Natale 2024 in Siria: speranza e contraddizioni in un paese sotto tensione
In un contesto segnato da profonde ferite e cambiamenti politici controversi, i cristiani di Aleppo e di tutta la Siria si preparano a celebrare il Natale. Monsignor Hanna Jallouf, vicario apostolico latino di Aleppo, descrive un clima in cui la speranza si intreccia con la cautela. La Messa della notte di Natale sarà celebrata alle 18, anticipata a causa del coprifuoco, e sarà trasmessa dal canale governativo “Syria”, un tempo simbolo dell’opposizione al regime.
La Sfida della Libertà Religiosa
I nuovi governanti, esponenti di una leadership estremista-jihadista che ha attraversato trasformazioni ideologiche e organizzative, hanno garantito la libertà di celebrare le liturgie natalizie. Tuttavia, il clima festivo è temperato dal rispetto per il lutto che avvolge gran parte della popolazione, reduce da anni di guerra civile e violenze settarie.
Mons. Jallouf ricorda il passato recente di persecuzioni subite dai cristiani nella regione di Idlib, dove lui stesso ha vissuto durante i momenti più bui del conflitto. “Eravamo perseguitati, privati dei nostri beni e considerati cittadini di decima categoria”, racconta. Eppure, dal 2018, con la svolta politica dei jihadisti verso la costruzione di uno Stato, le condizioni sembrano essere migliorate, almeno in superficie.
Contraddizioni di un “Volto Nuovo”
Il leader Abu Mohammad al-Joulani, un tempo associato al gruppo jihadista al-Nuṣra, si presenta ora come il promotore di una “nuova Siria”. Mons. Jallouf sottolinea che il cambiamento è reale ma fragile: “Hanno restituito ai cristiani le loro proprietà e mantenuto molte promesse, ma tra i combattenti rimangono gruppi estremisti il cui controllo è incerto”.
Questo nuovo scenario, che da un lato offre margini di libertà e dall’altro conserva elementi di radicalismo, alimenta visioni contrastanti anche tra i vescovi siriani. Mons. Jallouf, pur mantenendo una prospettiva fiduciosa, riconosce che “non tutti condividono questa visione ottimistica”.
Una Comunità Radicata
La celebrazione del Natale assume una dimensione simbolica per la comunità cristiana, che vuole ribadire il proprio radicamento nella società siriana. “Non siamo una minoranza”, dichiara con forza Mons. Jallouf. “Siamo parte integrante di questa terra e di questo popolo.”
Il Futuro della Siria: Un Mosaico Fragile
La Siria del Natale 2024 si presenta come un mosaico incompleto, dove le tessere della libertà, della convivenza e dell’uguaglianza restano in bilico. Il sogno di Mons. Jallouf, condiviso da molti cristiani, è quello di una Siria finalmente libera, sicura e accogliente per tutti, dove la diversità religiosa e culturale sia fonte di forza e non di divisione.
Tuttavia, la realtà sul campo è ben più complessa. Il ritorno di alcune famiglie sfollate e l’abolizione del servizio militare obbligatorio rappresentano segnali positivi, ma il percorso verso una vera democrazia rimane incerto, soprattutto sotto la guida di un governo le cui radici affondano nell’estremismo.
Il Natale 2024 in Siria si celebra tra speranze e ombre. Per i cristiani e per l’intera popolazione siriana, questa festa rappresenta non solo un momento di riflessione spirituale, ma anche un’opportunità per riaffermare la propria identità in un contesto politico e sociale ancora in evoluzione. La strada verso una Siria pacificata e inclusiva è lunga, ma ogni passo, per quanto piccolo, conta.
La Lotta dei Cristiani nelle terre di persecuzione: Un grido dal Medio Oriente
Oltre 300 milioni di cristiani vivono oggi in Paesi dove subiscono discriminazioni, violenze o repressioni a causa della loro fede. Questo dato preoccupante emerge dal rapporto della Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), che analizza le condizioni dei fedeli in 28 nazioni. L’Africa e il Medio Oriente emergono come le aree più critiche, mentre il Natale, simbolo di pace e speranza, si avvicina in un clima spesso segnato da guerra e povertà.
Secondo Marta Petrosillo, direttrice del rapporto biennale sulla libertà religiosa per ACS, l’Africa è diventata l’epicentro della violenza estremista islamica. Negli ultimi anni, l’espansione dei gruppi jihadisti ha portato devastazione in regioni come il Sahel e il Lago Ciad. La Nigeria e il Burkina Faso sono tra i Paesi più colpiti: in Nigeria, l’azione combinata di Boko Haram e dei mandriani Fulani ha reso la vita impossibile a milioni di cristiani, mentre in Burkina Faso si registra una vera e propria escalation di attacchi terroristici, con una popolazione cristiana che soffre perché minoranza. Situazioni analoghe si riscontrano in Mozambico, Sudan e nella Repubblica Democratica del Congo, dove i confini porosi facilitano il movimento dei gruppi armati.
Anche il Medio Oriente continua a essere una terra di martirio per i cristiani. In Siria, la guerra civile ha ridotto drasticamente la popolazione cristiana: da 1,5 milioni di persone nel 2012 a circa 250.000 oggi. Ad Aleppo, una delle città storicamente più significative per la cristianità, la comunità si è ridotta a meno di 30.000 fedeli. In Palestina, nella Striscia di Gaza, i pochi cristiani rimasti trovano rifugio nelle chiese locali, ma soffrono per una crisi economica aggravata dalla guerra e dalla mancanza di turismo. Anche in Libano, un tempo pilastro per l’aiuto ai Paesi vicini, l’instabilità politica ed economica ha trasformato il Paese in un epicentro di crisi.
La voce di questi cristiani non deve rimanere inascoltata. Le loro storie di fede e resistenza sono un richiamo alla solidarietà globale, affinché le sofferenze di milioni di persone trovino eco e risposte concrete.