Autore originale del testo: Emilio Mola
Ci sono 3 cose più una che Giorgia Meloni e Matteo Salvini sanno perfettamente.
Primo.
Che i vaccini funzionano e che più persone saranno vaccinate, più vaccineremo in fretta, prima ne usciremo.
Secondo.
Che la gran parte degli indecisi del vaccino, dei dubbiosi, dei sospettosi si trovano nel loro elettorato. Non di certo in quello di Speranza o Letta.
Terzo.
Che quegli stessi elettori pendono dalle loro labbra. Fanno e dicono ciò che Salvini e Meloni dicono loro di fare e pensare.
E che quindi basterebbe una loro foto, il famoso selfie durante l’iniezione, con magari qualche frase motivazionale inequivocabilmente pro-vaccinazione, per sbloccare gran parte di questi indecisi. Soprattutto i più adulti.
Ma c’è anche una quarta cosa che Meloni e Salvini sanno bene.
E cioè che se si esponessero con troppo entusiasmo a favore della campagna vaccinale, che sanno essere vitale per il Paese, potrebbero perdere buona parte di quegli elettori.
E cosa stanno scegliendo tra tutelare il paese e tutelare il proprio tornaconto elettorale?
Già. Chi l’avrebbe mai detto.
Sulla propria vaccinazione entrambi da mesi tergiversano, glissano, balbettano, rimandano, mentono, omettono. Tutto pur di non essere individuati dagli elettori tra gli entusiasti del vaccino.
Giorgia Meloni non dà alcuna notizia sulla sua vaccinazione.
Disse di essersi prenotata. Un mese fa. Poi non se ne è più saputo nulla.
Intanto è stata ben attenta a rendere irraggiungibile su twitter un post di appena 3 anni fa in cui si diceva perfino a favore della vaccinazione obbligatoria.
Salvini invece ha detto che dopo non essere riuscito a vaccinarsi per mesi (ma mica per colpa sua eh), si vaccinerà ad agosto.
Però, ha avvertito: niente selfie e foto sui social. E’ una cosa riservata.
Capito?
Il politico più social d’Europa, che pubblica ogni momento della sua vita privata, che perfino durante le trasfusioni di sangue si circonda di folle di giornalisti e macchine fotografiche, proprio sul vaccino scopre la riservatezza.
Perché è questo il loro senso dello Stato.
Prima gli italiani, sì.
Ma prima ancora i loro voti.