Ho realizzato una breve analisi storica sulla questione israelo-palestinese.
Ogni volta che si accendono i riflettori sulle tensioni o sulle rivolte fra i due popoli, viene spontaneo chiedersi quali siano i diritti di entrambe le fazioni nell’occupazione del territorio conteso.
Spesso i fatti storici vengono analizzati limitatamente alla finestra temporale che va dal secondo dopoguerra ad oggi o, nella migliore delle ipotesi, dalla Prima Guerra Mondiale ai giorni nostri.
Sebbene le due fasi post belliche contengano due elementi chiave per determinare la situazione odierna, ho ritenuto opportuno ampliare il quadro cronologico, partendo dalle origini della nostra civiltà, senza l’ambizione di realizzare un’approfondita e accurata ricerca, bensì una sorta di riassunto storico che spero sia utile a comprendere il contesto dei fatti.
Dalla nascita della civiltà all’anno 1000 a.C.
Dal 3000 a.C. nella terra di Canaan, area che oggi comprende Palestina, Libano e Siria, si parlavano diversi dialetti semitici, il che testimonierebbe la presenza di assiro-babilonesi, arabi, etiopi, amorrei e cananei.
L’arrivo dei primi ebrei dalla Mesopotamia, stabilitisi nelle città già fiorenti di Gerusalemme, Hebron, Gerico e Gaza, risale circa al 1900 a.C..
La Palestina fu dominata dagli Egizi tra il 1.400 e il 1.300 a.C. e, successivamente, dai Filistei. Le tribù israelite continuarono ad affluire in questa terra mescolandosi alle popolazioni locali, finché, intorno all’anno 1000 a.C., fondarono un loro regno. Secondo la Bibbia, negli anni dal 961 al 922 a.C., il re Salomone costruì a Gerusalemme il Primo Tempio; alla sua morte il regno si divise in due, Israele al nord e Giudea al sud.
Dalla conquista babilonese al dominio romano
Nel 586 a.C. i babilonesi conquistarono la Giudea distruggendo il Tempio e deportando l’élite della popolazione ebraica. Successivamente, quando Ciro di Persia conquistò Babilonia, gli ebrei ritornarono dall’esilio, ricostruendo Gerusalemme e un Secondo Tempio.
Con l’Impero persiano (539-331 a.C.) vi fu l’unificazione politica e linguistica della regione oggi indicata come Medio Oriente e un ulteriore rimescolamento di popolazioni, fra cui gli arabi che crebbero notevolmente nell’area della Palestina, conquistata da Alessandro Magno nel 332 a.C., passata poi nel 165 a.C. sotto l’ultimo regno giudeo e, infine, dominata dall’Impero romano (dal 63 a.C. al 313 d.C). I romani, interessati solo allo sfruttamento economico dei territori conquistati, non ostacolarono la religione dei giudei. Tuttavia, verso il 67 d.C., gli ebrei furono accusati di numerose imboscate ai danni dell’esercito romano, pertanto subirono il saccheggio di Gerusalemme e l’espulsione.
Si ebbe quindi la cosiddetta diaspora del popolo ebraico: alcuni riuscirono a rimanere in Palestina, ma la maggior parte si insediò in Medio Oriente, Europa meridionale e Nord Africa.
Dal dominio bizantino al XIX° secolo
Dopo un periodo di dominazione bizantina (313-636), la Palestina fu conquistata ed islamizzata definitivamente dagli arabi (638). Omar, il secondo califfo dell’Islam, fece costruire la Cupola della roccia e la Moschea di Al-Aqsa in Gerusalemme, vicino alle rovine del Secondo Tempio (dove oggi si trovano i resti costituiti dal cosiddetto “muro del pianto”).
Nei secoli seguenti la Palestina subì ancora invasioni e conquiste, prima fra tutte quella dei Crociati (1099-1291) che in seguito furono sconfitti da Salah Al-Din (il Saladino).
