Nadia Urbinati: “Giorgia, è la prova che il potere rende vero il falso e falso il vero – con la complicità della stampa”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Nadia Urbinati
Fonte: Striscia Rossa

La conferenza stampa di inizio anno che la Presidente del consiglio ha tenuto il 4 gennaio, ha mostrato ancora una volta l’analfabetismo costituzionale di Giorgia Meloni, condito da una endogena incapacità a dialogare e da una altrettanto endogena disposizione ad asserire, senza portare neppure uno straccio di evidenza – lei è la prova che basta, a quanto pare. Ovvero chi ha potere rende vero il falso e falso il vero. Meloni ha sciorinato una serie di non verità e gratuite affermazioni con una stampa timida e che ha deciso di non incalzare — stampa non “cane da guardia delle istituzioni e delle nostre libertà”, ma cane da salotto del Presidente del consiglio. La quale è andata spedita a dire cose imprecise e non vere. Pochi esempi: a) “una legge di bilancio approvata in tempi record” e ai giornalisti interdetti ma silenti ha precisato “in consiglio dei ministri” (ovviamente il Parlamento per lei è una camera di assenso; b) “la crescita stimata è superiore alla media europea” – falso: la stima del Pil per il 2024 è dello 0,9% per l’Italia, contro l’1.3% e l’1,2% dell’area Euro; c) “siamo stati i primi a fare la mappatura delle coste” per le concessioni; ma non è vero, perché dal 1993 esiste il sistema informatico del demanio (sid) portale del mare; e infine, d) la castronatura micidiale: la riforma della Costituzione da noi voluta non riduce i poteri del Presidente della repubblica – Meloni sembra ignorare che la nostra Costituzione (sulla quale ha giurato) non ammette nessuna carica monocratica eletta direttamente dal popolo, che elegge i membri del Parlamento, per cui se passasse questa sua riforma la sovranità volerebbe a Palazzo Chigi con il Parlamento come bastone di sostegno.

Alla fine di queste gratuite affermazioni ha messo in campo i suoi soliti due paradigmi faziosi; prima di tutto, la patetica ma a quanto pare amata teoria del complotto: ci sono forze del male che tramano contro di noi, come nei romanzi di fantasia dal quale prende il nome la festa di Atreju – l’eroica lotta delle forze della luce contro quelle delle tenebre! Il secondo paradigma della faziosità chiude il discorso: lo Stato è nostro e ci facciamo quel che vogliamo. Meloni usa la politica come una clava – per colpire (finora con le parole soltanto) chi le si oppone; l’opposizione è un incidente di percorso che con la riforma preconizzata diventerà, finalmente, come la carta da parati, inutile. Ma fino a quando c’è va attaccata frontalmente. E allora ecco qui la ciliegina: “la sinistra” ha difeso Chiara Ferragni pur di darmi torto, ha detto Meloni, quasi che, ha aggiunto, l’influencer sia un Che Guevara! Ora, onorevole Presidente del consiglio, lei dovrebbe sapere che chi opera nelle istituzioni non dovrebbe mai attaccare i nemici con nome e cognome. Questo faceva Mussolini quando da capo del governo attaccava i suoi critici con nome e cognome (e sappiamo con quali conseguenze). Il governo della legge è sconosciuto alla Presidente del consiglio che si barrica sempre dietro il paragone “noi” contro “loro”, come se fosse in permanente campagna elettorale, come se la politica fosse, appunto, una clava. Difendere Ferragni o Roberto Saviano (a Atreju ha menzionato entrambi come avversari suoi) significa difendere il governo della legge onorevole Meloni – nel governo della legge, chi ha potere non ha “nemici” tra gli individuali cittadini (e si guarda bene dal nominarli!). Al massimo ha avversari politici, che con la sua maggioranza, condividono le istituzioni e contribuiscono al governo del Paese. Giorgia Meloni (e la sua parte) non ha il senso dello Stato mentre usa lo Stato a piene mani contro i nemici (nominandoli, offendendoli, escludendoli) e a favore di amici e parenti. Non senso dello Stato, ma senso della sua parte, come sapevano per esperienza diretta i costituenti che per questo scrissero una Costituzione antifascista.

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