SCIENZA,  ALTARE  DELLA  DECADENZA

per Filoteo Nicolini

SCIENZA,  ALTARE  DELLA  DECADENZA

Nei mie ricordi degli ultimi anni ’60 affiorano le iniziative nelle Università italiane contro gli Scienziati in guerra che collaboravano con il governo USA dando idee e tecnologie per combattere in Vietnam. Ne emersero in anni di lunghi dibattiti nuovi punti di vista come la non neutralità della scienza e la responsabilità sociale di chi fa ricerca. Ricordo poi l’impegno contro i programmi di sviluppo dell’energia nucleare per usi civili, l’enfasi sui problemi ambientali e per il disarmo nucleare A titolo di esempio vi fu chi espresse una radicale critica al programma spaziale Apollo per portare l’uomo sulla Luna con apparenti motivazioni scientifiche, ma che rivelava le priorità degli obbiettivi militari e politici. La ricerca negli USA e nella URSS non era forse condizionata dalle necessità economiche, politiche e militari? Se lo sbarco del primo astronauta sulla Luna sembrò ai più l’inizio  di una fase di esplorazione e colonizzazione dello spazio, pure rimase in altri l’impressione che ci fosse qualcosa di vero in quella accusa e che le grandi potenze facessero qualcosa di giusto per motivi sbagliati. Come a dire, la critica alla scienza e alla tecnologia appariva un discorso in prospettiva ma controcorrente, perchè non coglieva la novità di essere all’alba dell’era spaziale e di grandi trasformazioni.

La scienza cominciò ad essere vista in quei dibattiti accesi come un prodotto condizionato da interessi economici e da spinte tecnologiche precise; se ne mise in evidenza l’intreccio complesso con la società e il tema della non neutralità della scienza. Paradossalmente la coscienza del ricercatore poteva influire in certi esperimenti di fisica quantistica, mentre si escludeva il coinvolgimento ben più importante della coscienza di fronte a una esplosione  atomica! In altre parole, si credeva che la coscienza umana si limitasse all’area del laboratorio ma non ne uscisse, né si occupasse delle conseguenze sociali delle applicazioni, da sostenere ciecamente. L’immagine della candida ricerca svolta per il beneficio dell’Umanità si rinforzava sempre più.

Ricordo anche il dito accusatore puntato sulla costosa costruzione di macchine acceleratrici sempre più potenti e di giganteschi apparati di misura. E mi viene alla memoria l’attenzione che settori progressisti dell’Università rivolsero alla nocività in fabbrica, frutto di colpevoli omissioni, e da lì ne nacque Medicina Democratica e gli importanti interventi sull’inquinamento ambientale e industriale. Voglio ricordare di passaggio la diossina su Seveso che focalizzò l’attenzione sulle armi chimiche. E si cominciò a parlare anche di armi batteriologiche come by-product di ricerche.

La rivoluzione “verde” basata sull’impiego di fertilizzanti chimici di origine industriale ne trascurò o ignorò l’aspetto negativo, mirando al suolo come un fattore inerte e spento da soccorrere, con patogeni e parassiti delle colture tenuti a bada da dannosi insetticidi. Questa pratica ha ridotto la biodiversità e la vita del suolo, con enormi guasti tra cui la perdita di sostanza organica dei terreni e l’erosione.

Il concetto generale della non neutralità della scienza, all’inizio solo affermazione ideologica, riuscì poi a indagare le scelte e gli indirizzi delle discipline scientifiche collegandole con le spinte verso innovazioni tecnologiche che seguivano il modello e le esigenze del capitale.

La critica della scienza avanzò quindi cercando di proporre riforme sugli indirizzi della ricerca e lo stesso sistema educativo superiore. Ma tra l’indifferenza dei più la scuola secondaria rimase pressappoco immutata  perchè a una comprensione della complessità dei problemi non corrispose una uguale capacità di incidere e di portare proposte condivise. Allo stesso tempo, il sistema nel complesso si riorganizzava  in mini riforme che vanificavano le critiche.

