Sentire e vedere Renzi nell’aula di Strasburgo mi ha ricordato un’ intervista vecchia di 40 anni a Franco Franchi: il personaggio noto per la sua ingenua e guittesca comicità asserì che tra i suoi hobby c’era la lettura di filosofi come Kant e Hegel, suscitando tanta ironia che alla fine dovette ritornare sulle incaute parole ammettendo che aveva sparato cose senza senso solo per darsi un tono. Molta acqua e acqua sporca è passata sotto i ponti da allora eppure il discorso vacuo del premier, affatturato da citazioni liceali e da gergo di nerd della domenica, ricorda appunto il tentativo di darsi un tono posticcio di fronte ai parlamentari europei.
In mancanza di cose da dire e afflitto dalla contraddizione di essere tra i grandi elettori di Juncker, parte della grande alleanza per il mantenimento dello statu quo ante europeo e della dottrina dell’austerità, dunque al centro del triste selfie continentale, ha cercato ancora una volta scampo in una sorta di anagrafe giovanilistica, cercando al tempo stesso di accreditarsi come qualcuno che sa di Pericle e Aristotele, che ha letto anche l’Odissea: insomma come un personaggio politicamente consistente di fronte alle incredule facce dei parlamentari Ue, volte a un irresistibile sarcasmo. Ma poi come nemmeno Berlusconi aveva osato, neanche dopo la famosa scena del Kapò, si è sottratto all’intervista di rito per rifugiarsi nelle accoglienti mani di Vespa, capace di montare la fuffa come fosse panna. Persino l’ensemble del giornalismo euroconformista gli ha fatto paura, casomai fosse partita qualche domanda che lo costringesse a dire qualcosa di concreto e sensato, qualcosa di più del rosario di ovvietà, luoghi comuni, di nuovo e riforme che recita insieme all’assemblea dei fedeli mentre i media chierichetti agitano il turibolo dell’incenso in maniera vergognosa. C’era il pericolo di scoprire il bluff.
Così via dalla pazza folla dopo il discorsetto che gli sarà costato un po’ di giri su Wikipedia, altrimenti sarebbe forse stato costretto a spiegare il senso della nobile riforma del Senato, dei conti che non tornano, della ripresa mancata e che tuttavia continua ancora a marcire nello stupidario dei giornaloni del potere. Ciò che rimane e appassiona informatori e commentatori è Matteo Telemaco, tutti ignari, il protagonista come i suoi aedi di corte, della pessima fine che farà il ragazzo una volta morto o invecchiato Ulisse che in questo paragone non potrebbe che essere Berlusconi. Certo bisogna andare un po’ oltre l’Odissea del liceo per scoprire che la saggezza dei padri quasi mai si riversa sui figli., mentre la loro follia è ereditaria. Ma il grande interrogativo del momento è chi mai siano i Proci, visto che ormai la si butta persino su Omero pur di non parlare del dramma italiano. Saranno la cattiva Germania che ha allevato e imposto Renzi o non quelli che fanno finta di combattere l’austerità seguendone poi fedelmente le imposizioni? Bè la risposta è persino alla portata degli aedi perché burbanza e barbarie culturale,vuotaggine politica e tentativo di impadronirsi della dote di Itaca ne sono una spia inconfondibile: il primo dei proci è proprio Renzi.