Nel frattempo (dal VII° al X° secolo) i rabbini ebrei dell’Impero pagano khazariano (coincidente con l’odierna Ucraina e la Russia sud-orientale), avevano convertito alla loro religione la classe dirigente e le masse di questa regione. I cazari combatterono anche una serie di guerre contro gli Arabi (specialmente contro l’Emiro di Mosul) riuscendo a fermarne l’espansione verso l’Europa dell’Est, ma furono costretti ad arrendersi ai russi che annientarono definitivamente l’Impero khazariano.
In quest’area si formarono quindi gli ebrei caucasici o semplicemente cazari, un popolo formatosi dalla fusione di una decina di etnie e che oggi costituisce la componente più numerosa dell’ebraismo: gli askhenaziti. Questa popolazione, che annovera oggi la larga maggioranza di coloro che vengono definiti ebrei, non aveva niente a che vedere con i semiti originari della Mesopotamia, tanto meno con i sefarditi che, dopo la diaspora, vivevano in Nord Africa e Spagna.
Per tutto il Medioevo e oltre, i cazari furono espulsi da svariati regni o nazioni (Inghilterra, Francia, Spagna, Portogallo etc.) e perseguitati in molti altri (Prussia, Russia, Polonia, Austria, etc.). Oltre all’intolleranza religiosa verso i cristiani, i motivi per cui gli ebrei cazari vennero ripetutamente malvisti e osteggiati sono connessi alla loro indole arrogante spesso usata per dominare l’economia e la politica.
In aggiunta alle loro tradizionali occupazioni commerciali di origine cazara, gli ebrei avevano anche una propensione nel prestare denaro a tassi usurai e furono inoltre incaricati, proprio per le loro competenze finanziarie, a svolgere compiti di amministrazione ed esazione delle tasse. Tali peculiarità, unite ad un livello di cultura ed istruzione sopra la media, consentivano ai cazari di esercitare una certa influenza ed invadenza negli affari di Stato.
Intanto la Palestina continuava ad essere occupata dagli arabi, ma nel 1517 fu invasa dai turchi e inglobata dal grande Impero Ottomano.
Dal XIX° secolo alla Grande Guerra
Alla fine del 1800, senza alcun legame ancestrale con gli ebrei dei tempi dell’Impero Romano, i cazari iniziarono a battersi per stabilire una patria ebraica nelle terre palestinesi dominate dai turchi, creando un movimento che introdusse il concetto di sionismo: una nuova ideologia politica il cui fine era l’autodeterminazione del popolo ebraico con la nascita di uno Stato nella cosiddetta “Terra di Israele”.
Il termine sionismo fu dato in omaggio al Monte Sion, luogo del primitivo nucleo ebreo della città di Gerusalemme.
La leadership del movimento sionista fu affidata al giornalista e attivista ebraico Theodore Herzl, ma la vera cabina di regia furono i Rothschild, una potentissima famiglia di banchieri ebrei tutt’oggi presente dietro le quinte del potere.
Negli anni a cavallo fra il 1800 e il 1900, con il permesso dei turchi, circa 40.000 ebrei europei, anche a causa delle persecuzioni razziali subite, riuscirono a stabilirsi in Palestina.
Nel 1897 si tenne inoltre a Basilea il Primo Congresso Sionista, dove già si discuteva di una Grande Guerra che avrebbe potuto favorire la causa ebrea.
Prima Guerra Mondiale e Dichiarazione Balfour
Mentre gli sviluppi della Grande Guerra vedevano in leggero vantaggio Germania, Austria-Ungheria e Turchia nei confronti dell’Intesa costituita in primis da Inghilterra, Francia e Russia, l’élite sionista fece da mediatrice fra britannici e statunitensi. Questi ultimi si convinsero ad allearsi con gli inglesi per ribaltare l’esito del conflitto. In cambio gli ebrei ottennero dall’Inghilterra un accordo culminato con la Dichiarazione Balfour. Nello storico documento datato 2 novembre 1917 l’allora ministro degli esteri inglese inviò a Lord Rothschild, principale rappresentante della comunità ebraica in Inghilterra, la promessa ufficiale della creazione di una “dimora nazionale per il popolo ebraico”.
