Gli editorialisti e la democrazia mutilata

per mafalda conti
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Gli editorialisti
Leggeteli gli editoriali del Corriere della Sera, sono il futuro e talvolta già il presente. Cassese, Galli Della Loggia, Verdelli, Panebianco ci intrattengono da settimane sul tema della democrazia e dei partiti con una costanza ammirevole. Note diverse di un’unica canzone, quella che racconta la crisi dei partiti, delle istituzioni, il loro presunto ciarlare senza costrutto, il loro essere vertici senza apparato. Partitocrazia, appunto, come amano definire il sistema dei partiti, trasformando nello stesso tempo questa loro definizione in una accusa. Gli editorialisti sono i rappresentanti di quella classe dirigente che per decenni ha lavorato alla demolizione dei partiti, con un esito che è quello che oggi ci appare davanti: tecnocrazia e oligarchia al comando, partiti e istituzioni messi daccanto.
Perché non è vero che i partiti si siano nel frattempo suicidati. Certo, il veltronismo e l’americanismo hanno messo del loro. Ma la verità è che i partiti sono stati ammazzati, perché il loro agire politico disturbava una élite, tutt’altro che democratica, che voleva “fare”, voleva intervenire direttamente sulle risorse pubbliche, voleva (vuole) operare senza tante chiacchiere attorno e senza lacci e lacciuoli. Tanto più che oggi queste risorse sono molto considerevoli e viaggiano nell’ordine dei miliardi di euro. Pensate la beffa: sono decenni che vogliono meno Stato, meno Parlamento, più esecutivo, meno “burocrazia”, meno chiacchiere, quindi meno partiti, e oggi che ci sono riusciti si tolgono pure lo sfizio di mettere il condannato alla gogna.
Ovviamente gli editorialisti vogliono la “buona politica”, quella oltre i partiti! Ed ecco come: tante scuole di politica (dove il personale viene forgiato e selezionato direttamente dalla Confindustria e dalle Fondazioni) per stabilire (scrive Cassese oggi) “nuovi rapporti con la società civile” (id est “tecnici”). La società civile! Sono decenni che la invocano contro i partiti, e adesso che più nulla si frappone al suo protagonismo tecnico, tra le macerie della rappresentanza e delle istituzioni, gli editorialisti gongolano come bambini a cui i padroni, finalmente liberi da lacci e lacciuoli politici, danno loro una pacca sulla spalle dopo essersi fregate le mani.
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