Il festino degli irresponsabili

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Giuseppe Di Maio
Fonte: InfoSannio

Quello che succede in questi giorni ci insegna più di una cosa. Se un elemento sfugge all’armonia costituzionale può distruggere tutta la struttura, proprio com’è stato per la legge elettorale che, lasciata fuori dall’ordine voluto dai padri della Repubblica, alla fine sta distruggendo la Costituzione. Già altre volte ho detto che una legge elettorale sbagliata genera un parlamento truccato senza corrispondenza con la volontà degli elettori, così è facile che da questo nascano leggi e riforme che nuocciono gravemente alla collettività. E’ meglio dunque non dimenticare che tra tutti i guardiani della Costituzione (Presidente della Repubblica, Corte Costituzionale…) l’unico veramente valido è il popolo italiano. Ma questo popolo deve stare all’erta, non deve rimanere annebbiato dalle narrazioni, non deve abituarsi allo sconcio, deve essere in grado di indignarsi costantemente per non perdere la propria capacità di insorgere.

Se non si resta indignati dalle giravolte dei propri governanti: di chi una volta diceva di risolvere le migrazioni con il blocco navale, di cancellare le accise, di avere a cuore la giustizia, l’ordine, di volere un parlamento di gente con la fedina penale pulita; se non ci si indigna per un ministro che ferma i treni per scopi privati, per un altro che non paga i propri impiegati, per uno che è stato condannato per truffa, e un altro che spara durante una festa, allora senza renderci conto stiamo allevando mostri che potrebbero portarci a una nuova tragedia nazionale finanche più aspra di quanto fu quella del ventennio fascista. Se poi ci viene in mente di insorgere assieme a coloro che hanno allestito questa legge elettorale, che hanno voluto la riforma del Titolo V della Costituzione, che hanno chiesto per la propria regione l’autonomia differenziata, allora di certo siamo tra quelli che sperano nella sincerità di chi ha votato contro il reddito di cittadinanza, di chi non ha voluto il salario minimo quando era al governo, di chi ha votato una pessima riforma della giustizia, di chi non ha mai voluto una legge sul conflitto d’interesse, di chi non ripudia la guerra. Non è la prima volta che questo popolo segue pifferai con la voce tonante, pagliacci dai palchi delle adunate, e poi torna dopo un’ecatombe e indicibili sofferenze da coloro che hanno una voce pacata, che sono responsabili di quello che dicono, che fanno appello alla ragione e non ai sentimenti.

Giuseppe Conte non ha voce, il suo eloquio è dimesso, spesso i suoi appelli alla folla gli si rompono in gola. Non sperate negli urlatori e nei pifferai, e non credete in un movimento di saltimbanchi, di pagliacci capaci di scovare l’attenzione popolare, in gente in grado di vincere le elezioni meglio dei ciarlatani morti, come non dovete pensare di aver bisogno di elettori incoscienti che scrivono “Conte” sulla scheda delle europee. Noi non dobbiamo credere soltanto nel valore delle buone leggi, ma nella coscienza del popolo, nell’emancipazione definitiva dell’unico soggetto della democrazia, l’unico che potrà cacciare per sempre il sonno della ragione e i suoi mostri.

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