesione del diritto al voto libero, diretto e uguale? Nel caso del diritto di voto è corretto dire che è leso solo dopo che ho votato?
La sentenza 1/2014 non preclude e anzi presuppone la tutela permanente del fondamentale diritto al voto, escludendo che ci si debba limitare ad assistere impotenti allo stravolgimento di esso per evitare un pregiudizio del principio democratico, legittimando i necessari e auspicabili interventi di manutenzione dell’architettura costituzionale della stessa Corte, prima che il danno si verifichi con effetti irreversibili e anche potenzialmente pericolosi.
Interventi di manutenzione che possono generare un sistema elettorale sostanzialmente autoapplicabile tenutosi conto della legge di risulta, c.d. consultellum, derivante dalla sentenza 1/2014, a eccezione di eventuali piccoli adeguamenti tecnico applicativi, ed è il secondo scenario. O quantomeno, ed è il terzo scenario, indicazione specifica di principi per i legislatore elettorale da rendere omogenei e operativi a opera del Parlamento.
Da un massimo a un minimo di chirurgia correttiva. Tra le questioni di cui si occuperà la Corte vi è, così come proposta in particolare dal Tribunale di Messina, gli altri sono Torino, Perugia, Trieste e Genova, quella relativa alla irragionevolezza dell’italicum a Costituzione vigente per il Senato, che è ora palesemente all’ordine del giorno e può portare a declaratoria generale di illegittimità costituzionale, radicale su questo profilo.
I cittadini elettori sarebbero chiamati a esprimere il loro voto, con ineliminabile disorientamento, in base a due leggi elettorali non soltanto diverse, ma anche eterogenee, conflittuali e anche contraddittorie per “ratio” e finalità.
Mentre la legge per la Camera appare ispirata (unicamente) a ragioni della governabilità, mediante criticati meccanismi del premio di maggioranza e del ballottaggio e delle liste bloccate con indicazione del “premier” sulla scheda, quella vigente per il Senato supera radicalmente questo criterio, mantenendo un sistema proporzionale di lista con (almeno una) preferenza, sia pure con sbarramento in accesso, sulla base della disciplina risultante dalla sentenza n. 1-2014, volta a assicurare in primo luogo le ragioni della rappresentatività mediante un “meccanismo in ragione proporzionale delineato dall’art. 1 del d.p.r. n. 361 del 1957, depurato dall’attribuzione del premio di maggioranza” (Corte Cost. n. 1/2014).
Il prof. Valerio Onida, novella Cassandra, presidente emerito della Consulta, in un sua accorata riflessione sulla legge elettorale n. 52-2015, ha evidenziato a suo tempo che con l’italicum si è operato “come se la Costituzione fosse stata già cambiata”, e ha aggiunto. “Ma le leggi si fanno a Costituzione vigente, non supponendo già in vigore una nuova Costituzione” (Il Sole24Ore, 31.07.2016).
Davvero improvvido oltre che avventuroso ciò che è avvenuto. Le altre, fondamentali, questioni all’esame della Corte, per restituire agli italiani pienezza del diritto di voto, sono le violazioni del principio della rappresentanza territoriale e del voto diretto; del principio della rappresentanza democratica per illegittimità costituzionale del premio di “maggioranza”, della soglia di sbarramento del 3% per l’accesso alla ripartizione dei seggi, dei criteri di calcolo della soglia, della mancanza di soglia minima, per il ballottaggio e dello stesso ballottaggio ipermaggioritario; infine, del principio della libera scelta dei deputati da parte degli elettori, per illegittimità costituzionale dei capilista bloccati, della pluricandidabilità dei capilista e della assoluta discrezionalità delle opzioni post-voto dei plurieletti.
Per uscire da una stagione di riforme mal ponderate e inconcludenti, dannose e approssimative, restituendo ai cittadini sovranità e rafforzare o anche recuperare l’identità repubblicana messa a dura prova da una riforma che si è cercato di imporre dividendo il paese a colpi di maggioranza, vero lascito del No referendario, la parola alla Corte, è il caso di dirlo!
1 commento
Angelo d’Orsi titolava su Micromega:
TRA CITTADINI E PALAZZO UN ABISSO SEMPRE PIU’ GRANDE
e concludeva: “…In fondo non ha senso lamentarsene.”
Esatto! Non ha senso lamentarsene! Ha solo senso ragionare su come “rimandare a casa ad occuparsi d’altro, Renzi e la casta”
Il prof. Rodotà in un intervento su la Repubblica titolava:
LA POLITICA E L’ETICA PERDUTA
e concludeva: “…Ma questa constatazione porta ad un interrogativo: come restituire alla politica l’etica perduta?”
Due
aspetti dello stesso problema e quindi la soluzione è unica: sostituire
col RIGORE la MEDIOCRITA’ che intossica il Parlamento. Come? Con la
Costituzione!
Dando per scontato che la mediocrità
non può che riprodurre se stessa, solo un po’ peggio per non farsi danno
da se’, diventa indispensabile una netta cesura, una mossa del cavallo,
uno scarto democratico, per interrompere la trasmissione di quella
mediocrità da un Parlamento al successivo, da una leva politica ai
delfini designati.
E se il suffragio universale,
irrinunciabile conquista di democrazia, ci ha portato a questo percorso
di degrado e declino che pare non aver fine, diventa necessario fare
ricorso per arrestarlo ed invertirlo, ad un “occasionale” ricorso alla
Costituzione dove Essa offe alla Cittadinanza la possibilità di
intervenire DIRETTAMENTE qualora i delegati al Parlamento, si fossero
rivelati incapaci, indegni o complici.
Ancora una
volta devo ripetere su questi spazi accoglienti, ma sordi e ciechi
(MicroMega online), che lo strumento di efficacia assoluta sono gli
artt. 71 e 50, che consentono la Democrazia Diretta Propositiva, che
diventa “Impositiva” se esercitata, in funzionale congiunzione
sinergica, da una Sovranità Popolare REALIZZATA , non solo enunciata.
Il
COMITATO del NO, nato come COMITATO per la DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE,
parrebbe l’entità perfetta per attivare questo processo che potrebbe
rispondere anche alla domanda sull’etica del prof. Rodotà, portando in
Parlamento, da subito attraverso un’agenda di progetti di legge e di
riforme, elettorale compresa, il rigore morale e culturale, le
competenze e l’orientamento al Bene Comune dei suoi promotori. E alle
prossime elezioni politiche direttamente le Persone con una Lista Civica
Nazionale che porti perfettamente le insegne del COMITATO per la
DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE, per continuare da quel luogo-istituzione
l’opera avviata sul territorio e consentire alla politica di rigenerarsi
migliore con un po’ di sana astinenza dall’esercizio del potere.
Vogliamo
approfondire un’idea COSTITUZIONALE e funzionale…? Il 21 gennaio il
COMITATO sarà in assenblea a Roma: facciano che si parli del CAMBIAMENTO
REALMENTE POSSIBILE!
Paolo Barbieri