 

Che ne è oggi di quei tempi pionieri? Oggi il dibattito sulla scienza e le sue implicazioni, nessi e ricadute ha perso quello slancio e rimane se mai interno agli addetti ai lavori, o si è trasformato in mille rivoli di scarsa visibilità.

Oggi i cosiddetti saggi si prefiggono di diffondere in termini semplificati ed attraenti oltre che elogiativi le concezioni scientifiche e la visione del mondo, in nome di una oggettività dove i cambiamenti e le innovazioni obbediscono a nuovi fatti o soluzioni geniali a vecchi problemi. Prima invece ci si proponeva una comprensione del sistema ispirata al ruolo sociale dello sviluppo e dell’assetto della scienza tecnologica.

Si parla della scienza in termini propagandistici e come forza produttiva trainante e risolutrice di problemi. Si pensi solo alla farmacologia e ai vaccini . Diviene impossibile per le persone di media cultura capire e dominare i contenuti. È nata da tempo la dicotomia tra lo scienziato che “sa” e l’uomo comune che può solo ascoltare ed accettare. Il senso critico è comunque rimasto ai margini se non apertamente avversato in una cultura scientista ed elogiativa della scienza tout court. Le posizioni scettiche o antiscientifiche nascono qui.

Ci si può chiedere quanta ricerca pubblica e privata oggi sia implicata nelle tecnologie elettroniche digitali su cui si basano gli oggetti impiegati nei conflitti, non solo armi letali ma anche di simulazione e ricognizione per esempio. Ma senza quella tensione e spirito critico degli anni passati diviene difficile aprire un rinnovato dibattito sulla scienza e i poteri.

 

L’aspetto da distaccare di quei tempi ma attualissimo è il tema della responsabilità morale di chi fa ricerca e mette a disposizione di committenti a lui ignoti i suoi risultati.

Quello che è urgente notare  è qualcosa che grida da tempo inascoltata*: la ricerca scientifica si è svolta su di una linea ascendente ma l’elemento morale non si è sviluppato di pari modo. È sconcertante solo osservare questa forbice che si apre sempre più tra sviluppo intellettuale e sviluppo etico-morale. Cerchiamo sempre più i nuovi Edison e Tesla ma non i nuovi W. Goethe.

Come sarebbe potuto scoppiare l’attuale catastrofe mondiale, come sarebbe potuto trascinare nel modo in cui si svolge se l’evoluzione morale umana fosse progredita nella stessa misura di quella intellettuale? Sono interrogativi che dobbiamo porre alla nostra coscienza. A chi e cosa ricorrere per formare la nostra coscienza etica e morale, visto che la scienza materiale non ci offre nulla con tutta la sua potenza di ragionamento e di calcolo? Perché questa divaricazione, e come gettare un ponte?

Si crede oggi che tutto lo sviluppo scientifico e tecnologico sia frutto di pensieri e del cervello senza collaborazione spirituale. Ma non è così. Tutto quanto si fa in questa direzione è sotto l’influenza di entità spirituali interessate a mantenere l’incantesimo della materia e a sprofondarci ancora di più in essa. Sono verità non gradite. Viviamo nell’illusione dei sensi.

Ciò è tuttavia necessario perchè se non ci fosse l’illusione non potremmo progredire con la coscienza. Ad un prossimo studio.

* Il libro “Gli enigmi dell’Universo” di Ernst Haeckel fu pubblicato nel 1899. Ivi si legge : ‘Mentre oggi guardiamo con giustificato orgoglio ai poderosi progressi del secolo XIX nella conoscenza della natura e al loro pratico impiego, purtroppo ci si offre una tutt’altra immagine se consideriamo un altro e non meno importante campo della moderna vita civile. Malgrado tutto dobbiamo quindi sottoscrivere la frase di Alfred Wallace: “Confrontati con i sorprendenti progressi nelle scienze fisiche e le loro applicazioni, i nostri sistemi di governo, di giustizia e di educazione nazionale e tutta la nostra organizzazione sociale e morale rimangono in uno stato barbarico”’.

 

FILOTEO NICOLINI

Immagine: Vito Campanella.

Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.