Gianni Cuperlo: Voghera e il “nostro governo”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Gianni Cuperlo
La scena viene descritta così. Sera d’estate, un bar e un uomo importuna o molesta una ragazza. Tra i presenti un ex poliziotto, insegnante di diritto, assessore alla sicurezza del comune. Ne nasce un diverbio seguito da una colluttazione durante la quale dalla pistola regolarmente detenuta dall’assessore parte un colpo che ferisce l’uomo. Portato in ospedale morirà durante la notte. L’assessore viene posto agli arresti domiciliari. Si giustifica spiegando di essere intervenuto a difesa della ragazza e di avere esploso il colpo d’arma da fuoco in modo del tutto accidentale.
Il leader della Lega non perde tempo. Registra un messaggio dove descrive l’ucciso come un immigrato marocchino già noto alle forze dell’ordine per episodi di aggressione e minacce, a aggiunge “persino di atti osceni”. Aggiunge che l’assessore è uno stimato professionista, ex tutore dell’ordine, e che a fronte di una palese aggressione la sua condotta va giudicata sotto ogni punto di vista come un atto di legittima difesa.
Cioè un assessore alla sicurezza gira per la strada e va al bar armato col colpo in canna (credo si dica così) e senza sicura perché?
L’assessore si è auto sospeso dalla giunta mentre il suo leader non ha atteso neppure qualche ora prima di esprimergli solidarietà.
Ok, c’è da salvare il paese dalla pandemia e un paio di altre cose e lo faremo. Ma, se mi è concesso, smettiamola di dire che un governo di cui fa parte quella Lega è il “nostro governo” perché nel “nostro governo” non ci dovrebbe essere spazio per chi ragiona come Salvini e agisce come l’assessore di lassù.
-.-.-.-
Giovanna Prati: “Pure volendo dare per buona una delle versioni che circola, ovvero quella che sarebbe partito un colpo casualmente, mi spiegate perché un Assessore comunale va al bar con una calibro 22?”

Non stava bene l’uomo ucciso dall’assessore a Voghera: era stato sottoposto a TSO

da Globalist

Un uomo che, semmai, andava aiutato vista la sua fragilità mentale acuita dal Covid. Non certamente affrontato con una pistola.

Emergono nuovi dettagli dalle indagini. Youns El Boussetai, il 39enne marocchino ucciso con un colpo di pistola dall’Assessore alla Sicurezza Massimo Adriatici sarebbe stato sottoposto a un Tso (trattamento sanitario obbligatorio) tre settimane fa.

I problemi psichici di cui l’uomo soffriva si erano acuiti in seguito al lockdown. El Boussetai aveva contatti frequenti coi suoi familiari, tutti cittadini italiani, che vivevano in altre città. Il padre a Vercelli, la sorella, che ieri sera è arrivata a Voghera, in Francia, un altro fratello in Svizzera. La moglie e i due figli vivono in Marocco.

 

Ai familiari El Boussetai, che aveva manifestato problemi psichici negli ultimi mesi, aveva detto che si sentiva ‘a casa’ in piazza Meardo, a Voghera, dove è morto. Qui, diceva ai congiunti, aveva la ‘sua panchina’ e i suoi punti di riferimento ed era conosciuto da tutti.

Sul fronte delle indagini, giovedì 22 luglio è prevista la richiesta di convalida della Procura di Pavia dell’arresto di Adriatici, accusato di ‘eccesso colposo di legittima difesa’. Che potrebbe però non essere accompagnata anche dalla richiesta di convalida della misura cautelare dei domiciliari. Questo significa che i pm potrebbero dare l’ok per il ritorno alla libertà dell’uomo, parere non vincolante per il gip che sarà chiamata a decidere dopo avere sentito Adriatici. Il nuovo interrogatorio, dopo il primo subito dopo il fatto, dovrebbe essere fissato per venerdì 23 luglio.

L’avvocato Debora Piazza, che assiste padre, fratello e sorella del 39enne di origine marocchina, ha affermato che “l’autopsia di Youns El Boussetaoui è stata effettuata senza avvisare, come sarebbe dovuto avvenire, i suoi familiari, tutti cittadini italiani e con una residenza”.

Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.