Nel gran festival dell’ipocrisia, andato in scena nelle sale di Palazzo Madama e di Montecitorio, a chi assegnereste il premio per la migliore “leccaculata” al neo presidente Draghi?
Io ho avuto molti dubbi, mentre seguivo il dibattito alla TV, su chi fosse il più meritevole di ricevere la Palma d’oro della ruffianata, o il Nastro d’argento dell’adulazione più sfrontata.
Confesso di essere andato in confusione…
Quelle frasi assurde, gli infiniti cliché vomitevoli, le ironie repellenti, le citazioni banali, l’insopportabile gergo politico, gli inutili neologismi, gli slogan promozionali, e i tentativi penosi d’improbabili autogratificazioni…
Tutti i partecipanti erano visibilmente immersi nell’illusione di essere protagonisti di una pagina di storia… Ignari dei ghigni di Draghi e della sua poderosa filiera, sapientemente celati dietro le mascherine colorate.
Stavo per spegnere… quando ha preso la parola un certo Roberto Giachetti, e ho capito subito che, almeno per me, sarebbe stato lui il vincitore del festival. Un campione, un vero fuoriclasse della slinguazzata.
Ha pronunciato il discorso con le mani giunte come fosse in devota preghiera…Ha paragonato Draghi a Totti “che sapeva fare i bei passaggi”, ha messo in fila un’accozzaglia di parole umide, tutte pronunciate con quell’orribile falsetto…
Ha perfino promesso fedeltà, come se ci fosse del merito nella fedeltà di un eunuco…
Ma soprattutto, ed è qui che è emersa la classe superiore, è riuscito a leccare quasi contemporaneamente quello di Matteo Renzi a distanza, e quello di Mario Draghi in presenza.
Un capolavoro. Felicitazioni!
Però, onorevole, la prossima volta tra la leccata ad uno e la leccata all’altro, faccia una piccola pausa.
Solo il tempo per riprendere il fiato, e soprattutto per farsi sanificare la lingua.
Almeno in tempi di pandemia, un po’ d’ igiene diamine!