Prendo spunto dall’interessante articolo di Elena Stancanelli, apparso sabato sulla Stampa di Torino, sui rischi che la rete virtuale ci fa correre. Si chiede Stancanelli: chi è quella persona immateriale e inesistente fino ad un attimo prima, che digita il suo nome, il suo indirizzo mail una password, e inizia a scrivere, postare foto, interloquire con lo schermo, preda dell’umore e del bisogno del momento? Ognuno presenta una faccia particolare di se stesso e la offre. Senza ritegno, senza imbarazzo. Com’è che il ritegno scompare ed emerge una personalità senza freni dalle mille facce, ognuna per l’occasione? Di qui il passo è breve per arrivare all’aggressione, la violenza, l’odio diffuso, la fretta che impedisce di conoscere, dunque di comprendere.
Il tema è stimolante. E mi dà l’occasione di illustrare un argomento che a prima vista può apparire non pertinente. Si tratta delle regole preliminari per creare uno stato d’animo favorevole alla comprensione sociale e alla tolleranza. Voglio seguire un cammino sghembo, obliquo. Immaginiamo di trovarci in presenza di qualcuno che non ci piace, per il quale sentiamo un moto di antipatia. Nella vita reale, non nel virtuale. Magari a cena, o in autobus, durante una conferenza, assistendo a una riunione di lavoro, o marciando insieme a una manifestazione. Ci accorgiamo che la sua sola presenza ci irrita, attraverso lo spettro completo delle nostre percezioni sensoriali. Possiamo essere disturbati dal suo aspetto, da come si muove e gesticola, come si comporta e si atteggia, da come parla, si esprime e pensa. Forse non tolleriamo il timbro della sua voce, il profumo che usa, magari ha l’alito pesante.
Se uno osserva con attenzione, nella percezione della persona sono coinvolti parecchi sensi, dal senso che percepisce il pensiero, quello del linguaggio, l’udito, la vista, l’olfatto. Come sappiamo, la nostra coscienza ordinaria è legata al corpo fisico attraverso le impressioni che ci arrivano tramite le porte sensoriali. Il nostro Io è cosciente di se perché ne è continuamente riaffermato dalle percezioni che riceve e se ne serve per distanziarsi dal mondo esterno.
L’intolleranza verso gli altri la osserviamo diffusa e generalizzata nella vita, non solo nelle reti virtuali di cui è riflesso che pur sì moltiplica a più posso. L’intolleranza misura la distanza enorme ci separa dalla vera comprensione sociale e dal riconoscimento dell’altra anima che incontriamo nella vita. Come affrontarla? In un certo modo, dobbiamo rieducare i nostri sensi attraverso uno sforzo cosciente dell’Io. Qualcuno potrebbe dire a questo punto che i nostri sensi sono obiettivi. Certamente. Ma il problema ha radici nell’elaborazione delle impressioni in sensazioni, ovvero nella nostra componente astrale, oggi come oggi ampiamente alterata. Per fare un solo esempio. Come ogni studente di disegno apprende, e in contrasto con gli abituali standard, non ci sono volti belli e volti brutti. Tutti i volti sono belli, se si osservano bene dalla visuale appropriata e con la capacità di cogliere la bellezza. Disegnare rughe in un viso devastato dagli anni e dalle sofferenze può rivelare aspetti che troppo spesso ignoriamo.
Lo sforzo iniziale è dunque quello di cominciare a vedere gli esseri e i processi del mondo nel loro lato positivo e nelle loro buone qualità.
Se incontro una persona e la biasimo per qualche difetto, mi sto privando inconsapevolmente del potere di far crescere le mie conoscenze. Se invece tento di penetrare nelle sue qualità riposte posso padroneggiare questo potere. Questo sforzo può dare risultati se accompagnato da una trasformazione del pensare che dovrà albergare nel cuore e non esclusivamente nel cervello. Quando pensiamo infatti adoperiamo il cervello, ma….il nostro cuore sente l’irradiazione o l’ombra del pensiero appena elaborato. Allora una intensa attività di pensiero purificata da elementi di egoismo e auto referenzialita’ può essere il miglior educatore per la tolleranza. Se ci chiediamo il perché di tanta intolleranza, la risposta è nella incapacità di riconoscere il buono e il bello che ci circonda e di coinvolgerci a dismisura su aspetti involutivi e opachi.
Oggi ci sembra di essere avvolti dalle tenebre, uno sguardo ai giornali lo conferma. Se cediamo agli impulsi più oscuri, questo è ciò che si manifesterà. Ma se lottiamo per la luce, anche quella si manifesterà. Come? Percependo quei coaguli di oscurità e lavorando per un dimenticare cosciente, per cancellare ricordi sgraditi di offese e torti. Se ci prepariamo alla tolleranza stiamo anche spianando il cammino verso la pratica del perdono.