A volte ritornano: Marcello Pera, generosamente e dottamente si propone al ruolo di consigliere di Salvini

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Franco Cardini
Fonte: Minima Cardiniana

A VOLTE RITORNANO…
COME IL PROFESSOR SENATORE, REDUCE DALLA JOHNS HOPKINS, GENEROSAMENTE E DOTTAMENTE SI PROPONE CANDIDATO AL RUOLO DI CONSIGLIERE CULTURALE DEL FUTURO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
… a volte ritornano: e allora, che gioia! La notte di Ognissanti è meglio nota in età postmoderna come quella di Halloween, allorché com’è noto i révenants, “quelli che ritornano”, fanno appunto il loro mestiere di Ritornanti. E qualcuno di loro è illustre: si è perfino manifestato in giro con Salvini, e chissà in quali altre solenne occasioni lo rivedremo.
Magari col suo sodale senator Verdini, candidato “suocerissimo” del futuro presidente del Consiglio, e ancora con l’eurodeputata Ceccardi e chissà con quale altra eletta compagnia.
Ci era mancato, il Professor Senator Marcello Pera, Presidente del Senato nella beata era berlusconiana, illustre coautore di un apprezzato volume nientemeno che con Benedetto XVI (una volta ebbe a rivelare che certi malevoli attaccavano il papa perché, in realtà, volevano colpire indirettamente lui). Se n’era andato, a quanto pare negli States. E là è stato addirittura alla Johns Hopkins, dove data la sua fine cultura umanistica (non ha fatto il liceo classico, ma per il resto è coltissimo) avrà certamente apprezzato la celebre library nella quale i testi classici abbondano. Difatti ha perfino discusso con i suoi colleghi di quell’Università anche a proposito di Tucidite, credo importante autore della classicità ellenica che peraltro io – mi scuserete: non sono un grecista – non conosco, ma che dev’essere parente e coevo di Tucidide. Del Professor Pera del resto, a riprova della sua vasta e profonda cultura, si ricorda in particolare una dotta conferenza di alcuni anni or sono, durante la quale egli dottamente ebbe a sostenere che uno dei problemi che rendevano impossibile il dialogo fra il nostro Occidente e l’Islam sta nel fatto, appunto, che l’Islam non conosce Aristotele. Fondamentale, ma anche stupefacente notizia. Chissà come ci sarà rimasto male Dante, del quale stanno per scoccare le celebrazioni centenarie, che attraverso il suo maestro san Tommaso d’Aquino ha imparato a interpretare Aristotele grazie al commentario di Averroè, vale a dire l’arabo-ispanico (e musulmano) Ibn Rushd. Ma il Professor Senatore, dicevamo, il liceo classico non lo ha fatto: quindi la Divina Commedia deve averla letta un po’ alla svelta, e il legame tra Aristotele, Averroè e Dante gli è sfuggito. D’altronde, nessuno è perfetto.
Poco male. Magari alla Johns Hopkins avrà recuperato molto del già posseduto, ma poi perduto sapere. Dev’esser lì che gli hanno spiegato anche la differenza tra Jahvè e Allah (oh, severi mani del cardinal Nicola di Cusa e di Louis Massignon!…) e che Bergoglio bislaccamente pensa “che ci sia un Dio solo uguale per tutti” (mentre invece il professor senatore, evidentemente, è politeista). Queste perle di saggezza stanno tutte in un’interessante InterSvista da lui rilasciata e comparsa il 25 ottobre scorso nel quotidiano on line “La Gazzetta di Lucca”. Ad essa rimandiamo per i dettagli, con la raccomandazione di non perdersela: il divertimento è garantito. Vi si affrontano tra gli altri temi la crisi dell’Occidente, la decapitazione di Samuel Paty a Parigi, il pericolo dell’Islam nel suo insieme (non solo di quello estremista e fondamentalista), l’“apostasia” di papa Bergoglio, gli italiani e il Covid, l’ipocrisia delle classi dirigenti progressiste e la dissoluzione della famiglia naturale.
Il Professor Senatore, che molti anni fa era un noto mangiapreti ma che dev’essersi convertito anche grazie alla sua frequentazione con l’attuale papa emerito quando insieme scrivevano un noto best seller, c’informa che Bergoglio non vede più Dio. Dal che s’inferisce che lui, il Professor Senatore, Dio lo vede. Quindi ci avverte che siamo vicini a uno scisma: e noi, da buoni fedeli cattolici, speriamo ardentissimamente che scenda anche lui in campo insieme con gli scismatici.
Comunque, quella godibilissima InterSvista, andatela a cercare e leggetevela bene. È roba da manuale, da antologia: un’impareggiabile Hit Parade di luoghi comuni. L’averne messi insieme tanti, e tutti ordinatamente in fila, è stato quasi un colpo di genio.
Basti questo splendido ritratto di cattolicesimo e protestantesimo messi a confronto nella storia americana:

“Intendo che papa Bergoglio è di cultura sudamericana, e che il contributo dei gesuiti alla civiltà politica sudamericana è stato inferiore a quello dei protestanti al liberalismo e alla democrazia nordamericana. Più che dittature e colpi di stato militari, io non ricordo molto altro nell’America del Sud. Questa differenza fra protestantesimo e cattolicesimo dovrebbe essere studiata e meditata. C’è un dato storico: quando il primo professava la democrazia, l’altro era ancora fermo alla teocrazia”.

Voilà, eccoci serviti. Delle reducciones del Guaranì e dei gesuiti che armavano gli indios contro le incursioni dei bandeirantes schiavisti al servizio dell’illuminato affarismo di gente come il marchese di Pombal il Professor Senatore – al pari del resto di Italo Calvino e di Alberto Moravia – non sa nulla, e sì che ne aveva parlato perfino il nostro vecchio grande Ludovico Antonio Muratori ne Il cristianesimo felice; del genocidio dei native Americans da parte dei bravi statunitensi di cultura squisitamente protestante alla Johns Hopkins gli hanno taciuto. È uno così a giudicare la “cultura sudamericana” di papa Bergoglio. Quella sua, evidentemente, si affida alle vecchie scenette in TV della pubblicità del Caffè Paulista scritte da Pier Carpi (“Carmencita, gioia mia – spegni il gas e vieni via!”).

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