Coraggio. Fermiamo lo sconforto e lo smarrimento. Rialziamoci. Mi rivolgo con il massimo rispetto a chi in LeU e nel M5S esprime legittimi dubbi e fondate contrarietà sul Governo Draghi: combattiamo da dentro la maggioranza e da dentro il governo. Non dividiamoci. Non abbandoniamo il campo di gioco. È più facile, lo so. Ma, così, assecondiamo il disegno di chi ha cacciato Conte per tentare un’altra “rivoluzione passiva” in un crocevia della Storia italiana.
Siamo sconfitti, non vinti. L’alleanza M5S-Pd-LeU è maggioranza assoluta alla Camera e maggioranza relativa al Senato. Siamo una Repubblica parlamentare. Le leggi le fa il Parlamento, non il governo. Con il voto di fiducia al Governo Draghi, non firmiamo cambiali in bianco, non diventiamo “Signor Si”: continuiamo a lottare per il lavoro, la giustizia sociale e ambientale su un terreno politico ridefinito, certo più insidioso, ma ancora praticabile per fare goal e vincere la partita.
Il Governo Draghi è un Governo del Presidente, un Governo di emergenza nazionale. Non è un Governo di programma. È composto da avversari politici, temporaneamente impegnati in una sorta di “Comitato di liberazione nazionale” dal virus e dalle sue devastanti conseguenze. La sua agenda è, data la sua composizione, inevitabilmente circoscritta. È sostanzialmente, anche per la sua prevedibile durata, un Governo di scopo. E gli va riconosciuta anche una straordinaria potenzialità, dovuta alla sua origine quirinalizia e al profilo super partes di Mario Draghi: finalmente, possiamo arrivare o almeno avvicinarci alla legittimazione reciproca tra i principali partiti e movimenti politici e, così, correggere il primo difetto sistemico della nostra democrazia, la principale causa dei Governi del Presidente o Governi Tecnici.
La composizione del governo, annunciata l’altro ieri dal Presidente del Consiglio, riflette lo spostamento di asse economico, sociale e territoriale al quale abbiamo tenacemente resistito, senza riuscirci, senza riuscire a far decollare il Governo Conte Ter. Nessuna particolare sorpresa per Ministri e Ministre, nonostante qualche scelta politica davvero infelice, pregiudizialmente conflittuale e finanche provocatoria, considerata l’apertura di credito delle organizzazioni sindacali verso il Presidente incaricato. Sul versante dei cosiddetti “tecnici”, sono stati selezionati uomini e donne di eccellenza, ma anche loro hanno ideologia e orientamento politico, più o meno funzionale ad interessi economici e sociali. Anche con loro ci confronteremo in Parlamento con grande disponibilità, ma senza subalternità.
Sono reali le insidie sottolineate da chi annuncia un voto di contrarietà o di astensione al Governo Draghi. Le maggiori sono su tre “questioni”: la transizione ecologica, in pericolo di diventare gattopardismo ambientale; l’autonomia differenziata, cavallo di Troia per la fine sostanziale dell’unità nazionale; le pubbliche amministrazioni, a rischio di ulteriore precarizzazione del lavoro e privatizzazione in nome dell’efficentismo aziendale.
Sono insidie vere, ma possiamo fermarle e rideterminarne il segno. Siamo stati sconfitti, ma non siamo vinti. Se ci riprendiamo dallo sconforto e dallo smarrimento per la sconfitta subita, evitiamo l’autolesionismo delle scissioni e delle divaricazioni, serriamo le fila e coordiniamo la nostra attività parlamentare possiamo non soltanto bloccare qualsivoglia provvedimento regressivo, ma giocare all’attacco. Noi abbiamo i numeri per prevalere. Quindi, coraggio.
Dimostriamo di avere cultura politica, intelligenza tattica, idee e organizzazione per affermare la nostra agenda. Lo scontro sul terreno politico ora agibile, l’unico, può spingerci a fare un salto di qualità culturale, politico e elettorale. Dobbiamo proteggere e irrobustire, su tale terreno, l’alleanza M5S-Pd-LeU. Costruiamo un “Patto di collaborazione” alla Camera e al Senato tra le forze che si sono impegnate per il Conte Ter. Lavoriamoci insieme, anche con chi vota No al Governo Draghi. Subito, a partire dalle prossime elezioni amministrative, mettiamo in campo ovunque possibile coalizioni M5S-Pd-LeU aperte a associazioni e movimenti. È la prospettiva da coltivare, l’unica nella fase appena iniziata, per costruire un governo nazionale e governi territoriali dalla parte del lavoro, delle periferie sociali e del creato.