Fonte: huffingtonpost
Prima ancora che i “numerini” il governo ha sbagliato la sua analisi politica sull’Europa. Alla prima verifica dei rapporti di forza, il saldo dello scontro fra governo di Roma e Bruxelles, è alla fine un pietoso isolamento
di Lucia Annunziata – 21 novembre 2018
Forse ha sbagliato I “numerini”. Ma più di tutto, giudicando oggi il percorso fatto fra Italia e Europa, a bocciatura avvenuta, è chiaro che il governo di Roma ha sbagliato soprattutto le previsioni politiche. Che non è poco per chi è alla guida di un paese.
Val la pena ricordare in questo momento che la coalizione gialloverde ha presentato la manovra ora bocciata rassicurando l’opinione pubblica contro i tanti allarmi (risultati veritieri), sostenendo con certezza che l’Italia non avrebbe subito nessuna conseguenza. Le ragioni di questa supposta impunità del nostro paese, secondo la versione di governo, si sono rivelate quasi tutte fake news. Cioè tutti argomenti veri, se presi uno per uno, ma cuciti a disegnare un quadro che si è rivelato poi fantasioso. Gli argomenti principali usati: 1) l’Italia non è affatto messa così male, perché al suo debito pubblico alto corrisponde un altissimo risparmio privato; 2) l’Italia è uno dei paesi fondatori, dunque a differenza della Grecia “is too big to fail”; 3) l’Europa non potrà rifiutare un dialogo sulle conseguenze dell’austerità, visto che il problema esiste per tutti gli Stati Membri.
Tutti questi temi insieme formavano le ragioni che avrebbero poi dovuto favorire il nostro paese: l’Europa, si diceva, sarebbe entrata essa stessa, in una stagione di “cambiamento” durante la prossima campagna elettorale, segnata dalla rivolta sovranista di molti paese. Tutti i suoi leader, sotto il peso delle pubbliche opinioni nazionali, non avrebbero osato fare qualcosa di così “feroce” come punire un grande socio dell’Unione qual è l’Italia e un governo votato dalla metà degli Italiani. Il retropensiero di questa analisi è ancora oggi in voga – che le nuove elezioni europee daranno una maggioranza ai nuovi governi sovranisti, e che dunque in ogni caso, se non vinta nelle trattative, la battaglia con l’Europa sarà vinta nelle urne. Nuovi eletti, nuove maggioranze, nuove regole. L’Italia in questo racconto fra pochi mesi, cioè dopo le Europee di maggio, sarà non solo vittoriosa, ma addirittura ispirazione, modello di come si cambia il mondo. Sarà così forse, a maggio, ma per ora, dopo la bocciatura, è chiaro che questo approccio politico si è rivelato sbagliato.
L’errore maggiore è stato ancora una volta nello “sguardo” sull’Europa. Quell’Unione descritta come impotente, incapace di prendere decisioni gravi, ricattata dal suo elettorato, impegnata a compiacere i suoi nemici pur di esistere, si è rivelata nei nostri confronti una “belva”. Inflessibile sulla difesa delle regole, sprezzante per molti versi, e soprattutto senza mai alcuna apertura a ragioni e ancor meno trattative.
Il fatto è che da quando, a giugno, il governo del cambiamento ha elaborato il suo contratto, il panorama intorno all’Italia è velocemente cambiato, per molti versi drasticamente deteriorato. Nel lungo addio della Brexit si è formato un nucleo di disfacimento dell’ordine politico inglese; nelle elezioni della Germania il potere della Merkel, per la quale si prevedeva un lungo addio, si è invece quasi azzerato di colpo; la crisi del “nemico preferito” dei sovranisti italiani, il Presidente di Francia Macron, ha raggiunto un livello di quasi non ritorno. L’ostilità anti Ue degli Usa di Trump e della Russia di Putin, hanno aggiunto una seria restrizione dello spazio dell’ordine continentale di cui facciamo parte.
Insomma, l’Europa attuale è molto più in crisi di quanto fosse solo nel giugno scorso. E, proprio per questo, oggi che lotta per la propria esistenza, ha messo da parte l’approccio magnanimo, burocratico, pasticcione, glorificante, che finora ha permesso alla Ue di inglobare o almeno di far convivere tutti i mal di pancia degli Stati membri. Oggi che ha paura di estinguersi, oggi che ha tutte le paure, di ogni tipo ragione e e razza, l’Europa ha estratto i coltelli. Non sarà un caso che nemmeno gli stati ” amici” o “modello” del sovranismo gialloverde italiano, hanno aiutato gli Italiani nella loro battaglia per la finanziaria.
Il primo ad aver avuto sentore di questo cambio di paradigma è stato, non a caso, ancora una volta, il nume tutelare della coalizione gialloverde, il professor Savona, che domenica scorsa scriveva, sulla prima pagina del Sole24ore, che, salvo poche eccezioni, nessuno in Europa ha risposto alla richiesta italiana di dialogo: “a cominciare da Junker si sono trincerati in un silenzio che voglio rifiutarmi di considerare mancanza di volontà di dialogo sui veri problemi dell’Unione”. Quasi una supplica dell’undicesima ora, che però non ha cambiato il risultato finale.
Alla prima verifica dei rapporti di forza, il saldo dello scontro fra governo di Roma e Bruxelles, è alla fine un pietoso isolamento. E un risultato infimo: la Eu ha dato alla coalizione giallo verde meno flessibilità, come spiega su questa stessa testata Giuseppe Colombo, di quanto ne abbiano avuto sia Renzi che Gentiloni.
La macchina della manovra di finanza è apparsa insomma in corsa a luci spente nella notte antieuropea. Speriamo almeno che ora che inizia una fase ancora più delicata, in fondo alla quale comincia a profilarsi una crisi dello stesso governo, Palazzo Chigi accenda almeno i fari.