La Gran Bretagna, alla fine della guerra, riuscì a sottrarre la Palestina alla Turchia e, inserita la Dichiarazione Balfour nel Trattato di Sèvres del 10 agosto 1920, consentì agli ebrei d’Europa di migrare in massa verso la “terra promessa”.
Dal 1920 al 2000
Gli inglesi, padroni della Palestina, nonostante le obiezioni degli abitanti arabi, favorirono l’afflusso degli ebrei cazari.
Nel secondo dopoguerra il sentimento di rivalsa per le sofferenze ebraiche inflitte dal genocidio nazista, favorì l’instaurazione del regime sionista e nel 1948 Israele riuscì ad ottenere il riconoscimento come Stato.
Gli arabi musulmani, privati di questa prospettiva, si trovarono in una condizione drammatica, alcuni fuggirono negli Stati confinanti, altri si stabilirono in Cisgiordania e nella striscia di Gaza, quest’ultima occupata da Israele dopo la guerra del 1967
Nel 1964 si costituì l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP), di cui divenne leader Yasser Arafat. L’OLP, che aveva come finalità la creazione di uno Stato arabo in Palestina, appoggiò dapprima la lotta armata contro Israele, successivamente cercò di risolvere per via diplomatica la questione palestinese, suscitando il dissenso dei gruppi più radicali e favorendo la nascita di Hamas, un’organizzazione palestinese di carattere politico e paramilitare.
Nel 1993 l’OLP e lo Stato di Israele si riconobbero reciprocamente, ciò permise l’istituzione di un’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) dotata di poteri di autogoverno nei territori dove vivevano le etnie arabe.
Sebbene dal punto di vista istituzionale vi fossero le premesse per un distensivo futuro di pace, le crescenti tensioni locali tra esercito israeliano e abitanti palestinesi portarono, alla fine di settembre 2000, all’ennesima rivolta.
Dal 2000 ad oggi
A differenza dei palestinesi che non hanno mai avuto un esercito, ma solo il supporto difensivo di Hamas, gli israeliani hanno sempre disposto di attrezzatissime forze militari e di una unità di intelligence a livello mondiale.
A seguito degli attentati del 2001 Israele, spalleggiato dagli Stati Uniti, ha avuto il vantaggio di poter giustificare l’ennesima offensiva sul mondo arabo musulmano, rilanciando i propri ambiziosi progetti di espansione sia in Medio Oriente che in Asia centrale.
Tuttavia, grazie al crescente peso geopolitico dell’Iran, la resistenza della Siria e il sostegno russo, i folli piani di espansione sionista si sono ridimensionati, anche se il governo israeliano ha continuato senza sosta la propria politica interna di apartheid nei confronti delle popolazioni arabe e prosegue tutt’oggi azioni aggressive anche aldilà dei propri confini.
Nel 2012 l’ONU ha riconosciuto la Palestina come Stato non membro con status di osservatore permanente.
In sintesi la questione del “conflitto israelo-palestinese” si riduce ad una semplice storia in cui una terra, originariamente presidiata da diversi popoli di etnia araba e pochissimi ebrei, nell’ultimo secolo è passata di mano dalla Palestina abitata da arabi ad uno “Stato di Israele” dominato da cazari europei i cui antenati non avevano mai nemmeno messo piede nella terra di Canaan di epoca romana. È dimostrato anche da studi genetici che il 90% degli ebrei del mondo non proviene dall’Israele biblico, bensì dal Caucaso.
E, come spesso accade nella storia dell’umanità (si veda ad esempio l’epilogo dei Navajo, Maya, Aztechi, Incas e degli aborigeni australiani), la sparuta minoranza di ebrei di 2000 anni fa, così come i sefarditi di origini iberiche e dell’Africa settentrionale, sono trattati come cittadini di seconda classe dall’élite israeliana caucasica.