Fonte: facebook
di Alfredo Morganti – 1 ottobre 2014
Oggi ‘l’amaca’ di Serra è una specie di scempiaggine (lo dico con tutto il bene che voglio a uno dei migliori giornalisti italiani). L’idea di base è la seguente: l’articolo 18 protegge i garantiti, ma c’è poi tutto il mondo della ‘mobilità’. Ergo: siccome il secondo non può sentirsi garantito da quell’articolo di legge, aboliamo quest’ultimo. Si tratta di mettere mano alla precarietà, tutt’altra cosa rispetto a un provvedimento nato per proteggere “sindacalisti e comunisti” dalla mano pesante del padrone. Si tratta di affrontare il nodo del lavoro nella sua complessità, non tutelare sempre gli stessi.
Continuo il ragionamento io: oggi il padrone è solo un datore di lavoro, una controparte, un amico, un padre di famiglia, un compare. Perché i lavoratori (che ne deduco sono diventati invece, coi loro 1000-1500 euro al mese, la parte forte, garantita, i veri dominus) esagerano a voler ‘risiedere’ nel loro luogo di lavoro senza esserne cacciati ingiustamente. Si precarizzino tutti, allora, e non se ne parli più. Tutti uguali, tutti sul mercato senza preclusioni. Senza asimmetrie. Perché se siamo tutti precari, allora il padrone può scegliere, ha le mani libere. Cresce l’occupazione (di che qualità non importa). Sarà il mercato stesso, la “meritocrazia” a soppesare adeguatamente i vitelli sul bilancione. Oggi, come dice Nadia Urbinati nella pagina accanto a quella di Serra, molti “pensano che la democrazia debba avere una nuova regia: non la legge (il legislatore, lo stato), ma il mercato”. La mano invisibile, che poi è una mano in carne e ossa.
Serra è certo che ‘tutti precari’ vorrà dire linearmente ‘lavoro per tutti’. Finge di non sapere (o non sa) che i capitali non calano sul mondo del lavoro, solo perché precarizzi, solo perché dai una mazzata al mondo del lavoro stesso. Finge di non saper (o non sa) che, se precarizzi oltremodo, gli addetti aumenteranno senza che cresca la quota salariale. Padri e figli si divideranno il tozzo di pane che oggi guadagnano principalmente i padri e che poi riversano ai figli per mantenere i loro studi. Punto. Più lavoro che vale meno. Serra pensa che indebolendo il lavoro se ne crei di più. Forse, ma di che tipo? Che genere di precarietà subentrerà all’attuale? Perché precarietà resterebbe: non si chiamerà più co.co.pro. ma contratto a tutele crescenti che non crescono mai sino in fondo. E si fermano sempre un passo prima del dovuto. Si vuole eliminare la precarietà? Bene, allora le tutele crescano sino a essere garantiti anche contro i licenziamenti ingiusti. Ma non mi sembra questa l’aria. L’aria è: tocca agli imprenditori licenziare, non allo Stato tutelare.
È l’economia che cambia le condizioni dell’occupazione, non le regolette del mercato del lavoro. In assenza di domanda nessuno investe sulla nuova occupazione, al massimo (a parità di quota salariale, ossia svalorizzando il lavoro) assume ‘in prova’ per tre o quattro anni (se va bene) un ingegnere ambientale tipo ‘cervello in fuga’ a fare l’amministrativo o a riordinare il magazzino, nella speranza che un giorno, chissà, forse, vediamo… Questo è. È come dare 80 euro a una famiglia sperando che questo sblocchi l’economia. Da pazzi. È come scaraventare un bicchiere d’acqua in mare attendendo una marea. La marea viene se rilanci la domanda, se immetti risorse, se operi sulla produttività, se lavori alla crescita (formazione del capitale umano, nuove tecnologie, ricerca e sviluppo, reti innovative, ruolo attivo dello Stato). Il resto è solo un dazio pagato all’Europa della banche e dei conservatori. Una svalutazione del lavoro in assenza della possibilità di svalutare la moneta. Tutto qui. Con un’amaca si può moraleggiare non sputare analisi politiche smart. Alla Renzi, per dire. Anche se temo che, sull’amaca, Serra ultimamente si sia un po’ addormentato.