FENOMENOLOGIA DEL DESTINO SECONDO ERNESTO SABATO
Il romanzo “Sobre Heroes y Tumbas” * dello scrittore argentino Ernesto Sabato (1911-2011) è stato considerato di forma unanime come la sua opera maestra. In essa illustra la tormentata storia di una famiglia durante un lungo periodo che va dalle guerre di indipendenza in Argentina ai giorni nostri. Ho preso e tradotto liberamente un brano illuminante sulla sua concezione del Destino, brano tratto da un dialogo tra i due personaggi chiave. Mi è parso scritto alla perfezione con la sua consueta disinvoltura da maestro della lingua castigliana. La protagonista argomenta che la sua vita si deve a una circostanza del passato dove fu protagonista il bisnonno.
“Non hai udito che la vita è più complicata del commercio di un turco? Il Destino era quella volta un nero grande e feroce, uno schiavo del mio bisavolo, un tal Benito. Perché il Destino non si manifesta in astratto ma è a volte un coltello di uno schiavo e altre volte il sorriso di una donna nubile. Il Destino sceglie i suoi strumenti, subito si incarna e poi viene la fregatura. In questo caso si materializzò nel nero Benito che le sferrò una coltellata al tenente con la sufficiente sfortuna, secondo il punto di vista di Benito, che Io ho potuto esistere molti anni dopo. Io sono stata appesa a un filo di seta e di circostanze fragili perché, se non sente le grida di Maria de los Dolores dalla terrazza ordinando che non lo uccidesse, Benito liquida il tenente di forma perfetta e definitiva, come era la sua intenzione, ma non quella del Destino che, sebbene si fosse incarnato in Benito non aveva le sue stesse opinioni e teneva le sue piccole differenze. Cosa che succede spesso, perché, chiaro, il Destino non può andare scegliendo di forma così precisa la gente che gli servirà come strumento. Allo stesso modo che, se hai fretta per arrivare a un posto, cosa di vita o di morte, non vai a fissarti molto se l’auto è di colore verde o se il cavallo ha una coda che non ti piace. Si prende quello che si trova a mano. Per questo il destino è un poco confuso ed equivoco: lui sa bene quello che vuole in realtà, ma la gente che lo esegue non tanto. Come quei subalterni mezzo tarati che mai eseguono alla perfezione ciò che gli si ordina di fare. Così il Destino si vede obbligato a procedere, a fare le cose, sebbene male, ma farle in ogni modo. E molte volte deve ubriacarli o stordirli. Per questo si dice che il tipo era fuori di sé, che non sapeva quello che faceva, che aveva perso il controllo. Naturalmente. Altrimenti, invece di uccidere Desdemona o Giulio Cesare, vai a sapere la pagliacciata che avrebbero fatto.”
Mi viene alla mente il caso di Carl Unger, giovane soldato austriaco, ferito per accidente da un commilitone con una pallottola che si annidò vicino al cuore e mai fu possibile estrarre. Sopravvisse. Durante la convalescenza comprese che la vita gli era stata risparmiata, e che andava impiegata in qualcosa di nobile. Da allora si dedicò agli studi di filosofia spirituale dove emerse come figura distaccata dell’Antroposofia. Quaranta anni dopo, morì per un colpo di pistola sparato da un folle per strada.
*Sugli eroi e le tombe.
FILOTEO NICOLINI
Immagine: CIURLONIS-WRATH