Acqui Terme: Abbattimento alberi

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Francesco Bonicelli Verrina

Acqui Terme: Abbattimento alberi

Forse qualcuno ricorderà che dieci anni fa sono stato consigliere comunale con delega alla biblioteca, per appena due anni, qualcuno fece una raccolta firme per farmi dimettere coprendomi di insulti e io fui fra i primi firmatari della petizione contro me stesso e mi dimisi. Non ho alcuna pretesa se non quella di un qualunque innamorato delle nostre colline, legato ai ricordi e agli affetti che mi legano a questi posti dove torno sempre, e l’interesse amatoriale per botanica e ornitologia, cosa sono del resto le mie materie di insegnamento storia e filosofia se non vere e proprie selve? Del resto il sindaco di allora mi aveva detto più volte testuale che non sarebbe stato “Il sindaco delle violette”, io pensavo invece che occuparsi dell’ambiente ad Acqui, come ovunque, non solo inteso come aiuole (certo anche e complimenti a chi finalmente le ha rifatte), fosse una questione trasversale di civiltà e cultura, una questione vitale e identitaria per la quale oltretutto chiunque avesse iniziato a occuparsene davvero avrebbe riscosso punti e scrollato la comunità e la cittadinanza. Non solo come risparmio energetico, tutela del silenzio, ma anche come cura del fiume, divulgazione, conoscenza e seria intelligente tutela della fauna, del territorio, della geologia, della geografia e della botanica locali, porre fine al consumo di ulteriore suolo, ampliamento delle zone pedonali vietate al traffico e soprattutto cura dell’esistente storico (si pensi agli scempi nei decenni avvenuti a danno di lavatoi pubblici, sinagoga, teatro Garibaldi, cedri secolari della Miva, etc etc) di cui fanno parte anche i grandi alberi, abbiamo bellissimi tigli, platani, magnolie, cedri, pioppi, etc, forse i più non se ne rendono conto perché li danno per scontati oppure li vedono solo per lamentarsi delle radici o della resina o delle defecazioni degli uccelli, mentre magari parcheggiano su aiuole e marciapiedi e fanno defecare i propri cani nelle aiuole delle quali poi si lamentano. Una comunità è anche questo, cura e considerazione dell’esistente, la comunità non solo accoglie e nutre ma aspetta anche chi fa ritorno, come gli uccelli migratori, che non fuggono da qualcosa ma verso qualcosa e tornano al loro posto sicuro, come anche molti di noi. Un posto sicuro è un posto che conserva non solo mentalità, discutibili, ma custodisce anche l’orizzonte e possibilmente lo migliora non lo peggiora, o lo lascia religiosamente in pace. Certamente le nostre vie e piazze saranno deturpate gravemente (anche danneggiate economicamente) dalla scomparsa di quegli alberi, quando anche ne venissero ripiantati i nuovi che non è detto attecchiscano ci metteranno parecchi decenni a tornare tali e soprattutto se il problema è dovuto a un fungo (complice il cambiamento climatico) ci domandiamo se vengano fatti i trattamenti necessari a impedire che il fungo attecchisca negli altri alberi, addirittura dove si vogliono custodire gli alberi secolari si possono fare applicazioni per riempire i tronchi cavi e metterli in sicurezza e soprattutto ci domandiamo se verranno prese iniziative per tutelare le povere radici massacrate degli alberi che certo poi marciscono. Mi ricordo in Australia nessuno può tagliare un eucalipto anche urbano dove ci siano colonie di uccelli, opossum o koala. Ci domandiamo anche se quindi non si potesse fare diversamente. Ma poi un cartello di avviso e divieto di parcheggio come è stato messo per i tigli di piazza Matteotti evidentemente messo da un giorno all’altro non tiene conto che ci possano essere persone che lasciano l’auto per più giorni che magari non ne abusano tutti i giorni e non si possono immaginare che verranno abbattute quelle piante, oltretutto in un periodo nel quale, cariche di foglie, rappresentano un doppio o triplo lavoro e spreco di soldi pubblici per essere rimosse. Gli alberi quando davvero non possano essere risparmiati vanno abbattuti in inverno non solo perché senza fogliame ma anche perché questo di maggio in cui vengono tagliate è il periodo della nidificazione e qui viene proprio la parte forse più grave. Nonostante inquinamento, specie invasive non autoctone, etc la nostra cittadina è piena di passeriformi, cince, merli, codirossi, pettirossi, etc e anche colombacci e tortore (che anni fa erano completamente rimpiazzati dai piccioni urbani), sono un patrimonio una ricchezza con i loro versi che ci riportano a una dimensione dimenticata, sono custodi di biodiversità e poesia, come gli alberi sono templi, Papa Francesco ci ricorda che il creatore perdona ma la creazione no, e lo stiamo drammaticamente vedendo. Ci sono articoli e leggi che grazie all’impegno di Lipu, Wwf, Legambiente, Italia Nostra (fondata dal grande scrittore Giorgio Bassani e dalla figlia di Benedetto Croce Elena), dei ministri liberali Zanone e Biondi, tutelano la fauna e sappiamo che si potrebbe sempre aspettare ad abbattere le piante quando sono cariche di nidi di uccelli da tante città e cittadine scomparsi e per fortuna non ancora dalla nostra nonostante il clima e la disattenzione. Non sono genitore e non posso capire la preoccupazione di un genitore, ma siamo sicuri che i bambini che giocano in piazza Matteotti e nelle altre vie e piazze non potrebbero che essere interessati dallo scoprire che per un po’ dovranno stare attenti ad avvicinarsi all’albero che viene lasciato affinché gli uccellini possano lasciare i nidi e poi sarà abbattuto perché pericoloso, se davvero pericoloso e senza alternative. O forse i bambini sono una scusa, si pensa sempre prima alle automobili, al cemento e all’asfalto. Non voglio accusare nessuno dal mio piccolo “pulpito”, né la giunta né il consiglio in carica, né l’opposizione (che mi pare si occupi di altro) ma scrollare la cittadinanza perché queste cose non sono crisi della politica ma crisi di civiltà e mancanza di attenzione popolari, anche i nidi sono politica anche gli alberi, se per politica intendiamo cura collettiva. Non posso che ricordare le odi del poeta Renato Morelli alle nostre belle magnolie, e l’ombra dei tigli e la loro comunità cinguettante, a me assai meno estranea di quella umana talvolta, e so che mi mancheranno come persone.
Ad Acqui non esistono solo le Terme e un eventuale glorioso passato di fasti perduti, esistono tante cose minori alle quali fare attenzione e dare importanza, tutte insieme fanno la civiltà, qui come ovunque in posti messi anche molto peggio e anche in altri messi meglio, quello che uccide è la disattenzione indifferente a tutto, in cui per ogni cosa per un ramo caduto o per un brutto voto si finisce al TAR, e quindi non è solo colpa delle istituzioni ma della collettiva totale non accettazione della vita nella sua realtà e non assunzione di responsabilità. Mia nonna si inciampò in una radice e si ruppe un polso che non tornò mai più come prima e per paura che una sua richiesta avrebbe poi portato all’abbattimento del capro espiatorio: la pianta, preferì non chiedere nessun risarcimento al comune.

Francesco Bonicelli Verrina, socio Lipu da 15 anni
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