LA SINISTRA “IMPRONUNCIABILE”

per Domenico Bilotti
Autore originale del testo: Domenico Bilotti

Sembra diventata la più grave offesa di tutto l’intero dibattito politico. Critici dei governi Conte e Draghi (due su tre appoggiati, tra gli altri, dalla Lega Nord) hanno parlato di esecutivi “in mano alla sinistra”. Nostalgici del bipolarismo talvolta parlano in modo macchiestico, ma evidentemente per qualcuno credibile, di una sinistra “al governo da decenni”. Sappiamo che non è vero. Da quando le leggi elettorali e i movimenti demagogici hanno frantumato le coalizioni “classiche” centrodestra/centrosinistra, semmai, partiti di centro e di sinistra, senza aver ottenuto la maggioranza assoluta, hanno in effetti votato la fiducia a governi nazionali molto più ibridi, larghi e compositi delle proposte politiche di sinistra.

L’immaginario politico, culturale e sociale del Paese non è affatto andato a sinistra (il che andrebbe studiato, perché poche fasi storiche come quella attuale avrebbero invece bisogno e giovamento delle parole centrali della sinistra: inclusione, redistribuzione, accoglienza, ecologia, solidarietà).

A sinistra sembra essere diventata un’offesa essere di sinistra. Molti dei pochi che si impegnano nella ricostruzione di proposte politiche comuniste e socialiste -Potere al Popolo, Partito Comunista, Partito Comunista Italiano- prendono titoli e applausi su giornali e programmi televisivi vicini alla destra con una inconscia strategia politica suicida. Noi non siamo né di destra né di sinistra e per questa (ma quale?) sinistra mai: siamo comunisti. I principi di questo “né né” nascono, ovviamente, a sinistra. La sua parte riformista ha cominciato ad autoqualificarsi liberale, liberaldemocratica (se andava bene!), moderata. Asinelli, margherite, alleanze per l’Italia sono nate lì. La teoria politica dell’elettore mediano (un elettore in scomparsa ieri, inesistente oggi) tratta anche a sinistra la parola “sinistra” con orrore. Nel retaggio più plebiscitario e massimalista della sinistra italiana la negazione della sinistra si è declinata come soppressione giudiziaria del competitore politico. Eppure non era sempre andata così. Fino alla seconda metà degli anni Novanta dirsi di sinistra godeva di discreta stampa. Berlusconi poteva usare come spot che i giovani sono di sinistra ma votano a destra. Leader politici liberisti e nazionalisti, per darsi un tono e smentire la pericolosità delle loro posizioni, rassicuravano le folle catodiche dicendo: “ma se io sono più a sinistra di loro!”.

Si definiva di sinistra -una sinistra ovviamente sociale, nazionale, sinistra a modo suo- anche una parte della destra orfana della Fiamma Tricolore: dalle correnti di minoranza del Movimento Sociale fino al gruppo di base del finiano -presto scomparso- Futuro e Libertà.

La sinistra ha iniziato a distruggere, non la propria capacità di governare la trasformazione del mondo, ma il suo minimo diritto a farsi riconoscere come tale nel momento in cui ha trovato conveniente e commendevole rimuovere l’originalità assoluta della propria esperienza politica del mondo – quel che nessuna appartenenza che mette radici fa o dovrebbe fare mai. Il vero problema è che, se nascondi sempre chi sei, chiunque potrà rivendicare la tua identità. Gli altri sapranno chi sei? Tu ricorderai che fai?

Il tema della sinistra oggi non è quale governo far cadere o quale governo in cui confluire col rischio di nebulizzarsi nelle sigle e siglette di tutti. La gravità del momento sociosanitario e socioeconomico è così marcata che ci si dovrebbe autorevolmente porre al servizio di ogni progetto civile che saturi un po’ di fratture a un Paese al quale le crisi ininterrotte stanno dal 2008 a oggi mangiando la carne, spezzando la dorsale e facendo perdere la bussola. Una espansiva politica di sinistra non può pensarsi come la testimonianza occasionale di una o più minoranze. Deve avvenire (la grande bestemmia!) nelle forme di un partito che sia (non crei o cavalchi) una cultura durevole e poliedrica dell’agire sociale, investendo i territori non per spolparne le energie migliori -come fanno i partiti quando si sentono forti- o per farsi sopraffare dai loro trasversali gruppi di potere -come fanno i partiti quando sono deboli. Tertium non datur: o si esce dalla routine di pensarsi “indicibili” e credersi al più “preferibili” o “futuribili”, o non cadrà soltanto un ceto politico. Verranno violentemente spogliate a una a una, come e più di ieri l’altro, tutte le conquiste sociali e civili della sinistra costituzionale e repubblicana.

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